Il mestiere di Paolo Brunelli raccontato in 192 pagine, con le parole evocative di Paolo Marchi e le immagini totemiche di Lido Vannucchi. Un libro da leggere tutto d’un fiato e divorare con gli occhi dall’inizio alla fine.
La Notizia
I am not a gelato. Immaginate di entrare in libreria, sezione cucina, e trovare un grande libro – o un libro grande, ché dimensioni e importanza tanto si equivalgono – con la copertina nera e il titolo in nero lucido, che affiora come una serigrafia a seconda della luce, con solo un punto bianco finale. Una provocazione? Potrebbe dirsi a prima vista, visto che il libraio lo ha messo tra i libri che parlano di cibo. Prendetelo, toccatelo, la copertina è morbida come velluto e calda come un plaid da divano. Ed è su un divano che andrebbe sfogliato, per comprendere che questo libro sfugge alla classificazione primigenia, e quindi a ogni altra.La provocazione quindi in parte c’è, è il desiderio di smontare i cliché, come ama fare l’editore Maretti che ha appena sfornato dalla tipografia una nuova pubblicazione, presentata in questi giorni in un paesino tra le colline marchigiane, in un torrido pomeriggio domenicale in cui anche il gelato si scioglieva in pochi istanti. Una presentazione perfettamente in linea con il titolo e il concept del libro: l’editore e i suoi autori hanno presentato un libro che non è un libro su un gelato che non è un gelato. Ma spieghiamo con ordine.
Addentrandoci oltre la copertina, si scopre che il libro tratta di uno dei più famosi gelatieri della nostra contemporaneità, Paolo Brunelli, che dal paesino di Agugliano – in provincia di Ancona – dove è cresciuto nell’albergo di famiglia, sdoppiandosi in due vite, di giorno pasticcere e gelatiere, di notte produttore di musica dance, ha deciso un giorno di andare in città, a Senigallia, allora stella nascente del gastro firmamento, e unire le due personalità, diurna e notturna, verso un solo obiettivo, quello di fare il gelato più buono d’Italia. E non solo.
Un cambiamento di indirizzo che è coinciso quindi anche con un cambiamento esistenziale, con l’obiettivo raggiunto e nuovi orizzonti che si susseguono con gioia, la cui summa è oggi riassunta nelle 192 pagine, raccontate nelle sempre centrate parole dell’affabulatore Paolo Marchi, e nelle immagini totemiche di Lido Vannucchi. Un compito non semplice, raccontare una vita trascorsa a rincorrere il momento perfetto.
Il gelato, come emerge da questo libro, è uno dei cibi più delicati e meno longevi, etereo e fuggente come un attimo, eppure solido e concreto nel confermare un gusto che si fa emozione. Il cibo più democratico del mondo, che mette tutti d’accordo, a ogni età e a ogni latitudine. Un cibo in cui, come nel pane, c’è un ingrediente segreto. E come nel pane, conta sì la materia prima, la bontà del latte, del cioccolato e della frutta, ma non basta.
Non vorremmo farvi sobbalzare sul vostro comodo divano, soffice come una spatola di gelato, ma in questo libro non troverete ingredienti, tanto meno ricette. Ma troverete l’ingrediente segreto, tra le righe scritte, e le fotografie che ora echeggiano la metafisica, ora omaggiano grandi artisti quali Luigi Ghirri e Mario Giacomelli, con le loro distese solitarie proprio come questa Senigallia immortalata durante un inizio di primavera intimidita dal lockdown.
Insomma, come dice il titolo, e come affermava il più grande dei surrealisti, René Magritte, qui non si parla di gelato, si parla della rappresentazione del gelato, il significante e il significato, proprio come la famosa pipa. E, tra metafisica e surrealismo, si incontrano gli spazi bianchi delle pagine, che in gergo editoriale e fotografico si definiscono “aria”. Qual è la caratteristica che rende un quadro bello e godibile, se non lo spazio tra l’immagine e la cornice? E qual è la caratteristica che rende un gelato veramente tale, oltre la bontà di un ingrediente, la gradevole sensazione di freddo che non anestetizza il palato ma che sprigiona il sapore di infanzia che si rinnova a ogni boccone, se non l’ariosità, la consistenza evanescente, che sfugge al tatto come un palloncino che si libra nell’aria?
Beh, per un libro ancora nel segno della trasversalità tra l’arte e il cibo, passando per l’artigianalità, la presentazione non poteva che essere una performance artistica, in cui il libro è stato consegnato ai presenti in una busta sottovuoto, completamente con-gelato. Ma in libreria sta arrivando in versione classica, da sfogliare con una coppetta di Crema, auspicabilmente Brunelli.
Foto di copertina: Crediti Lido Vannucchi