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Terry Giacomello, il ritorno: lo chef continua a stupire al Nin di Brenzone

di:
Marco Colognese
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Piccoli capolavori gastronomici dall’impatto tanto rassicurante quanto spiazzante, ma sempre tali da lasciar l’ospite a bocca aperta: sono i nuovi piatti di Terry Giacomello, che al Nin non perde il “vizio” di stupire. In riva al Garda, la sua nuova apertura all’interno del Belfiore Park Hotel.

Ristorante Nin- il ritorno di Terry Giacomello

Il ristorante


Le aspettative sono pericolosissime: si nutrono di assunti, informazioni più o meno verificate, peggio ancora in alcuni casi sul famigerato sentito dire. Terry Giacomello è un cuoco che di aspettative ne generava, almeno fino a qualche giorno fa, a iosa. Poi, dopo un periodo di forzato oblio che ha visto passare anche quella pandemia di cui tutti avremmo fatto volentieri a meno, Terry ha finalmente coronato il sogno di un’apertura in riva al Garda. Nin, questo il nome del suo ristorante, volessimo definirne il senso il bimbo di un bambino che gioca, è all’interno di un accogliente albergo di Brenzone, il Belfiore Park Hotel.



La sede non sarà quella definitiva, perché il progetto in itinere è quello di staccare il luogo dal corpo dell’edificio, ma la questione saliente è che Giacomello è ripartito. E lo ha fatto in modo impeccabile. O forse, più che impeccabile, irresistibile per chi voglia affrontare uno degli spiriti gastronomici più felicemente liberi del panorama nazionale (e non solo).Mi sono innamorato della cucina a quattordici anni, sono figlio d’arte.” Il padre di Terry, prima di aprire con la moglie una locanda a Montereale Valcellina nel pordenonese, è stato un cuoco con una lunga esperienza in alberghi di lusso, ma ha anche passato due anni come cameriere al servizio della regina Elisabetta II. Lui ci prova a mettere in guardia il figlio dagli oneri di un mestiere faticoso, che lascia pochissimo tempo libero, ma non c’è verso, il giovane Terry vuole fare il cuoco.


Non voleva farmi cambiare idea, ma soltanto farmi vedere la realtà nella giusta prospettiva. Così alla fine sono andato a scuola a Longarone: restavo lì dal lunedì al sabato. Al quarto e quinto anno mi autofinanziavo con i soldi delle stagioni, appartamento e piccole spese, e se sbagliavo lo facevo di tasca mia.” Terry inizialmente segue lo zio, anche lui cuoco in alberghi importanti, fino a quando “a vent’anni ho detto basta, volevo andare in un ristorante e fare esperienza in giro”. Così lo si vede in diversi importanti contesti, tra i quali in Alto Adige da Norbert Niederkofler e con Corrado Fasolato al Met. E poi da Andoni Luis Aduriz al Mugaritz, da Renè Redzepi, da Alex Atala al D.O.M, da Marc Veyrat e ancora con Michel Bras. Se con Ferran Adrià a El Bulli di Cala Montjoi. Giacomello passa quattro anni e mezzo, a nutrire il suo spirito gastronomico sempre decisamente di stampo catalano, soprattutto per quell’insaziabile bisogno di libertà espressiva, di ricerca e di creazione, va detto che le sue esperienze le ha vissute e passate, creandosi un’identità unica.


Guai a copiare un piatto, perciò, “perché la cucina dev’essere tua, non devi essere figlio di Ferran, del Noma o di altri. La gente copia e così non va. Se copio non sono io”. E continua: “Trovo giusto che se la gente viene da me e paga una certa somma devo essere in grado di dar loro qualcosa che in giro non trova, qualcosa di originale che in casa non si può fare, che faccia divertire ed emozionare, anche perché tu ti metti in discussione e stai sempre imparando qualcosa. È troppo facile cullarsi in quello che già fai, così non imparerai mai. C’è chi va avanti anni facendo le stesse cose. Al cliente che torna quest’anno, cosa devo dare, i piatti dell’anno prima?” Qui arriva una questione importante, la tensione della creatività che è sì legata alla soddisfazione di chi siede a tavola, ma “è anche la mia, perché mi diverto, sono come un bambino che gioca, prova e riprova, si incazza e butta via fino a quando non trova quello che vuole. È che la creatività a volte è anche sofferenza, perché cercare qualcosa di nuovo non è assolutamente facile. Ci vuole tanto sacrificio, serve pazienza. E ogni piatto va rivisto in continuazione: esce com’è perché in quel momento è a posto, poi passa il tempo e ci ripensi, lo migliori e nascono cose nuove.


