Mauro Buffo, reduce da grandi esperienze nelle cucine di tutto il mondo,prende le redini dei fuochi ai 12 Apostoli di Verona
La Storia
12 apostoli a Verona: la rinascita di un grande ristorante con la cucina di Mauro Buffo
Sostrati, Bagliori e Divagazioni non sono soltanto i nomi dei tre menu proposti in occasione della rinascita di un vero e proprio tempio della ristorazione italiana qual è il 12 Apostoli di Verona grazie alla passione mai doma della famiglia Gioco. Se il sostrato è infatti “lo strato che sta al di sotto di un altro strato superiore”, qui nel pieno centro storico della città scaligera siamo in presenza di strati di storia, cultura e bien vivre che hanno molto da raccontare, a partire da una cantina che porta a scavi che svelano il podio della parete di un tempio sacro che risale alla prima metà del I secolo dopo Cristo, un tratto di strada romana e le fondamenta di una casa-torre medievale tra i cui materiali di costruzione si trovano alcuni grandi massi di marmo che un tempo costituivano il terzo anello della vicina Arena.
Ancora in questa splendida cantina sotto la volta del 1700, si può vedere la raccolta delle “penne che parlano”, penne appartenute ad alcune tra le più grandi firme del giornalismo, della cultura e dell’arte che ci ricordano di come i 12 Apostoli sia anche un ambito premio giornalistico nato nel 1968 da un’idea di Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giulio Nascimbeni, Cesare Marchi e di Giuseppe Gioco, istrionico fondatore del locale. Il bagliore è la gioia, quella che si scorge negli occhi di Mauro Buffo, chef, va da sé, autoctono doc, il quale dopo una lunga serie di tappe di blasone ha deciso di far ritorno in città in grande stile.
40 anni nel 2018, scuola alberghiera a Chievo, nella brigata di Fabio Tacchella e poi ventenne da Gualtiero Marchesi all’Albereta a fianco di Paolo Lopriore: “un ambiente frizzante”. Tappa successiva alle Calandre dagli Alajmo, un’immensa fucina di idee “tra la seconda e la terza stella”. Inutile dire che i quattro anni trascorsi a El Bulli da Ferran Adrià abbiano segnato e insegnato tantissimo, ma è l’esperienza nella Grande Mela da David Bouley prima e al Ristorante Falai poi che rappresenta per Mauro un vero e proprio salto culturale. “New York ti assale con sensazioni travolgenti, mi sono trovato di fronte al lavoro in prima persona. Tra le 250 e le 300 persone a sera su tre turni, in due in partita in un due stelle Michelin. Lì incontri e ti scontri con abitudini, gusti e comportamenti da tutto il mondo, non sai subito come comportarti. E poi tutti si aspettavano qualcosa in più da quello arrivato da El Bulli, sia in cucina sia nella squadra della “testing kitchen” per l’elaborazione di piatti nuovi e il training ai ragazzi appena arrivati”.
La tappa successiva rappresenta per Mauro un’altra piccola rivoluzione, proiettato in un ambiente completamente differente. Nel 2010 diventa infatti il responsabile di cucina del Vigilius Mountain Resort, magnifico albergo di lusso altoatesino a 1500 metri di altezza, al quale si arriva da fondovalle soltanto tramite funivia. È del gennaio 2016 il suo ingresso come chef ai 12 Apostoli, di nuovo a casa sua. Verona, città ricca di turismo, non è una piazza gastronomicamente facile. Qui si tratta di accettare (e vincere) una sfida importante come quella di riportare in alto un ristorante che in città ha rappresentato il vertice. Obiettivo che si presenta impegnativo ma in un contesto di grande fascino “anche se io - dice lo chef sorridendo, lavoro dall’altra parte della parete”, tra sale affrescate e un’eleganza rara, perfettamente incarnata dal giovane Filippo, il quale si muove silenzioso ed efficiente governando il servizio. L’idea, condivisa da Buffo e dai Gioco, è quella di mantenersi vicini alla tradizione, utilizzando preferibilmente ingredienti locali ed eccellenze di nicchia anche se prodotte fuori dal territorio.
Così ecco che si possono trovare tra le materie la pecora brogna, frutta e verdura dei monti Lessini ma anche il magnifico Porco Cinturello Orvietano, carne da maiali di cinta senese allevati allo stato brado da Alfredo Angeli. “Vorrei descrivere Verona ed esprimere così me stesso, attraverso piatti emblematici, dai sapori distinti. Serve mantenere un gusto solido, la cucina non deve far pensare, è immediatezza. Poi non importa quanti siano gli ingredienti (è a vent’anni che hai in testa la gara a quanti elementi puoi mettere insieme), ma a quanto servano per rendere il piatto buono. Voglio cucinare prima di tutto per me stesso, per crescere facendomi influenzare il meno possibile dal giudizio degli altri, perché se ascolti troppo vai a omologare la cucina. Questo naturalmente non significa non far tesoro di quel che si sente da parte di chi mangia, ma prendere una direzione propria. Infine, vorrei trasmettere la mia voglia ai ragazzi che lavorano con me, vederli partecipi in quello che fanno, non meri esecutori meccanici e superficiali.” Abbiamo quindi compiuto le nostre divagazioni saltando qua e là tra i tre menu a disposizione (60, 70 e 80 euro; ciascuna portata alla carta, indifferentemente 25 euro) anche se per chi fosse un amante del genere o volesse mangiare solo uno o due piatti salati è a disposizione un interessante menu tutto a base di dolci.
