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Il ristorante che ha ottenuto 1 stella Michelin dopo soli 5 mesi di apertura: l’Aria nuova di Paolo Barrale a Napoli

di:
Alessandra Meldolesi
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Copertina Aria Paolo Barrale 2021

Con Aria, Paolo Barrale porta nel centro di Napoli la sua proposta “tradizional-contemporanea”. Una grande occasione per lui e per la città, già protagonista di un bel rinascimento gastronomico.

Aria Restaurant

Il ristorante


È stata una carriera in sordina, quella di Paolo Barrale, cuoco tanto solido quanto appassionato, che conta fra i migliori interpreti del meridione, per lungo tempo periferico rispetto ai luoghi e ai giri che contano. Oggi si affaccia su una piazza importante, quella di Napoli, ed è una grande occasione per lui e per la città, già protagonista di un bel rinascimento gastronomico.


La cucina che propone da Aria, inaugurato nel mese di giugno, è in linea con le aspettative di chi è passato al Marennà, ristorante stellato dei Feudi di San Gregorio, dove ha officiato per ben 14 anni. Brilla per tecnica, pulizia, centratura e leggerezza di gusti e testure. Esatti come è lecito aspettarsi da un allievo di Heinz Beck.Da lui sono arrivato come un ragazzo di campagna, ma non era ancora il tempio odierno”, ricorda oggi Barrale.


Risotto alal zucca



La cucina era un ricettacolo di giovani, sembrava una barzelletta con il tedesco, lo svizzero, il francese. Praticamente neppure un italiano. Poi pian piano Heinz si è fatto conquistare dai ragazzi che passavano, chi col pomodoro, chi coll’origano, e si è emancipato dallo Sturm und Drang. Dalla scuola francese con i suoi fondi ristretti, le grassezze e le acidità spinte, si è spostato verso gusti più mediterranei. Personalmente ho familiarizzato con materie prime che non avrei potuto conoscere altrove; anche con determinate tecnologie, che continuo a utilizzare per esaltare l’ingrediente nella sua essenza. Qui dietro ho il sonicatore, il distillatore a freddo, il Rotovapor, gli ultrasuoni”…

Ricotta e pere



Paolo però non è campano, ma siciliano, per la precisione di Palermo. Aria di Due Sicilie, insomma. “Sono uno che si lascia pervadere: la nostra isola è stata terra di conquiste, quindi sappiamo essere camaleontici. Mio padre poi faceva il parrucchiere sulle navi da crociera, quindi il viaggio era la norma. E qui ho ritrovato le stesse atmosfere, lo spirito di accoglienza, il legame con gli ingredienti, il pomodoro nelle vene. Dopo il successo dei locali fusion di Portici e Napoli, la proprietà formata da quattro ragazzi, i fratelli Mario ed Eduardo Fernandes, Francesco De Vita e Francesco Morante, voleva realizzare il ristorante della maggiore età, una sorta di salotto cittadino. Io da parte mia cercavo proprio Napoli, con la sua clientela importante e internazionale. Perché la periferia ha i suoi vantaggi, ma mancano il confronto e gli stimoli per migliorare”.


Rombo



L’allestimento, rallentato dall’emergenza sanitaria, ha assunto le sembianze lineari e minimal di due ambienti raccolti, più una saletta privata, per un massimo di 40 coperti. Ma a dicembre dovrebbe aprire anche il club con proposta di cocktail, degustazione di snack dolci e salati, indipendente ma contiguo. Praticamente uno speakeasy.


I piatti


I menu, oltre alla carta, sono due: Aria di casa, con le sue 5 corse ispirate a ingredienti e tipicità locali, e Boccata d’aria, che incarna l’anima dello chef viaggiatore. La carta dei vini a firma di Serena De Vita conta circa trecento referenze, che condividono l’ispirazione tradizionale-contemporanea della cucina, sotto il segno della sostenibilità, dell’artigianalità, della piacevolezza. Ma durante il percorso non mancano i cocktail, per cambiare ritmo di beva e densità di assaggio.


Risotto alla zucca



Il carosello degli appetizer diverte: ci sono la scarola imbottita in miniatura, con i germogli crudi sotto forma di piccolo bouquet, dentro un battuto di capperi, pinoli e uva passa, fuori una maionese di soia con pesto di olive nere al posto dell’acciuga; la ‘mpepata di cozze con i mitili appena aperti battuti al coltello insieme al limone salato, l’acqua montata con la gelatina, l’infusione di pepe nero e la grattata finale di Sichuan; la melanzana in scapece di polpa infornata e condita, glassata con il succo delle bucce alla menta; la pizza fritta di battuto di pomodoro del piennolo con cicoli napoletani, spuma di ricotta ed airbag a forma di battilocchio.


Nel cestino del pane, approfondito durante il fermo, un 50 e 50, nord/sud da semintegrale di grano tenero e semola di grano duro al licoli di lievito madre, il giocoso tarallo a forma di maialino con farina di mandorle e pepe, i grissini al burro e lattuga di mare.

