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Quattro mani, due stelle. La magia di una cena fusion con Daniele Lippi e Roy Caceres

di:
Massimiliano Bianconcini
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COPERTINE RG CORNICI Cena Lippi caceres

“Io ho portato la parte proteica e Roy ci ha girato intorno”. Un gioco a quattro mani colorato e gustoso, teso a nascondere e sottrarre il gusto netto che si trova nelle materie prime del Mediterraneo.

La Notizia

Una serata a quattro mani e a due stelle, quelle di Daniele Lippi e Roy Caceres, per giocare, divertirsi in cucina e provare a creare nuovi piatti, prendendo il meglio che la tecnica e l’amore per la materia prima hanno i due chef. Per AcquaCircus, il format ideato e voluto da Acquolina dedicato al Mediterraneo e all’incontro tra chef, giovedì 10 giugno scorso al piano terra dell’albergo The First Roma Art, in via del Vantaggio 14, è andato in scena una cena a quattro mani con Daniele Lippi e Roy Caceres. Inizialmente prevista nella terrazza del settimo piano, dove ha sede Acqua Roof, e dirottata nella sala del ristorante fine dining per via del maltempo, la serata è stata una fusion cooking con due chef a cui piace prendersi cura dei dettagli e che non temono di osare e sperimentare. Entrambi in questo momento stanno lavorando nei rispettivi bistrot.



Daniele Lippi, resident chef di Acquolina, una stella Michelin, nel suo Acqua Roof, nella Terrazza Molinari, che appunto si trova ai piani superiori dell’edificio, in attesa di riaprire il ristorante stellato a settembre. Roy Caceres al momento della chiusura di Metamorfosi per il lockdown aveva già lanciato il progetto Carnal, un bistrot incentrato sulla valorizzazione delle materie prime del suo continente, il Sud America, con soluzioni e sapori irriverenti, sorprendendo i clienti con i gusti della sua giovinezza. Metamorfosi, ahinoi, il ristorante che gli ha regalato la stella, per il momento è ancora chiuso.

Roy Caceres




La serata, organizzata dai due chef e gestita in sala dall’accogliente verve di Benito Cascone, il restaurant manager, ha consentito ai presenti di fare un viaggio internazionale, anche nella scelta delle bevande che hanno accompagnato le portate, visto che per l’accostamento sono stati scelti alcuni cocktail, realizzati da Elena Barreca e Alessandro Simeone, rispettivamente bar manager di Carnal e di Acquolina. Come impone il format di AcquaCircus, la cena è stata tutta a base di pesce, ossia di materie prime del Mediterraneo, ma è stata ideata in modo diverso. “Abbiamo deliberatamente scelto di non lavorare ciascuno su un piatto nostro, ma di fonderci in un menù particolare. Daniele ha proposto gli ingredienti mediterranei che io ho provato ad inserire nei piatti di Carnal. L’idea era quella di portare la versione di Carnal, contaminandola con la cucina di Daniele”, ha spiegato Caceres prima di servire le portate.


Mentre Daniele Lippi ha aggiunto: “La serata è nata dall’amicizia tra di noi e anche con Riccardo, il socio di Caceres. Durante la quarantena ci siamo inventati una “box illegal”, una box a quattro mani e allora, giocando e scherzando, ci siamo detti: perché non facciamo una serata insieme in terrazza? Purtroppo, in terrazza non si è potuta fare, però abbiamo dato vita a questo incontro tra la cucina sudamericana e quella mediterranea. Io ho portato la parte proteica e Roy ci ha girato intorno”. Stabilita l’obbligatorietà delle materie prime, su queste sono intervenuti gli esercizi di stile dei due cuochi. Il risultato è stato un tripudio di colori e di sapori con una prevalenza per le soluzioni delicatamente aspre e inusuali dei frutti esotici, che più di una volta hanno evocato le atmosfere equatoriali. Le amuse-bouche iniziali, quattro in tutto, hanno messo subito in chiaro quale fosse la direzione intrapresa.


La Coxinha di polpo alla luciana, il Lime, sgombro, cocco e rocoto, il Chicharon di baccalà e crema guacamole, la Empanada de pescato e chipotle, servite con il cocktail di benvenuto Atarceder, a base di vodka, timo, rocoto, limone, prosecco, sono state un tripudio di sapori marini bilanciati dalle asprezze e dalle affumicature. Un gioco inventivo totalmente libero, dove ricette classiche sono state lette alla luce di tecniche e accostamenti non facili da domare, che hanno impegnato il palato di chi avesse voluto spingersi nell’analisi degli ingredienti. Il segreto invece era lasciarsi andare all’incontro inaspettato di culture diverse.


