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Braci By Barù, la gioia della griglia a Milano

di:
Barbara Giglioli
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copertina braci by baru

Il temporary restaurant di Barù, alias Gherardo Gaetani dell’Aquila d’Aragona, è uno dei pop up più attesi dell’estate milanese. Rimarrà aperto fino al 31 luglio alla Canottieri San Cristoforo. Dietro il barbecue c’è lui, personaggio televisivo innamorato della cucina che scommette su un format diverso.

Bracy By Barù

Un vicoletto stretto, di quelli che invogliano ad attraversarlo. Sulla sinistra, impilate, le canoe stanche dei canottieri, messe alla prova tutto il giorno dalla pesante acqua del Naviglio. Qualcuno sta tornando proprio in quel momento, arrossato in viso, un po’ per il sole, un po’ per la fatica.


Si sente una musica venire dal fondo del sentiero. L’aria è tiepida, colma dei profumi dell’estate, uno su tutti, quello della griglia che si percepisce in sottofondo. Crepitio per l’orecchio, estasi per l’olfatto. Ad armeggiare dietro al fuoco vivo c’è Barù, alias Gherardo Gaetani dell’Aquila d’Aragona, che dal 10 maggio ha inaugurato alla Canottieri San Cristoforo -in collaborazione con mare culturale urbano- il suo temporary restaurant (aperto fino al 31 luglio) Braci by Barù.


Lui sta lì dietro alla griglia- bandana in testa e grembiule cerato verde- mentre sopra sfrigola qualche godurioso taglio di carne. “Il barbecue non è solo un metodo di cottura”, spiega Barù. “È un rituale con il fuoco come elemento catartico. E come tale c’è bisogno di un gran cerimoniere”. Una cerimonia appunto, dove al centro c’è il fuoco. E poi il crepitare della brace, il fumo che sale, avvolge, scolpisce profumi penetrando in fibre e grasso. Sì, perché il fuoco trasforma: da carne cruda a carne al sangue. Cambio di stato (d’animo), gioia infinita.


La storia


La carne, una sua passione da sempre. Ma se glielo si chiede risponde: “Non ho passioni nella vita, mi piace fare tante cose”, e quella per la carne e il barbecue è una di queste. Sì, perché lui con la griglia ci è cresciuto. La mia era ed è tutt’ora una famiglia di carnivori, si mangiavano bestie intere. Hai presente quelle case vecchie di campagna che hanno sempre un caminetto, una cucina economica? Ecco. Avevamo uno staff che cucinava, ma tutto era diretto dalla mia bisnonna, una donna molto gourmet, e anche da mia nonna. Tutte le ricette venivano da loro”.



Sulla tavola, quindi, c’era sempre selvaggina di tutti i tipi: fagiani, faraone, cinghiali, delle vere e proprie vassoiate alla Dalì. “Erano bei tempi quelli, ora mi tocca fare il grigliatore”, sorride. Sono stato abituato bene, quando cresci in cucina acquisisci senza dubbio qualcosa, qualcosa di importante”. E per “qualcosa di importante” non si intende solo la tecnica, ma anche quella luce che c’è nei suoi occhi ogni volta che lo si vede dietro alla griglia. Fumo che infastidisce? Ricordo? Sicuramente il gesto di chi sta facendo esattamente quello che gli va di fare. Con passione.


Il ristorante pop up e i piatti


Un’idea nata l’autunno scorso dal programma omonimo che conduceva Barù e diventato subito proposta concreta: fare un pop up a Milano. Senza il fuoco vivo non cucinerei mai”, racconta. “Prendi la carne buona e poi zac zac, è pronta, basta aggiungere un po’ di olio buono. Sono un cuoco da campo, io”.


La materia prima è di altissima qualità. Si va dalla grigliata mista di maiale (grigi maremmani) composta da scamerita (coppa), pancetta e salsiccia, a tutta la gamma di carne di manzo fornito da Pascol, come per esempio gli hamburger, le tagliate, le scaloppine, l’asado, mentre i prodotti di lusso come la costata fiorentina -sia di Ruba Gallega che Maremmana- arrivano da Carni Nobili. Imperdibili poi i suoi scottadito di agnello con chimmichurri maremmano, nati durante la registrazione di un programma con Alessandro Borghese. “Stavo facendo una salsina con menta, senape, miele, limone, sale e pepe e mi dissero che dovevo dargli un nome. Mi è venuto in mente subito ‘chimmichurri maremmano’, anche se non c’entra moltissimo. Però mi piaceva quel nome, perché ho lavorato in Patagonia e in Argentina, quindi mi sono sentito di poterla chiamare così”.



