Nino Bergese, nato nel 1904 a Saluzzo, è stato uno dei grandi maestri della cucina italiana. Cuoco per Casa Savoia e per l’aristocrazia del Nord Italia, nel dopoguerra ha fondato il ristorante La Santa e diretto la cucina del San Domenico di Imola. È considerato un pioniere della cucina d'autore.
Nato a Saluzzo, in Piemonte, nel 1904, Nino Bergese ha iniziato a lavorare a tredici anni come giardiniere presso il conte Bonvicino. Il suo talento precoce lo portò presto in cucina, sotto la guida del cuoco Giovanni Bastone. Da quel momento in poi, la carriera di Bergese fu costellata da esperienze presso le più prestigiose famiglie nobiliari del Paese: divenne dapprima cuoco del conte Costa Carrù della Trinità, poi dei Wild e infine dei conti Arborio Mella di Sant’Elia, cerimonieri della casa reale.
Il punto di svolta fu l’ingresso nelle cucine di Casa Savoia, dove prestò servizio per diversi anni, consolidando la sua fama di "cuoco dei re". Con il declino della nobiltà dopo la Seconda Guerra Mondiale, Bergese seppe reinventarsi: aprì a Genova il ristorante La Santa, dove per la prima volta la cucina “di casa” veniva elevata a cucina d’autore. Il locale ottenne una stella Michelin e divenne uno dei riferimenti della gastronomia ligure.
Nel 1970 fu chiamato da Gianluigi Morini per guidare le cucine del nascente San Domenico a Imola. Fu qui che mise a punto uno dei piatti iconici della cucina italiana contemporanea: il raviolo con l’uovo intero all’interno, realizzato per la prima volta nel 1971, che ancora oggi viene riproposto in molti ristoranti di alta cucina.
Nel 1969 pubblicò con Feltrinelli il volume "Mangiare da Re", un ricettario che documenta il suo stile e il suo approccio alla cucina, influenzato da decenni di lavoro per le più alte famiglie aristocratiche italiane. Il suo stile era fondato sulla semplicità, sulla tecnica impeccabile e sull'attenzione assoluta alla qualità degli ingredienti.
Riservato e severo, Bergese credeva che “la cucina dovesse parlare da sola” e che il ruolo dello chef fosse quello di perfezionare la memoria gustativa collettiva, restituendo valore a preparazioni considerate domestiche ma cariche di storia. Morì nel 1977 a Genova, lasciando un’eredità profonda: numerose scuole alberghiere italiane oggi portano il suo nome, e molti suoi allievi hanno contribuito a plasmare la ristorazione italiana contemporanea.