Il giovane chef, già secondo di Cannavacciuolo e stellato alla Locanda di Orta, sta rivoluzionando un’insegna storica. Ma tutta Torino è gastronomicamente in volata.
La Storia
La Storia del Ristorante Carignano
Era un indirizzo per inguaribili nostalgisti, il vecchio ristorante Carignano: dietro l’ingresso umbratile dell’hotel Sitea, dall’eleganza tutta liberty, vestiva di panneggi e arazzi vagamente ancien régime gli evergreen della tradizione piemontese, dal vitel tonné alle salse sabaude, come la comodino alle rigaglie, oggetto di una ricerca appassionata e appassionante da parte dello chef. Filologia e buon gusto che non sono bastati ai giovani titolari Federico e Niccolò Buratti, intenzionati a inserirsi nella volata del rinascimento torinese in corso.
E oggi è tutto un altro Carignano, non solo per l’ingresso separato su via Carlo Alberto che lo rende piacevolmente accessibile alla città. La ristrutturazione ha spogliato le pareti, svelando sobri stucchi bianchi attorno alle sculture contemporanee, e i tavoli apparecchiati sono appena cinque. “Un salottino in una reggia di 120 stanze”, lo definisce il nuovo chef Fabrizio Tesse, che qui firmerà ogni cambio di carta e trascorrerà tutto il martedì e metà mercoledì, dividendo il suo tempo con la Locanda di Orta, luogo dell’abboccamento con i Buratti. “Da clienti abituali apprezzavano la mia cucina e mi hanno chiesto di replicarla, con gli aggiustamenti del caso, nel capoluogo”, racconta.
All’opera con Tesse sono rimasti il vecchio chef Ruggero Rolando e il maître Giuseppe Andresini; ma a fungere da cinghia di trasmissione con Tesse durante il resto della settimana sarà l’“alter chef” Marco Miglioli, anche lui esponente della generazione Cannavacciuolo, passato per gli insegnamenti di Andrea Berton e Michel Roux. Non basta: ad aprile sarà la volta del bistrot all’incrocio con via Cavour, perciò chiamato “Carlo e Camillo”, anch’esso con doppio ingresso dalla strada e dall’hotel. Servirà un piatto del giorno e una lista delle vivande zeppa direferenze piemontesi a un massimo di 60 ospiti, per uno scontrino medio più che amichevole.
La cucina resterà improntata ai “codici del gusto” di Orta. Tesse parla di alfabeti condivisi che consentono di leggere i piatti, emozionando: matrici e influenze che nel suo caso si dislocano lungo la via del sale, fino alla Provenza e alla Spagna, assemblate in un pidgin culinario tutto suo. Si comincia da ingredienti e riferimenti della Liguria, dove lo chef, nato a Milano, ha trascorso gran parte della sua infanzia con le nonne e le zie, bravissime ai fornelli. E il pesce arriva ancora dallo stesso mare, transitando per la pescheria Gallina.
Poi la via di Tesse passa per il Piemonte: Arona, dove ha frequentato l’Alberghiero e lavorato alla Taverna del Pittore; Trecate al Caffè Groppi con Fabio Barbaglini; finalmente Villa Crespi dopo le digressioni in Liguria (la Conchiglia di Arma di Taggia e i Balzi Rossi di Ventimiglia) e nei Paesi Baschi con Martin Berasategui. Da Cannavacciuolo è arrivato capo partita nel 2003 ed è ripartito sous-chef nel 2012, partecipando alla conquista della seconda stella Michelin. Soprattutto ha familiarizzato con ingredienti e tecniche del sud, mandando a memoria il vademecum delle contaminazioni. Con lui una nidiata di talenti, che hanno rotto il guscio di location prestigiose: Pasquale Laera, Cristoforo Trapani, Federico Gallo, Andrea Napolitano. La sua, di occasione, è arrivata nel 2012 nella stessa Orta San Giulio, in quella Locanda con 9 camere, 7 tavoli e un bistrot stellata già nel 2015.
I Piatti
In carta resta qualche piatto firma, a evidenziare la sovrapposizione fra i due ristoranti: per esempio le capesante o il tuorlo d’uovo croccante, anche se qualche ingrediente, come il pesce di lago, balla. Così come prosegue lo scollinamento fra Liguria e Piemonte, due regioni tanto prossime quanto affini, anzi meglio complementari, la prima leggera e solare, la seconda concreta e austera. I menu degustazione sono due, di 5 e 7 portate (a sorpresa) al prezzo di 70 e 85 euro, contro la moda delle miniporzioni. La carta dei vini, su supporto digitale, è in progress; il suo ampliamento potrebbe essere affidato a Sara Orlando, che affianca Tesse alla Locanda, dopo esperienze da Bottura e dai Roux.
Si comincia con il Benvenuto del Carignano, assortimento di fritti sul modello napoletano, ma dalla composizione ligure. Quindi l’acciuga farcita di ricotta e maggiorana impanata, la pallina di baccalà mantecato alle patate, come si usa in riviera, la polpettina di fassona nella farina di mais. E ancora l’ostrica su foglia ostrica al caviale e la focaccina ligure. I grissini, mai così fini, sono stesi alla trafila da tajarin. Mentre due pani, ai semi di zucca e al grano Senatore Cappelli, accompagnano una scelta di oli e il burro di Normandia demi-sel. Chiude la crème brûlée di foie gras di anatra passata al cannello in sala.
Fra gli antipasti risaltano le capesante in foglia di verza, stile mondeghili, con mousseline di topinambur, chips di scorzonera e una leggera bagna cauda che è la chiave del piatto: i vegetali di solito serviti in pinzimonio sono variati nelle consistenze, nelle funzioni e nelle proporzioni, mentre il mollusco riprende l’ittico dell’acciuga e la leggerezza delle cotture devia in Liguria. Oppure il tuorlo croccante con crema di patate e spezzatino di astice, panato come un classico Villeroy, ma senza albume e da fresco, subito salsa sul piatto.
Fra i primi gli spaghettoni Felicetti con pepe di Sichuan, acciughe e Castelmagno ripercorrono le vie già tracciate; con l’alternativa della lasagnetta al radicchio tardivo, quartirolo lombardo e salsa al Vinsanto, stratificazione di amaro, acido e dolce in equilibrio verticale.
“A Torino ho tentato una provocazione, servendo l’astice con la finanziera classica, composta di creste di gallo, animelle, filoni e cervella al Marsala, più una salsa all’aceto di Barolo Bruno Giaccone, ridotto, stemperato nel brodo e legato al burro. Con un ricordo di cappon magro”. Ma c’è anche la squisita spalletta di vitello cotta nel Franciacorta con gli odori, che dal PH del vino ricava acidità e tenerezza. Un “diversamente brasato” in bianco, servito con pop corn di patate, purea di topinambur e la riduzione del fondo di cottura, che caramellandosi sviluppa un effetto gastrique.
Dopo la panaché di gelatina di birra e granita di gassosa, nella forma di un boccale spumeggiante, arriva un classico di Orta: il tiramisù con mascarpone al sifone e caffè in granita, sul crocevia del refresh siciliano alla panna. Ancora un codice condiviso per la variazione, nel senso della leggerezza e del piacere a fine pasto. Per friandises sopraggiungono infine macaron con crema di limone, meringhette al lampone, tartufini al cioccolato e panna cotta al Ratafià per un ricordo del lago.
Le fotografie dei piatti sono di Alessio Trolese
Indirizzo
Ristorante CarignanoVia Carlo Alberto 35 - 10123 Torino
Tel. + 39 011 51 70 171
Mail: info@grandhotelsitea.it
Il sito web del ristorante