Grazie a una tecnica rodata, mai fredda, mirata all’estrazione del gusto da ogni pietanza, Alessandro Rossi ricerca il sapore vero dell’ingrediente maremmano. E non smette di alzare l’asticella: al bando l’omologazione, il Gabbiano è un acceleratore di idee.
Il ristorante
È il massimo se ci si arriva al tramonto, qui al Gabbiano 3.0, proprio quando il sole calando regala una luce che i romantici godranno come tale e i social-oriented non esiteranno a sfruttare per foto magnifiche in un contesto che fa dimenticare in un istante ogni ansia inutile.Questo è il terzo di una serie progetti che comprendono anche la Gabbianella, per una pizza di alta qualità, e il Gabbianino, dedicato alla mixology. Accomodati a un tavolo che dà sul mare e sulle barche ormeggiate al porto di Marina di Grosseto si vedono l’isola del Giglio, Giannutri e l’Elba.
Legno, eleganza informale, è impossibile non rilassarsi e sentirsi a proprio agio; anche quando il tempo non dovesse essere clemente, oppure nelle stagioni più fredde, perché all’interno l’atmosfera creata da Marco e Riccardo Tomi (cugini, fondatori e titolari) è quella giusta, che avvolge e invoglia alla sosta.
E poi il tocco di genio, un figliol prodigo di questa Toscana scelto con intelligenza per prendere le redini della cucina, tanto che la Michelin è arrivata ben presto a sancirne l’appartenenza al suo stellato empireo. Alessandro Rossi, classe 1991, non si scompone più di tanto. L’esperienza di essere chiamato dalla Rossa non gli era così nuova.
“Ti dico la verità, è sempre bellissimo e quando mi hanno chiesto di partecipare alla videochiamata (quel che concedono le presentazioni in tempo di Covid, n.d.a.) ho capito che c’era qualcosa sotto. Però io voglio puntare ancora più in alto.” Va detto che l’ambizione di Alessandro è quanto mai supportata da uno stato di forma notevole; non solo, perché i trent’anni lasciano intuire una progressione ancora estremamente dinamica. Insomma, lui è bravo, lo sa e si comporta di conseguenza.
Di cucine ne ha viste, da Rimini alla Leggenda dei Frati con Filippo Saporito, ad Asiago con quel fuoriclasse di Alessandro Dal Degan e poi l’avventura in solitaria prima di rientrare in un ambiente meno chiuso di quello trevigiano vissuto a Villa Selvatico.
Ci racconta il suo nuovo approccio: “Ho tolto di mezzo tutto quello che non serviva, zero contaminazione, voglio far conoscere quelli sono un territorio inesplorato e un contesto unico. Abbiamo tanti ristoranti importanti e blasonati vicini a noi, ma l’idea è di fare qualcosa di diverso: sto trovando prodotti e luoghi incredibilmente stimolanti in Maremma. L’idea è quella di cercare e proporre un sapore vero, senza mediazioni, tra terra e mare”.
La sua in effetti è una cucina molto personale, in cui complessità e riconoscibilità, sia della materia sia della mano, vanno d’accordo in totale armonia: mare e Maremma, mentre soltanto le (notevoli) stoviglie e l’ispirazione di alcuni arredi interni arrivano da Bali. E poi la tecnica rodata anche di reminiscenze classiche, mai fredda, mirata all’estrazione del gusto da ogni pietanza.
I piatti
Buona e bella, l’iniziazione al mare: brodo con pesci, molluschi crostacei e alghe, colorato di blu in modo naturale con la ficocianina, proteina estratta dall’alga spirulina e foglia d’oro.Profumati e succosi i gamberi di Santo Stefano accompagnati da 15 varietà di pomodori dell’orto di proprietà, cocomero e basilici in un gioco di freschezza, dolcezza e acidità.
Seduce e conquista con la sua ricchezza espressiva lo spaghettino cotto in estrazione di cipolla bianca, senape e bucce di formaggio, servito con lumache di mare e bottarga di Orbetello.
Non sono da meno i raviolini ripieni di fegatino alla Toscana (in questo caso di pollo) con doppio consommé di pollo al tè fermentato, grasso di maiale e salmoriglio di mentuccia.
Tra i secondi vale la pena assaggiare la rana pescatrice come se fosse una porchetta: arrotolata con il battuto di condimento della porchetta nella retina di maiale, cotta ai carboni e servita con salsa di finocchietto selvatico, crema inglese all'alloro e carciofi al tegame, il tutto finito con salsa perigourdine.
Spiedo di rana pescatrice alla brace, finocchietto selvatico ed alloro, carciofo al tegame, salsa al foie gras
Di eccellente impatto anche il San Pietro in verde con cedro sotto sale: pellicola di biete, estratto di erbe, bernese al dragoncello, insalata di crescioni, per un riuscito gioco sul vegetale a bilanciarne le carni.
È di rigore terminare le portate salate con il sontuoso piccione: cotto in carcassa, il petto servito con rucola selvatica, prugne e Nigella, la coscia al BBQ con salsa BBQ, il prosciutto nello spiedo e il fegatino accompagnato dal Pan co' Santi.
Delicatezza elegante a concludere con la crostatina di crema pasticcera, caramello e noci con gelato al timo limone.
Va da sé che la gentilezza del servizio e la profondità della carta dei vini, con la Toscana molto ben rappresentata, siano all’altezza di un’esperienza difficile da dimenticare.
Indirizzo
Gabbiano 3.0Porto Turistico, 11 - Marina di Grosseto (GR)
Tel: +39 0564 337812
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