I Piatti
Tra gli antipasti merita grande attenzione la classe di “seppia e tonno”, una soave tartare di seppia nappata con l’emulsione del suo fegato e con l’aggiunta di uova di aringa a donare un tocco di affumicata mineralità, coperta da un velo di seppia condito e tagliato sottilissimo per offrire un bel gioco di consistenze. Una marmellata di limoni del Garda apporta profumo e acidità. Si chiude con un consommé di tonno a preparare all’assaggio successivo. Si tratta di un uovo con radicchio tardivo di Treviso e blu di capra dei monti Lessini. In un guscio d’uovo viene cucinata una royal successivamente coperta da una salsa calda a base di formaggio e poi chiusa con una julienne di radicchio condito all’aceto balsamico. A completare questo piccolo piatto dai gusti rotondi un cubetto di biscotto al polline ed erbette miste.
Di grande impatto visivo per un impiattamento molto riuscito la crema di cavolo rapa, color verde brillante grazie all’utilizzo delle foglie. A parte viene servita una croccante bruschetta sottile di pan di spezie con cubetti di pâté di fagatini, gel al Recioto bianco a mitigarne il sapore, ancora piccoli pezzi di cavolo rapa crudi e conditi, foglie di dragoncello e polvere di cumino. Territorio in purezza per le lumache che vengono da un piccolo comune alle pendici dei monti Lessini orientali. Stufate nel loro liquido, vengono poi mantecate al burro con clorofilla, scalogno tritato ed erba cipollina. Coperte da quinoa, anch’essa mantecata, un cucchiaino della stessa soffiata e dei capperi fritti a creare un piacevole contrasto. Il piatto è rifinito con una spuma di bernese alla salsa verde che regala una nota dolce e tonificante al dominante sapore terragno.
Conquistano occhio e palato gli spaghetti tirati a mano del Pastificio artigianale Rubiero nella bassa veronese. Ostrica e lardo sono gli ingredienti che insieme donano una suadenza ricchissima, con la salinità iodata del mollusco perfettamente bilanciata dalla grassezza del salume. Un’ulteriore nota che dona vivacità è data dal sedano fresco condito a dadini. Ancora veronesità, aromi intensi e concentrazione di sapori si ritrovano nel risotto a base di Vialone Nano mantecato con burro di montagna acido, sul quale si appoggiano pezzi di succulento sanguinaccio rosolati, nappati con una salsa di maiale affumicata e ricoperti da piccoli dischi di verza moretta, a loro volta arricchiti con cannella in polvere e qualche goccia di gin che rilascia una bella fragranza profumata.
Il piccione presentato tra i secondi proviene dal basso est veronese, le sue carni maturano tra i 14 e i 16 giorni. Disossato, il petto è marinato in timo e aglio, mentre cosce e ali sono confittate in olio aromatizzato, spolpate e frullate con le frattaglie. Modellate, se ne ricavano delle palline, ingentilite con anice stellato in polvere, panate e poi fritte al momento del servizio. Rosolato il petto, si aggiunge del cavolo riccio stufato, la pallina, ribes freschi e cubetti di noci nere sciroppate. A guarnire, la salsa di piccione e una spuma di purea di scorzanera, con qualche foglia di romice sanguineo a regalare una sfumatura acida.
Non poteva mancare un assaggio della grande tradizione locale, la “pearà”, vero e proprio monumento gastronomico veronese. Allora eccola, cremosa, ad accogliere un saltimbocca di bollito di cotechino e vitello, un piccolo cubo di lingua e un pezzetto di cappello del prete, cui fanno da contraltare la dolce nota piccante della mostarda di pere e le immancabili aggiunte di salsa verde e rafano fresco.
“Suca baruca” è la proposta di dessert a base di zucca, declinata in forma di gelato, la quale è servita su una perfetta bavarese al caramello salato. Kumquat sciroppati, mango liofilizzato e salsa al frutto della passione bilanciano in acidità, mentre la parte croccante arriva da una sottile lamina di zucca e isomalto. Se nel gioco dei numeri i tavoli qui sono 12, per raggiungere la cantina “apostolica” servono 12 passi, 12 sono le etichette di vini proposti nella carta dei vini secondo tipologia, oltre a 12 proposte dolci e 12 superalcolici. La strada per una nuova era brillante è quella giusta? Pare proprio di sì!
Indirizzo
Ristorante 12 ApostoliVicolo Corticella San Marco n 3 - 37121 Verona
Tel.+39 045 596999
Il sito web