Da vero toscano che si rispetti, poi, non possono mancare anche il Lampredotto in cocotte e la Rosticciata, ottenuta con tutti gli scarti di carne, lasciati cuocere per ore in pentola. “Io sono un amante dell’avanzo”, e lo dice mentre toglie dal fuoco una meravigliosa pancia di maiale; un altro avanzo, per l’appunto. Un po’ di sale e pepe sopra ed è meravigliosamente pronta.


In carta da Braci by Barù, al di là della carne, ci sono anche piatti di pasta- cacio e pepe, alla Nerano e paccheri al pomodoro- la parmigiana di melanzane, baba ganoush, falafel e la pappa al pomodoro. C’è quindi posto anche per i vegetariani, nel regno della griglia. “Ora ho preso un barbecue smoker che è un buon compromesso per far le verdure: è a pallet, è molto figo perché dà lo stesso fumo della griglia. Poi come ultimo passaggio le si mette velocemente sulla griglia per dare una bella caramellatura finale e sono pronte”.


La brace perfetta


Ma come si fa quella perfetta? Tanta brace, a calori estremi, il più caldo possibile. Un consiglio è prendere una pentola di ferro, conducono il calore veramente bene. La cosa più importante, se state per fare per esempio una costata, è non prenderla mai direttamente dal frigorifero. Deve stare a temperatura ambiente, altrimenti non si cuoce bene. Poi la cottura perfetta la si ottiene con il termometro, che io ho sempre con me, vedi? Da ragazzino non lo usavo perché mi sentivo figo. Ora lo utilizzo sempre: quando raggiungo i 38 gradi la carne è pronta. Al sangue, perfetta”.


Barù e la passione per la vigna


Ora lo si pensa dietro alla griglia, intento ad armeggiare con qualche succulento taglio di carne, ma in una vita precedente Barù aveva come luogo d’elezione la vigna. “Sì, facevo il vino. Non sono enologo, ho studiato storia, ma ho lavorato per 11 anni in cantina tra Australia, Argentina, Italia. Appena finita l’università sono partito e facevo una vendemmia nell’emisfero sud e una nell’emisfero nord. Penso che sia importantissimo acquisire esperienza sul campo, devi conoscere le tue vigne, la tua terra”. E lo dice mentre versa un meraviglioso prosecco rifermentato in bottiglia, uno dei suoi frizzanti preferiti. Lui grande appassionato di Pinot nero -«il re dei vini», di Nerello Mascalese, Riesling e di quel Trebbiano macerato che fanno in Abruzzo o in Toscana.


“Ora son qui, faccio un po’ di cose e poi a 60 anni apro una cantina sostenibile, con animali, lontano da tutto. Questo è il piano: vado a morire in una vigna sull’oceano, accanto a un’onda. Magari in Tasmania”. Un uomo che abbraccia il mondo delle cose buone per intero. Cuoco, esperto gourmet, grigliatore, appassionato di vino. Ma se ti dovessi definire? “Non ci provo neanche, fallo te per me. Non sono bravo ad auto-definirmi. Forse sono semplicemente un Buongustaio”.


E dietro a quel “buongustaio” c’è molto di più: un uomo che partendo dal ricordo di quella lasagna ai frutti di mare colma di besciamella che mangiava da bambino nel ristorante di Fulvio Pierangelini si è appassionato alla cucina, quella goduriosa e generosa della bisnonna e della nonna. Un meraviglioso lascito. Ricordo, gestualità, emozione. Da lì tutto è partito, forse senza che nemmeno se ne rendesse conto. Una passione viscerale per il cibo, il vino, la “vita buona” a tutto tondo.

Indirizzo


Braci By Barù

Alzaia Naviglio Grande, 122, 20144 Milano MI

Tel: 02 2107 9163

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