Lungimiranti furono Antonello Magistà e sua madre Maria Cicorella, nell’intercettare uno dei cuochi più talentuosi della nuova generazione italiana.
Il Ristorante
Una storia che sa di futuro quella del ristorante Pasha di Conversano, a Bari, in Puglia. Immaginate un tipico borgo antico pugliese che vive a un ritmo lento e rilassato e dove tutto ruota intorno alla piazzetta centrale del paese. Proprio qui c’era un bar, quello della famiglia Magistà, trasformato, alla fine degli anni ’90, nel ristorante Pashà. Mamma Cicorella, autodidatta, si mette ai fornelli, Antonello, giovane sommelier con l’eleganza nell’anima (il nome del locale nasce proprio da un nomignolo che gli avevano dato da piccolo ndr) si occupa della sala.Nel 2013 arriva la stella e, dal 2016 il Pashà si trasferisce negli spazi del Seminario Vescovile, austera struttura del ‘600 all’ombra del castello, tra pietra viva, chianche, calce bianca e un design eclettico. Due anni dopo, Antonello e Maria affidano la cucina del Pashà ad Antonio Zaccardi e sua moglie, la pastry-chef Angelica Giannuzzi, complici in un’idea di cucina tradizionale e contemporanea e che, ancora oggi, lavorano in questa oasi di bellezza e gusto.
Varcato l’ingresso del Pashà si respira aria di casa: il locale è raffinato, curato in ogni dettaglio ma riesce comunque a far sentire ogni ospite come uno di famiglia. Per l’estate ci sono anche due splendidi giardini di cui uno, dal 2020, è “un cocktail bar aperto agli esterni” ci spiega Antonello “una scelta apprezzata e fatta dopo il primo lock down sia per reagire alla situazione e creare nuovi stimoli sia perché già da prima volevamo coinvolgere un’utenza diversa da quella del ristorante. Era già da 3 anni che, nel percorso al calice, inserivamo a metà un drink o un cocktail abbinato a un piatto. In questo modo abbiamo voluto replicarlo all’esterno e aprirlo a un pubblico che non necessariamente è quello del ristorante. E devo dire che ha funzionato molto bene”.
Il 2020 non è andato così alla male anche se “bisogna considerare che siamo stati chiusi quasi 5 mesi con soli 10 giorni di lavoro tra gennaio e giugno. Con l’apertura estiva avevo fatto rientrare tutti dalla cassa integrazione per cui ero abbastanza preoccupato ma poi le prenotazioni arrivavano e questo mi ha tranquillizzato. La clientela storica ci ha premiato e sono stati giorni decisivi anche per l’umore: l’abbraccio dei clienti è stato determinante. Grazie ai locali, le loro visite hanno avuto un doppio valore, sia emotivo che economico” racconta Magistà ancora emozionato ma meno ottimista per i mesi a venire.
“Chi avrà la forza di riaprire avrà la clientela perché la gente ha voglia di uscire anche se siamo tutti molto indeboliti finanziariamente. Non riesco a fare previsioni, non abbiamo fatto ‘apri e chiudi’ seguendo il colore delle regioni, siamo in attesa, tutto dipende da quando torneremo gialli o meglio bianchi. Paradossalmente essere chiusi era il male minore. Diciamo che se andrà come la scorsa estate sarà una cosa buona.
Questo però non significa recuperare quello che abbiamo perso perché negli ultimi 13 mesi ne abbiamo fatto 8 di chiusura e 5 di apertura per cui non riesci a riprenderti completamente. Per compensare ci siamo indebitati ulteriormente. L’aiuto c’è stato ma poi dovremmo pagare le rate anche se sono state ammortate. Comunque sarà che sono ancora giovane o ho un grande senso di responsabilità, spero che sia l’ultimo disagio e poi ci sia una vera ripartenza, per tutti” conclude il patron del Pashà.
Approccio simile ma diverso quello dello chef Antonio Zaccardi, abruzzese, classe '78, con importanti esperienze in Italia e all'estero, da Carlo Cracco a Enrico Crippa (è stato il suo sous chef per 12 anni), esperienze grazie alle quali acquisisce e affina tecnica, gusto, stile e personalità. Antonio è un cuoco creativo, visionario e istintivo che si distingue per istinto e naturalezza del gusto e per la sua cucina contemporanea che guarda al mondo stuzzicando la sua intuizione e mettendo in campo un ingegno dirompente.