Pane



Nel degustazione Aria di casa presto entrerà una pizzaiola con pomodori del piennolo e gelato di aglio dolce, dove la carne, cotta poché nell’olio, è quasi un dettaglio. Saranno infatti sempre più protagonisti i vegetali, alcuni dei quali provengono direttamente dall’azienda agricola della casa.

Baccalà alla vesuviana



Al momento c’è il baccalà alla vesuviana (di cui Somma è capitale), servito appena intiepidito, traslucido a 40 °C, con il pangrattato per la tessitura, una maionese di pelli di baccalà e olive nere, il pomodoro San Marzano, le olive nere di Gaeta, capperi ed erbe aromatiche. Un piatto ecumenico, perfezionato sotto il profilo tecnico e gustativo.

Paccheri con friarielli e salsiccia



Più fantasiosi, ma altrettanto veraci i paccheri con friarielli e salsiccia, ma di seppia. Viene ottenuta dal corpo cubettato per i lardelli e dai tentacoli in pasta a legare, insaccata in un budello, cotta al vapore e rosolata. Mentre la pasta è mantecata in un fondo di ritagli con zenzero, limone e riduzione di vino bianco; i friarielli sono in crema al rafano, per spingere il piccante e la pulizia, in polvere degli scarti e in cimette.


Sono poi quasi un monoingrediente gli agnolotti bufala bufala bufala, farciti con ricotta e Grana di bufala Sovrano, conditi con il latticello per l’acidità e una nuvola di latte tipo cappuccino.

Agnolotti bufala bufala bufala



Il ragù è la scusa per servire una classica guancia di manzo brasata alla piemontese con il vino, dove i ritagli e gli odori con il fondo forniscono un mantecato, le erbe aromatiche sono rivestite da una sfoglia di pomodoro al glucosio e da una spolverata di pecorino per un ricordo di braciola napoletana. Quale side dish la purea di sedano rapa spolverizzata di pangrattato, a riprendere ancora la braciola; in finitura un paio di finti ziti di patata per citare il detto napoletano che meglio si confà a questi tempi complicati: “a carn’ a sott’ e i maccarun’ a copp’”.

Maialino




L’aria cambia nel secondo degustazione, disancorato verso il mondo. Vedi la Gilda a Palermo, piatto ispirato alla classica tapa di peperoncino sottaceto, alice del Cantabrico e oliva, rivisitata da Disfrutar. Quindi lo sgombro marinato all’orientale con soia e aceto, la classica insalata siciliana di finocchi, cipollotto e arancia, per l’acidità una “vinaigrette” sempre all’arancia e le finte olive di Disfrutar al burro di cacao tali e quali, come un objet trouvé. Nel bicchiere un cocktail Bamboo a base di vermouth dry.

Gilda a Palermo




Il filone “miseria e nobiltà”, che aveva ispirato ’O pere e ‘o musso con panna acida e caviale, attinge oggi un altro feticcio, l’ostrica leggermente affumicata e servita con beurre blanc della sua acqua, ridotta alla cipolla ramata di Montoro, lime e pane, per una stratificazione di tonalità acri e metalliche. E qui si beve l’ottimo trebbiano spoletino Collecapretta “Vigna Vecchia” 2019.

Miseria e nobiltà



Miseria e nobiltà



Il ramen è invece bagnato da un brodo vegetale ottenuto dai funghi completi di terra e torba, essiccati per una maggiore concentrazione, mediante infusione e criofiltrazione; più i tagliolini piemontesi impastati al Parmigiano per l’ulteriore umami, la bietolina e i cardoncelli terragni, il finto kamaboko di ricotta colorato alla rapa rossa.

Ramen




Il predessert è un teschio che cita il cimitero di Fontanelle o una passeggiata per Spaccanapoli; più che un divertissement sulla cucina concettuale, parla della confidenza della città con il ciclo della vita, riprendendo il filo del folklore passato per il rosone del Monastero di Santa Rita, evocato nel piattino dell’olio, e le sete di San Leucio del porta-grissini. Fuori mousse di mango, dentro gelatina di frutto della passione.

Pre-dessert



Per dessert la Piña colada con perle di tapioca al caffè, spuma di latte di cocco al rhum, sorbetto di ananas e lime, tegola croccante al caffè, completata dal side plate della tartelletta di crema di latte di cocco al caffè con ragù di ananas e lime; oppure il Caprino con fichi e miele millefiori prodotto dall’azienda agricola a Portici, zenzero e crumble di noci di Sorrento caramellate alla cantonese per un crunch perfetto; a fianco la brioche impastata con polvere di foglie di fico, frolla alle noci, marmellata di fichi e agrumi. Chiude il limoncello del bartender Mirko Maurello, ottenuto da foglie e scorze per un’esplosione di profumo e chiarificato al latte per la morbidezza.

Piña colada con perle di tapioca al caffè




Indirizzo


Aria Restaurant

Indirizzo: Via Loggia dei Pisani, 2 – 80133- Napoli

Tel. 0818430195

www.ariarestaurant.it

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