Allora com’è la cucina di Terry Giacomello, ovvero come potrebbe essere definita o collocata? Secondo lui stesso “è diversa, credo sia davvero originale. E penso che un mio piatto metta insieme correttamente tecnica e il gusto. Non ha senso lavorarci tanto se poi il gusto non c’è, se sono riuscito a fare un asino che vola ma poi non sa di niente.” Terry è un forager ante litteram, così come il concetto di spreco zero per lui è una missione, più che uno slogan: “Ho sempre fatto foraging, fin da piccolo, faccio ricerca nella natura.” E se parliamo di sostenibilità lui è uno che non butta davvero niente: “Lavoro sulla cartilagine del pollo, del pesce sto provando ad andare oltre alle squame fritte e a cucinare l’ultima pinna del tonno: stracuocendola e poi seccandola si gonfia e diventa croccante.”

Loto Volante



C’è una bella squadra, qui a Brenzone, a partire da Mirko Pacifico, braccio destro dello chef e con lui già all’Inkiostro a Parma, oltre a esperienze da Condividere e al Porticciolo del Belmond Cipriani a Venezia. Con loro ci sono degli ottimi giovani come Alessandro Amanti, Thomas Zugliani e Giacomo Mioranza. La sala è invece governata dal bravo Francesco Luchetti, mentre il sommelier, giovanissimo ma già in grado di escogitare abbinamenti non scontati, è Giovanni Boscaro. E un team affiatato fa la differenza, in un contesto nel quale si punta in alto. Perché i percorsi che ha confezionato Terry Giacomello sono piccoli capolavori di ingegneria creativa gastronomicamente molto significativi, ciascuno dei quali ha un impatto che può essere tanto rassicurante quanto spiazzante, ma di certo non lascia mai indifferenti. Al limite a bocca aperta.



I piatti


Dal Garda alle Ande con succo di limone solido, sciroppo di zucchero e Pisco peruviano aiuta a preparare le fauci. Myoga è un omaggio ad acidità e sapidità, con bocciolo di zenzero, spuma allo Shropshire e fagioli Azuki rossi fermentati. Omaggio al Friuli è un esempio di come una malattia del granturco possa diventare un elemento gustativo fondamentale in un piatto: cremoso di mais dolce, salsa di Huitlacoche e formaggio Morchia. I Capelli d’angelo ottenuti dal siero di Parmigiano Reggiano in brodo di funghi e alga Kelp sono un esempio di estrema finezza e di concentrazione di gusto. Loto volante è un bellissimo gioco che oltre a un’evidente valenza estetica regala freschezza e croccantezza: radice di loto all’agro, olandese al burro tostato, Mole verde e olio al tagete.

Capelli d'angelo



Loto Volante



Pasta “in bianco” è puro stile giacomelliano, con le trofie di tendine di pollo trasformate in pasta, salsa al burro e formaggio Lyo, proprio come il Pollo arrosto, un cucchiaio di bontà a base di cartilagine, cedro e spezie al BBQ. Di grande complessità e altrettanto clamorosamente gustoso, sicuramente uno dei piatti dell’anno per chi scrive, è Espardenya: cetriolo di mare, pil pil della sua pelle, Mentaiko e pasta di sakè.

Pasta in bianco



Pollo arrosto



Non si scende di tono con i notevoli Ravioli d’alga con pâté di carciofo, aceto di riso e pomodoro d’albero. Una via alternativa alla tradizione è l’Animella a modo mio, morbidissima e ricca di sapori ad accarezzarne la consistenza: laccata al setubal, con tucupi, coriandolo vietnamita e polvere satay. Alla stregua di un predessert e di fatto arriva immediatamente prima, è il Ricordo di mio zio, soffice di patata racchiuso in un dolce involucro sottilissimo e croccante e coperto da una concentrata gelatina di fondo di carne.

Raviolo d'alga



Gelato al caffè



Toast è un altro capolavoro dolce in miniatura a base di latte soffiato, gelatina di banana, polvere di liquirizia e ketchup di karkadé. Si termina in bellezza, perché il Limone dimenticato è un dessert déjà-vu: quel limone ammuffito che tutti dovrebbero assaggiare per capire l’estro e la capacità di trasformare il gioco in gola di uno come Terry Giacomello. Uno al quale quando chiedi chi sarà il suo erede ti risponde: “Spero nessuno, altrimenti farà solo danni”. E poi ride.

Corteccia


Indirizzo


Ristorante NIN

via Giuseppe Zanardelli, 5- 37010 Brenzone su Garda - VR - Italia

Tel: +39 045 7420179

www.ristorantenin.it

info@ristorantenin.it

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