C’è uno chef madrileno che ha rivoluzionato la sua carriera lasciando gli affari per la cucina. Oggi riflette sul valore relativo di guide e critiche, rispetto all’esigenza di soddisfare i clienti assidui. Storia e opinioni di Juanjo Lopez Bedmar.
L'opinione
Juanjo Lopez Bedmar è, da più di vent’anni, cuoco e proprietario del ristorante La Tasquita de Enfrente, una taverna madrilena aperta da suo padre. Ma Juanjo, che adesso ha 60 anni suonati, non ha sempre sognato di seguire le orme paterne sporcandosi le mani in cucina. Infatti, la consapevolezza di voler entrare nel mondo dell’enogastronomia è maturata in lui quando il ritmo frenetico del precedente lavoro nel settore finanziario gli ha cagionato diversi malori.Da dirigente assicurativo a ristoratore il passo è lungo, e lui lo ha percorso con coraggio iniziando da capo a studiare come autodidatta. La sua idea di cucina è ancora legata a un ideale romantico che, però, secondo lo chef sta ormai lasciando troppo spazio a mode e standardizzazione. “Venticinque anni fa, la gente andava principalmente al ristorante per mangiare. Ora mangiare è la minore delle necessità”.
“Bisogna sempre pensare allo scandalo, fare clamore per emergere. Nei modelli di business con tanta finanza alle spalle ti fanno vedere approcci che, diciamo così, non sono così romantici, e io vengo da un sistema di ristorazione dove regnava il romanticismo, in cui il più importante dei problemi era che il cliente si sentisse a suo agio. Tutto ciò è scomparso. Oggi andiamo direttamente ai risultati. È difficile trovare ristoranti stellati che siano autosufficienti e che non abbiano bisogno di altri introiti esterni. Non succede più come ai vecchi tempi, quando il proprietario viveva di quello che generava il suo ristorante. Oggi non è possibile. Devi essere un uomo d’affari. Altrimenti finisce tutto”, dice con rammarico.
Juanjo si definisce un purista, parla dei suoi piatti come composizioni semplici in cui si accordano al massimo tre ingredienti e non nasconde lo scetticismo su questioni dibattute come i prodotti a chilometro zero, di cui pensa: “Se nei ristoranti di Madrid fosse davvero tutto a chilometro zero, si dovrebbe mangiare solo erba medica”.
E invece delle guide, che opinione ha?
“Ciò che mi interessa e mi rende orgoglioso è vedere un cliente che è venuto per la prima volta vent’anni fa, tornare e tornare nel mio locale ancora adesso per stare bene e assaggiare i piatti. Le guide ci aiutano un po’ nella fase iniziale, ma rimangono estremamente soggettive e non oggettive. Gli altri giudizi non contano, per me”. E conclude: “Del resto, se la Tasquita piacesse a tutti sarebbe un fast food. Non siamo un locale per tutti. Chi cerca cibo easy vada Da Mc Donald’s”.
Fonte: 7canibales.com
Trovi qui l'articolo cliccabile