Nella sua enclave siciliana a Monza, la famiglia Butticé trasmette ai clienti il calore della tradizione isolana attraverso un’accoglienza ospitale e una cucina autentica dal gusto sorprendente.
Il ristorante
A Monza c’è un’enclave siciliana. È quella della famiglia Butticé, che dal 1996 si è stabilita in Brianza. Salvatore, Vincenzo e Antonella sono la banda fratelli de Il Moro, un ristorante che si presenta come un grande confetto: raffinato, bianco, per certe occasioni.Tuttavia, quando ti siedi, il calore e il colore della Sicilia arrivano, eccome se arrivano. Attraverso l’accoglienza di Antonella, sommelier, e dei suoi fratelli e dall’incontro con i loro piatti.
L’obiettivo è dichiarato: conficcare nella testa e nei palati degli ospiti che la Sicilia non è una fotografia, una serie di stories da tenere per un po’ sul telefonino. È qualcosa di famigliare, meravigliosamente famigliare, da consumare preferibilmente il maggior numero di volte possibile.
Viaggio in Sicilia, manco a dirlo, è il nome del menù degustazione che ci viene proposto e che non possiamo non accettare.
Flash forward. Quasi alla fine del nostro pranzo, Salvatore, parlando della sua idea di cucina e del suo stile di accoglienza, tira fuori un concetto che è una piccola verità nell’ambito della ristorazione di alto livello e ancora poco analizzata: l’imbarazzo enogastronomico.
Quella sensazione per cui di un piatto non ti rimane niente, quel momento in cui di fronte a un impiattamento curato, esteticamente gradevole, e a una presentazione che fra presagire qualcosa di non scontato o addirittura straordinario, segue un assaggio paragonabile a una zona d’ombra, a “qualcosa di buono, ma niente di che”.
Sarà per le aspettative non corrisposte? O per un'ignoranza palatale? Credo, tuttavia, che questo imbarazzo colpisca anche molti gourmet e critici. Questi ultimi più in grado, forse, di spiegarne le ragioni. Per fortuna c’è anche l’altra faccia della medaglia. Il contrario dell’imbarazzo: la celebrazione, il godimento, il piacere o l’assoluto comfort.
Ecco, Salvatore cucina innanzitutto per evitare l’imbarazzo enogastronomico, per lasciare un segno. Perché se non ti rimane niente, è molto difficile trovare una motivazione per tornare.
Ciò detto, viene da chiedersi allora cosa ci sia rimasto de Il Moro. Della Sicilia provata a Il Moro.
I piatti
In tutto il menù traspare la ricerca e lo sforzo di far emergere la regione d’origine dei Butticè e il lavoro di tanti piccoli produttori che si dedicano anima e corpo alla difesa di tradizioni e bontà locali.Tuttavia, ci sono due piatti in cui, secondo noi, non c’è ombra di imbarazzo. Solo equilibrio tra estetica ed esperienza sensoriale, attivatori di ricordi positivi e di desideri seriali.
Il primo è Il Riso carnaroli Riserva San Massimo, peperone giallo, scampo, prezzemolo e gelso.
A parte la cottura, perfetta, abbiamo apprezzato il concentrato di gusto, risultato di una non scontata familiarità di caratteri così diversi come la dolcezza del peperone, la sapidità e la maturità dello scampo - con le cui teste è stato fatto anche un fondo - e la freschezza del prezzemolo.
Non abbiamo apprezzato fino in fondo la presentazione, su un piatto fondo di forma quadrata, di arte vetraria, con lo jus di scampi a disegnare un corallo sulla superficie del riso. Avremmo contrastato di più l’intensità cromatica della composizione con un piatto canvas, senza spigoli.
Il secondo piatto che ci portiamo a casa, nel bagaglio dei ricordi, è Ombrina e melanzane alla norma. Il filetto di pesce rimane umido dopo la cottura e sguazza con la terrina di melanzane e la ricotta. Anche qui una salsa al prezzemolo, onda rinfrescante.
Menzione speciale anche per la cassata, presentata in versione scomposta, alleggerita e quasi sugar free. Noi che la classica siciliana la evitiamo fin da ragazzini, qui ci rimangiamo tutto e ce lo rimangeremmo immediatamente.
Indirizzo
Il MoroVia Parravicini 44, Monza, 20900
Tel. +39 392 939 4187
Sito Web