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Joselito Lab: Joachim Wissler, primo cuoco tedesco, interpreta il re dei prosciutti

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina Joselito lab

Non solo prosciutto. José Gomez mette il suo cerdo sacro nelle mani del primo cuoco tedesco: cronaca del quinto Joselito Lab

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Joselito Lab: Joachim Wissler, primo cuoco tedesco, interpreta il re dei prosciutti


Serafico, bonario e nel contempo solenne, José Gomez osserva il cortador sotto lo scroscio battente degli sguardi, il flash dei fotografi che rimbalza sopra la lama del coltello, fin dentro le pupille. È lui l’ultimo dei mageiros, un po’ macellaio, un po’ sacerdote, come nelle tragedie dell’antica Grecia. Tanto che al momento di inviare le sue creature al macello, durante i tre mesi cadenzati dalla pastura a sole ghiande nel bosco mediterraneo della dehesa, sussurra grave: “È il sacrificio”. Preoccupato che la sofferenza non lasci tracce nella trama succulenta delle carni.

1 Joachime Wissler
2 Jamon Joselito
Non è il solito rito che offici, questo discendente della più nobile dinastia di norcini di Spagna, fondata nientemeno che nel 1868 e giunta ormai alla sua sesta generazione. Ogni anno a celebrare quello che è indiscutibilmente il migliore prosciutto in assoluto sono i più grandi cuochi del mondo, tutti tristellati: è il Joselito Lab, giunto ormai alla sua quinta edizione. Più che un “laboratorio di idee, ricerca e sviluppo concettuale”, come lo definiscono gli organizzatori, un rito della teologia del cerdo iberico. Dopo Ferran Adrià per la Spagna, Massimiliano Alajmo per l’Italia, Jonnie Boer per l’Olanda e Seiji Yamamoto per il Giappone, quest’anno è stata la volta di Joachim Wissler, punta di diamante della “nuova scuola tedesca” nonché primo cuoco del paese ai 50 Best, in forze al Vendôme, presso il magnifico Grandhotel Schloss Bensberg, casino di caccia di Giovanni Guglielmo del Palatinato. “Come se le migliori orchestre del mondo suonassero la stessa musica, ciascuna a modo suo”, ha metaforizzato qualcuno.

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3 Jamon Joselito Corte
Abbiamo scelto la Germania, e quello che secondo noi ne rappresenta lo chef di punta, perché nella sua gastronomia il maiale è cruciale, per quanto molto lontano dal nostro. E Joachim è stato il primo a introdurlo come ingrediente nell’alta cucina, da cui era stato sempre ostracizzato”, ha premesso José Gomez. “Il gusto è completamente altro dai maiali cui siamo abituati, per razza e soprattutto pastura. Ed è possibile consumarlo quasi crudo, perché sarebbe un peccato accanirsi, come nel caso di ogni prodotto pregiato”, gli ha fatto eco Wissler. “Sono cresciuto in campagna, figlio di contadini in mezzo ai maiali. Sento che la mia cucina si sta avvicinando sempre più alla natura e mi è bastato assaggiare questi prodotti per sapere immediatamente come cucinarli”.  Ne ha tratto 21 ricette esemplificative della sua cucina: manierista nel senso migliore del termine, perché sa tesaurizzare i linguaggi che l’hanno preceduta, a partire dal classicismo francese, da sempre egemone in queste lande, mentre si sporca con la contemporaneità. Ipertecnica fino alla maniacalità, ma anche vitale e contrastata, non senza un pizzico di azzardo.

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A intrigarmi in particolare è stato il grasso della pancetta, simile per profumo e struttura fondente al marzapane”, ha concluso Wissler. Maiale dei re, ma anche re dei maiali, il cerdo iberico cresce infatti liberamente in tre ettari di foresta mediterranea per esemplare, spesso impiantati appositamente (l’azienda è la sola al mondo che possa fregiarsi del certificato Forest Stewardship Council, grazie al suo impegno per il rimboschimento). Cibandosi di ghiande, vi si arricchisce di omega 3 che rendono la sua carne straordinariamente salutare, a dispetto del pregiudizio che è sempre gravato sul maiale, grazie anche all’habitat incontaminato, lontano da ogni industria, che azzera il contenuto in metalli pesanti. E non fornisce solo il prosciutto, concentrato di umami straordinariamente dolce e profondo, ma anche carni fresche dalla succulenza record, tagliate alla spagnola: si chiamano carré, lomo, pluma, solomillo, cabezada, lagarto, presa, mogote, abanico, secreto, ventresca e costillas.

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Ecco allora lo sgombro con barbabietola e gelatina di succo di prosciutto, dove il filetto di pesce è immerso in una vinaigrette balsamica calda, scaloppato e servito con la gelatina dell’osso di prosciutto, la buccia della rapa essiccata ripiena di polpa marinata e magari una quenelle di caviale. Piatto che trova la sua ragion d’essere nella convergenza fra omega 3 della terra e del mare.

6 ostriche JoselitoLab V 4
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Oppure le ostriche Gillardeau passate al forno e servite con la gelatina della loro acqua, lamine di melone o cocomero e pomodoro, panna acida al limone e pancetta Joselito, per una variazione delle ostriche alla salsiccia crépinette della tradizione girondina; i toast di pane a lievito madre fritti in grasso di maiale con burro di pancetta Joselito emulsionato all’olio di semi di zucca, salchichon, cetriolo, fiori di borragine ed erba cipollina; la spugna di zucca in brani con crema di semi di zucca cotti in succo di mela, semi tostati e caña de lomo, fiori ed erbe. Appetizer dove i salumi sono ovviamente in evidenza.

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Sono un cammeo classicista ma tecnicamente à la page i ravioli non ravioli di gelatina di prosciutto in stile Adrià, ma completa di fettine sottilissime, con spinaci, sfere di mascarpone al tartufo a mo’ di gnudi e tartufo nero sulla sommità, più la vellutata di pomodoro per lo sbalzo acido.

10 pluma JoselitoLab V 5
E ancora l’uovo a bassa temperatura con crema di finocchio, lattuga in osmosi del suo sugo acidulato e pancetta; soprattutto la sontuosa pluma al barbecue, “english style”, servita con verdure sottaceto, ketchup di ciliegie e salsa bernese, finto midollo al fondo bruno e cuore di lattuga acidulo infilzato per sgrassare a morsi primordiali nel finale.

 

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