I due antipasti hanno lasciato il segno. Accompagnati dal cocktail El Conte Molinari, a base di Pisco, una specie di grappa sudamericana, Molinari Extra, mango e curry, rosmarino e pompelmo rosa, a mio avviso sarebbe un peccato se non entrassero in carta. Il Tiradito di ventresca di tonno, maracuya, semi di chia e edamame è una specie di carpaccio tagliato alto, quasi a mo’ di sashimi, servito crudo, macerato nel maracuya. Il rosso dai toni rosati del pesce, bagnato nel giallo elettrico della salsa, dove spicca il verde degli edamame, era una gioia per l’occhio; e altrettanto al gusto. Finito il piatto, la scarpetta era necessaria con buona pace delle convenzioni fine dining (ma chi dice che non bisogna farla davanti ad uno chef stellato?).


A seguire è stata servita la Ceviche di pescato, camote allo yuzu, leche de tigre all’aji amarillo. Un altro crudo abbinato con sapori, odori e materie prime di provenienza latino-americana. Una ridda di sapori delicati e amalgamati che rendevano delicata la carne del pesce.


Nessun primo è stato scelto dopo i due antipasti; avrebbe fatto piacere provare questa cucina fusion anche con un piatto tipico della tradizione italiana, per capire fino a che profondità si può spingere la fusione di due identità così distanti. Sono arrivate invece due portate divertenti anche per come andavano gestite. La Tostata di baccalà, datterini, pesca e basilico e il Taco del Tirreno, totanetti e chalaquita peruana vanno mangiati con le mani, senza posate, divertendosi a mantenere in equilibrio gli elementi contenuti nel taco o nella tostata; sporcandosi le dita come dei bambini e leccandole alla fine, o anche durante l’assaggio, senza timore di apparire sconvenienti.


Ecco l’irriverenza di cui dicevo prima. I sapori meno netti, anche perché avvolti nell’involucro esterno o nella base rigida della tostata, comunque lasciavano una sensazione di pulizia e di freschezza in bocca, nonostante la vivida forza del baccalà e dei totanetti fritti. Ad accompagnare questi due piatti un cocktail a base di mezcal, cointreau, lime, basilico, sal di gusano dal sapore lievemente affumicato (il gusano è un verme liofilizzato) e ginger beer.


Un nuovo divertissement ha aperto i successivi main course: il Taco di maiz azul e trippa di rana pescatrice alla romana. Un doppio divertimento perché il taco andava gestito sempre con le mani e il suo contenuto era un camouflage: sembrava di avere a che fare con la classica trippa alla romana, sebbene il contenuto fosse la rana pescatrice. Un piatto bello, divertente e rivelatorio, in quanto in effetti la serata fino a quel momento aveva coperto la parte proteica e marina, come dice Daniele Lippi, con i sapori e i colori del Sud America. Un gioco a nascondere, a sottrarre il gusto che in genere il Mar Mediterraneo presenta netto in tavola. In questo caso specifico, l’incontro è stato con un condimento che a Roma si abbina con la terra, piuttosto che con l’esotico che è di casa da Carnal.


L’ultima portata della serata è stata un ritorno al mare con la Pinna di pescato alla brace, brodo di crostacei, cocco e lime. Qui l’affumicato e il marino erano ben presenti, appena addolciti ma non smorzati dal cocco e il lime della ricetta. È stato quasi inatteso ritrovarli così netti definiti in bocca. In abbinamento è stato servito un Daiquirito a base di Rum Mount Gay Black Barrel, cardamomo, cocco, lime, coriandolo.

Il dessert è stato l’Acquasundae Carnal, un gelato addolcito da una salsa mango e accompagnato da un classico della mixology italiana e internazionale, rivisitato anzi twistato, come dicono gli esperti. Il MiTo, Milano-Torino a base di vermouth rosso, Campari, rabarbaro, ratafia, Molinari Caffè. La speranza adesso è che alcune di queste portate, nate da una fusion di elementi e per la voglia di divertirsi, mettersi alla prova, giocare con il gusto e le materie prime, trovino spazio nei menù di AcquaRoof o di Carnal. Sarebbe un peccato non poter riassaggiare il Tiradito di ventresca di tonno o il Taco del Tirreno; così come il Chicharon di baccalà e crema di guacamole, di fatto la pelle del pesce, resa croccante e utilizzabile come base per la crema di guacamole che l’accompagna.

Foto Roy Caceres: crediti Carnal

Foto Daniele Lippi: crediti Acquolina

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