Ferran Adrià, con il suo tri-stellato “elBulli” Miglior ristorante al Mondo nella classifica 50 Best di Restaurant per 5 volte, è genio indiscusso della cucina contemporanea. Chiuso il ristorante nel 2011, oggi si occupa di creare luoghi d’informazione gastronomica per le generazioni a venire con il museo elBulli 1846 e la Bullipedia, raccolta editoriale delle sue conoscenze.
Ferran Adrià Acosta nasce il 14 maggio 1962 nel quartiere di Santa Eulalia a L'Hospitalet de Llobregat, vicino a Barcellona, da una famiglia umile. Il padre fa il decoratore, la madre è casalinga. Non nutre interesse per la cucina, cui preferisce il calcio, fin quando a diciassette anni non interrompe gli studi di amministrazione e va a fare l’aiutante nel ristorante dell’hotel “Playafels” di Castelldefels, per pagarsi le vacanze a Ibiza. Qui lo chef Miguel Moy, amico di famiglia, gli fa imparare a memoria oltre 600 ricette del Practico, testo sacro della cucina spagnola. Prosegue sull’isola, lavorando presso il club “Cala Leña”, e a Barcellona, dove continua a maturare esperienze nella ristorazione. “Ho imparato ciò che si doveva fare e, soprattutto, ciò che non si doveva fare”.
Dopo il servizio militare nella mensa ufficiali a Cartagena, diventa il cuoco personale del generale Angel Liberal Lucini. Il suo commilitone Fermi Puig gli consiglia di svolgere uno stage con Jean Paul Vinay a “elBulli”, ristorante affacciato su Cala Montjoi che già detiene due stelle Michelin. L’esperienza lo sconvolge: scopre finalmente il fine dining e la nouvelle cuisine; l’entusiasmo è tale che il direttore del locale, Juli Soler, gli propone di entrare in squadra e così accade, subito dopo il congedo. Il caso vuole che trascorsi otto mesi, lo chef faccia le valigie e il perspicace Soler proponga al nuovo arrivato di dividere le redini con un altro cuoco, Christian Lutaud.
Adrià si getta anima e corpo nell’impresa: legge innumerevoli libri di cucina, batte i migliori ristoranti del mondo e frequenta stage con i grandi maestri, arrivando a lavorare diciannove ore al giorno. Incontra tra gli altri Jacques Maximin, che lo colpisce con una massima definitiva: “Creatività è non copiare”, convincendolo a chiudere i libri per cercare nuove strade. Dopo tre anni, nel 1987, Lutaud decide di cambiare aria e lui resta solo al comando.
La cucina conosce diversi periodi, alla Picasso: prima c’è una fase mediterranea, poi incalzano le contaminazioni orientali, infine deflagra una creatività totale. Non si contano le innovazioni di colui che ha fatto tutto, il contrario di tutto e il contrario del contrario di tutto, ma sempre per la prima volta. È a “elBulli” che nasce l’idea di un menu degustazione diverso ogni anno, sul modello delle collezioni di moda. Proprio per mantenere alto il voltaggio creativo, la ricerca viene organizzata in una cucina a parte con una squadra dedicata, attiva durante i mesi di chiusura del ristorante. E la novità può arrivare da qualsiasi angolazione: l’osmosi con l’industria alimentare, i cui additivi vengono sperimentati per mettere a punto nuove consistenze e sensazioni; la scienza (per quanto Adrià abbia rifiutato l’etichetta di “molecolare”), complice nella spiegazione dei processi di trasformazione; le forme e i procedimenti delle “arti maggiori”, per esempio l’uso del caso per emanciparsi dalla coazione a ripetere e imitare; una marea di tecniche entrate ormai in qualsiasi cucina, dall’uso del sifone alle spume, alle sferificazioni. Una semplice gelatina può essere preparata in venti modi diversi. Non è una cucina cerebrale, nella ricerca neobarocca della sorpresa; eppure, può essere concettuale nel mettere a nudo i propri meccanismi. Adrià parla di “destrutturazione” a proposito di ricette tipiche dissezionate e ricomposte, a DNA immutato; l’effetto è quello di uno straniamento, mentre la provocazione gustativa avanza. Tutto può entrare in contatto con tutto, come in un gigantesco rizoma.
Nel 1997 sono tre stelle Michelin, i premi fioccano, nel 2004 Ferran è nominato dal Times nella lista globale dei 100 uomini più influenti. Il mondo impazzisce per quello che ormai è un tempio della cucina d’avanguardia, con due milioni di persone che ogni anno si mettono in lista d'attesa per accaparrarsi uno dei cinquanta coperti. Qualificato come miglior ristorante del mondo negli anni 2002, 2006, 2007, 2008 e 2009 per la classifica dei 50 Best Restaurants, "elBulli", tuttavia, chiude nel 2011: l'ultimo servizio viene effettuato il 30 luglio. Creare a quei ritmi, spiega Adrià, è diventato sempre più difficile. “La nostra missione era fare avanzare l’esperienza gastronomica. Ma già nel 2008 era evidente che avessimo raggiunto il nostro limite. Potevamo progredire un poco ogni anno, ma sapevamo di non poter andare molto in là, dopo avere servito menu di 44 assaggi. Quindi abbiamo scelto di passare oltre, ed è stato un bene. Altrimenti saremmo andati in burnout e avremmo iniziato a sbagliare. Sarebbe stato frustrante”.
Di una stagione indimenticabile restano anche diversi libri: "El Bulli 1983-1993" (con Juli Soler e Albert Adrià), "El Bulli: el sabor del Mediterráneo", "Los secretos de El Bulli", "El Bulli 1994-1997" (con Juli Soler e Albert Adrià), "Cocinar en 10 minutos con Ferran Adrià", "Celebrar el milenio con Arzak y Adrià" (con Juan Mari Arzak), "El Bulli 1998-2002", "El Bulli 2003-2004", "El Bulli 2005", "Un dia en El Bulli” e "FOOD for thought THOUGHT for food".
Dal 2010 collabora come professore invitato all’Università di Harvard ed è dottore Honoris Causa in varie università di tutto il mondo. Ha avviato la Fondazione ElBulli, con l’obiettivo di promuovere l’innovazione e la creatività tramite la cucina, articolata su 3 principali pilastri: il primo è elBulli 1846, con sede nel vecchio ristorante trasformato in museo, elBulli ADN e infine la Bullipedia, una grande opera editoriale, che comprenda e codifichi per la prima volta lo sterminato sapere della gastronomia mondiale.
Ferran Adrià è stato l’indiscusso game changer della cucina contemporanea attraverso una raffica di innovazioni, un paradigma creativo furioso, che ha finito per esaurirsi, lasciando spazio ai posteri e creando luoghi d’informazione gastronomica per le generazioni a venire.
Foto di Copertina: @EduBayer