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Jacopo Chieppa e il suo Equilibrio: a 30 anni trasforma un mulino in fine dining

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina jacopo chieppa

La cucina ligure è da tempo in fermento. Oggi a interpretarla c’è un altro giovane talento, l’imperiese Jacopo Chieppa, allievo di Mauro Colagreco che cucina negli spazi riadattati di un mulino dove il territorio dialoga con i lievitati.

La notizia

È nota la predilezione di Mauro Colagreco non solo per i prodotti, ma anche per i cuochi italiani, che affollano le sue brigate e che spesso, dopo il passaggio al Mirazur, intraprendono percorsi personali di grande soddisfazione. Se Davide Garavaglia guida ormai il distaccamento tailandese al Côte di Bangkok, un altro ragazzo si sta aprendo la strada a pochi chilometri da Menton, nella Liguria di Ponente. Si chiama Jacopo Chieppa e farà parlare di sé.


Dapprima, a fine 2019, è arrivato Kilo, locale informale sul lungomare di Imperia dedicato ai lievitati e alla pizza; poi il fine dining Equilibrio, inaugurato a giugno 2022 in un vecchio mulino suggestivamente riconvertito sulle acque del torrente Prino a Dolcedo. Con lui la moglie Melania, che segue la gestione e dà una mano la sera, oltre ad accudire le due bimbe. “Quando ho lasciato il Mirazur mi sono sentito risucchiato nel mondo dei lievitati, probabilmente avevo un po’ paura delle spese di un gourmet.


Volevo convincere il popolo della mia bravura, perché questa è una piazza difficile che devi conquistarti famiglia per famiglia. E Kilo mi ha sorpreso, è stato una sicurezza anche in pandemia, grazie ad asporti, panettoni e colombe. Avendo messo due soldini da parte, ho preferito tornare al fine dining anziché comprarmi una bella macchina. È riemersa la parte di me che lottava per l’eccellenza negli stellati”.


Come sei arrivato alla ristorazione?


Non ho frequentato l’alberghiero né altre scuole di cucina. La prima esperienza è stata al Degò di Londra, dove facevo il lavapiatti perché con Melania volevo imparare l’inglese. È passato anche Scabin in occasione di una cena dei 50 Best, ma a malapena sapevo chi fosse. Poi ci siamo spostati in Australia, ma la progressione è stata sempre più rapida, perché mi sono ossessionato. Ho fatto una stagione a Imperia, poi due all’Antica Corona Reale, dove ho iniziato a rubare i segreti della panificazione e del panettone. Avrei voluto iscrivermi ad Alma, ma si è aperta questa possibilità a Cervere e l’ho colta.


In seguito, mi sono fermato per 6 mesi alla Conchiglia di Arma di Taggia, quando aveva la stella. Ma io sentivo di dover sgommare come un motorino. Così, quando nel 2016 ho cenato per la prima volta al Mirazur, ho detto: non me ne vado, se non mi date la possibilità di lavorare con voi. E lo chef di allora, Antonio Buono, che ha appena conquistato la stella a Ventimiglia, ha risposto al mio ricatto giocoso che sarei entrato in servizio il 21 settembre. Mi colpiva la tensione, perché era il momento della lotta per la terza stella, la squadra era ottima ma in crescita e non troppo numerosa, come adesso. Ho iniziato come stagista, dopo tre mesi mi hanno assunto e ho fatto il capopartita un po’ ovunque. A un certo punto mi hanno offerto di diventare uno dei tre sous-chef, ho accettato ma poco dopo è nata la mia prima figlia.


Lavoravo 20 ore al giorno, non mi pesavano, anzi le adoravo, ma in quel momento ho sentito di dover vivere la mia paternità. Con Colagreco siamo rimasti in rapporti ottimi, è passato da Kilo e mi ha fatto gli auguri per Equilibrio. È un uomo di grande umanità. Ho anche seguito due pop-up al Kulm di St- Moritz, The K By Mauro Colagreco e The K by Tim Raue, dove ho colmato le mie lacune sulla cucina asiatica, ho preso la stella ed eccomi qua.


Come descriveresti la cucina di Equilibrio?


È una cucina di territorio, ancora in fase un po’ embrionale. La Liguria è la base per le mie contaminazioni e non manca mai qualche sfaccettatura sui lievitati, che definisco la mia parte madre. Non a caso mi trovo in un mulino del 1904, del quale all’acquisto ho investigato la storia, perché volevo che il menu scavasse nei luoghi.


Non c’è carta, ma due degustazione: Origini, tanto mie che del posto, ed Ego, con tanta ricerca e tanto gusto, rispettivamente a 65 e 75 euro. Per fare qualche esempio, servo il carciofo in cappuccino alla liquirizia con la brioche, il cardo gobbo impanato nel panko con bagna cauda alleggerita in uscita, lo spaghetto cotto in estrazione di topinambur al limone bruciato. Piatti semplici, con una coppia di ingredienti ben riconoscibili. Poi c’è la focaccia del contadino in condivisione, con il burro di Normandia montato all’extravergine ligure.


Sito web del ristorante Equilibrio

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