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Miglior salmone selvaggio irlandese: Sally Barnes conquista gli chef stellati

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina sally barnes salmone ok

Sally Ferns Barnes è la signora del salmone irlandese: l’ultima artigiana che tratti solo esemplari selvaggi, fondatrice di un centro studi dove divulga saperi e lotta contro l’estinzione. Controcorrente come i suoi amici d’argento.

La storia

Non è meno leggendario che conteso, il salmone affumicato di Sally Ferns Barnes. Perché la legge dei numeri è impietosa: se l’anno scorso i suoi amici Mikey Walsh e Eamon Uniacke avevano pescato dal fiume Blackwater 370 esemplari, quest’anno sono stati appena 225. Salmone atlantico selvaggio, ovviamente. L’unico che lei e solo lei utilizzi per produzioni che non hanno praticamente concorrenti sul mercato.

Crediti Kate Ryan
Sally non ha imparato da mamma e papà. Suo marito era pescatore e di ogni cattura quel che non consumavano insieme ai due figli, veniva conservato per essere venduto o barattato con patate o altro dai vicini. È stato così, affumicando sgombri sopra una cassetta da tè con trucioli di legno e un sacco umido, che tutto è cominciato nel 1979. Poi accadde che il compratore di un salmone non pagò il pesce, ma in seconda battuta per sdebitarsi passò un fornelletto per affumicare a freddo. E da lì, sull’onda dei debiti, è iniziata l’avventura.

Crediti Kate Ryan
I profitti della trasformazione non erano indifferenti, ma il procedimento restava laborioso: era necessario sfilettare il pesce, poi marinarlo nel sale, infine affumicarlo col faggio in modo che il fumo non cuocesse la polpa, ma scorrendo attraverso un tubo, senza trasmissione di calore, la disidratasse e aromatizzasse delicatamente. In questo modo il salmone sarebbe durato a lungo, diventando un cibo rifugio altamente nutriente nei periodi non rari di turbolenze meteorologiche, quando il fresco mancava.


Negli anni il prodotto, che non è mai cambiato, è stato pian piano attenzionato dagli addetti ai lavori, vincendo premi e attirando le pubbliche lodi degli chef. Ne apprezzano la testura burrosa, gli aromi più floreali che ittici, le delicate sfumature corallo con venature appena visibili, raccomandandone il consumo con pane di soda nero imburrato e tè. Ora tuttavia è in pericolo, esattamente come il suo ingrediente, decimato dall’overfishing in mare, ora proibito in Irlanda, dall’inquinamento dei fiumi e dalla distruzione dei greti, fondamentali per la riproduzione. Per un po’ Sally si è approvvigionata in Scozia, paese di cui è originaria e dove i fiumi sarebbero più puliti; poi la pescheria ha chiuso, ma nel frattempo la tutela dell’ambiente in Irlanda aveva fatto progressi. Così ha trovato Mikey e Eamon, che oggi le destinano per intero la loro quota a partire da metà maggio, quando si apre la stagione della pesca.


“Provo un sentimento di reverenza e tratto queste belle creature con il più grande rispetto quando sono sotto le mie mani”, racconta. “Mentre le massaggio con il sale marino le osservo e penso: hai compiuto un lungo viaggio, ma spero di renderti giustizia, visto che hai dato la tua vita per la mia”. In passato Sally racconta di avere dovuto lavorare anche pesci di allevamento per problemi economici. “Ma il risultato non era buono. Il contenuto di grassi è troppo alto ed è un’altra cosa rispetto al pesce selvaggio, pompato com’è di chimica e tenuto in gabbia. E hanno il coraggio di chiamarlo sostenibile”. Certo non è facile trattare un prodotto che può esserci e non esserci, cosicché è impossibile chiudere grossi contratti e fare impesa.

Crediti Kate Ryan
Nel 2020, tuttavia, l’attività si è sdoppiata con la fondazione di Keep, centro studi sui pesci selvaggi, aperto a tutti, dove Sally intende trasmettere le sue conoscenze e perorare la causa della sostenibilità contro i pericoli dell’over-fishing e dell’inquinamento. Al punto che dice di sentirsi un po’ come i suoi salmoni, una che nuota contro le correnti avverse.

Fonte: bbc.com

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Ritratto in copertina: Crediti Paul Sherwood

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