“In questi mesi ho staccato la mente dalla cucina e ho occupato il tempo per fare cose diverse. Da qui, per esempio, è nata l’idea dell’uovo di cioccolato, fatto dal maestro Guido Gobino (la cui forma è stata progettata da Pininfarina ndr) e i ragazzi di Free Jungle perché volevo capire il potenziale del mio profilo social. Purtroppo, abbiamo fatto solo 100 uova, tutte diverse, che sono andate a ruba. Il progetto è nato da un bisogno di condividere le riflessioni che questo momento storico ha generato e renderle in un messaggio positivo di speranza per tutti.
Quest’ultimo anno ha rotto sicuramente qualcosa in ognuno di noi, ma siamo convinti che abbiamo la forza e l’energia per poter far rinascere, da questa frattura, qualcosa di più forte e bello. L’uovo rotto si ispira, infatti, alla rinomata arte giapponese del “Kintsugi”, ovvero la ricostruzione di oggetti di ceramica rotti utilizzando un impasto dorato che ridà all’oggetto non soltanto la funzione perduta ma anche una nuova e unica bellezza. Questo è un uovo che abbiamo rotto e ricostruito, un uovo da gustare, condividere e regalare, è l’augurio per tutti quelli che vogliono utilizzare il momento attuale per rinascere migliori” racconta Antonio reduce anche da un trasloco.
“Siamo chiusi da novembre e la vedo molto dura anche se questa situazione ci ha permesso di apprezzare la natura e la tranquillità, soprattutto nel posto dove vivo, cosa che ha confermato la mia scelta di 3 anni fa di venire qui. Penso tuttavia che chi supera questo momento può superare tutto. La gente ha voglia di uscire, di ripartire” ribadisce.
I Piatti
Antonio ha bisogno della sua cucina e dei suoi ragazzi per creare ed elaborare nuovi piatti, è una persona istintiva che spesso modifica l’idea da cui è partito. Così ne approfitta per fare altro, scoprire nuove realtà, il territorio e le aziende locali, di vino e pasta, per esempio, ma anche i macellai e i pescatori, creando contatti e collaborazioni.“In questo periodo cucino solo per me, faccio molta attenzione alla mia alimentazione personale, ad aspetti a cui prima non davo importanza. Speriamo di rientrare i primi di maggio, ripartire a giugno e lavorare come la scorsa estate, che è stata inaspettata: è arrivata così tanta gente che non era mai venuta in Puglia per riscoprire i piccoli borghi… speriamo che questa cosa continui, che si mantenga questa curiosità per quell’Italia che stava scomparendo”.
Il RisottoTra i suoi piatti simbolo ne cita tre: il Risotto pizza alla marinara che fa da sempre e a cui è molto legato, “è l’emblema della semplicità, della cucina pulita, che racchiude nord e sud: mi porto dietro da dove sono partito, il nord, con il risotto a cui ho aggiunto tutti i sapori del sud, dove sono arrivato, pomodoro, aglio, acciughe e origano, fino a uno sconfinare nella pizza grazie alla crosta di pane di Altamura in polvere”.
Rimane ben ancorato alla Puglia con il celebre Mandorle e ricci dove in una ceramica a forma di riccio, con le spine che ti pungono le mani, i ricci, il caffè e le mandorle, simboli di questa terra ricca.
Infine, un dessert Italiasù fatto dalla moglie Angelica, un classico fatto a forma di Italia con crema di mandorla, mascarpone, cacao Domori.
Agnello e zucchina ripiena.“Non mi sono mai pentito di essere andato via e aver intrapreso una mia strada. Avevo bisogno di cambiare e siccome non avevo mai lavorato al Sud mi sembrava obbligatorio, anche perché mia moglie è di lì.
La nostra missione è valorizzare quello che abbiamo e fare una cucina leggibile, lavorando sulla materia prima, di cui questa regione è ricca, e su quello che ci circonda. Voglio lasciare un segno al Sud, sarà impegnativo ma ce la faremo. Spero di avere la forza di ricominciare da capo in maniera diversa, ci sarà da riscrivere tutto ma sono fiducioso” conclude Antonio Zaccardi.
Indirizzo
Pashà RistoranteVia Morgantini 2, 70014 - Conversano, BA
Tel. +39 373 800 2809
Il sito web