La storia
Una sala senza cucina non ha motivo di esistere. Una cucina senza sala ne ha più di uno invece, soprattutto in questo momento storico. L’esplosione del cibo d’asporto e delle piattaforme web ha dato linfa vitale al fenomeno delle ghost kitchen, nelle sfumature anche dark e cloud. Cucine fantasma che vivono senza sala, tra delivery e take away, cartoni e packaging biodegradabili.
In Italia ne aprono di continuo ma solo alcune emergono e si mantengono nel tempo. Loro denominatore comune è l’identità e l’ingegno. Tra queste è doveroso menzionare Tummy’s Kitchen, che nasce a Roma in pieno lockdown.
Il fondatore, Mirko Maria Storelli, è un imprenditore a stretto contatto con i numeri, amante del buon cibo, vero e verace. Laurea in economia aziendale e una carriera in ascesa da Ernst&Young, nella revisione contabile; poi al settore delle Fusioni e Acquisizioni (M&A) in KPMG ed infine in Banzai, al tempo proprietario anche di Giallo Zafferano, dove assume il ruolo di Business&Financial Controller. Qui scoppia l’amore per il phygital, geniale connubio tra web e food. Un passaggio in Pwc e poi, dopo 3 anni, a fine 2019, apre la sua ghost kitchen.

Un progetto pensato e ideato con testa e pancia. Non casuale è infatti la scelta del nome che ha duplice valenza: Tummy in inglese significa pancino, dunque evoca gola e gioco, semplicità e godimento; Tummy ha assonanza con Tommy, soprannome di Tommaso, colui che idealmente sta dietro i fornelli, a cucinare il menù del ristorante senza sala ma non senza anima e manodopera.

E in cosa consiste il menù è cosa giusta da conoscere. Come anticipato dal nome, si mangia la semplicità. Una semplicità non banale, che esula dal cartone della pizza e dalla maggior parte dei generi gastronomici contemplabili a domicilio, pur rimanendo sempre all’interno del circuito dell’on-the-go.

Tre i format ora attivi Porcapuccia, Niocco e Color Pokè & Salad e altri due in fase di ultimazione.
I prodotti
La scelta della puccia è legata a molteplici ragioni: alle origini pugliesi di Mirko e, soprattutto, alla sua estrema versatilità e originalità in un panorama digitale fatto di bun, rosette e ciabatte.

Lievitate 48 ore, le pucce, arrivano direttamente dal Salento e si fanno porche a Roma, in cucina, quando vengono condite con ingredienti cucinati in modo tradizionale e rispettoso. Il polpo viene fritto e abbinato a crema di fave, cime di rapa, pomodori secchi e semi di papavero nella Puccia Molesta, molesta come i tentacoli del mollusco.

Restando in ambito marino, i gamberi grigliati diventano i protagonisti della No Vabbè assieme a prosciutto croccante, stracciatella di Andria, maionese alla paprika e insalata riccia.

Non manca la carne, pugliese anche lei, nella Matò con bombette tradizionali di Martina Franca, cime di rapa, maionese alla paprika e melanzane a filetto. Disponibili anche proposte all veg.

Il secondo format nato di recente, soprattutto per soddisfare le richieste del pranzo, è Niocco. Anche qui il nome è anteprima del suo protagonista, lo gnocco. Quest’ultimo, raramente appare nei menù dei delivery, pur avendo una caratteristica che calza a pennello con gli stessi: a differenza della pasta, non scuoce.

Preparato artigianalmente, in dimensioni importanti è consistente al morso, evocando sin dal primo assaggio memorie d’infanzia. I condimenti sono aggressivi ma accoglienti: cacio e pepe con prosciutto croccante, alla ‘nduja con crema di fave fresche, zucchine croccanti, menta e scaglie di caciocavallo o ancora al sugo di polpo. Inoltre, sono volutamente lasciati più lenti in modo da raggiungere la giusta consistenza al momento della consegna.


La singola porzione è abbondante, 180 grammi di solo carboidrato, a cui va aggiunto il condimento. Si possono scegliere classici o piccanti, rossi per l’aggiunta della ‘nduja calabrese nell’impasto.

Il terzo, ma non per importanza, Color Pokè & Salad, è ideale in questa calda stagione e offre pokè ed insalate fresche. In linea con i format precedenti le creazioni proposte vanno oltre il classico: non solo tonno e salmone condiscono il riso del celebre piatto hawaiano ma anche polpo lesso, gamberi e pollo fanno la loro bella figura. Tre per ora i format, ma le idee sono in divenire e molte, presto, troveranno concretizzazione.


Alla base di tutto c’è la standardizzazione del prodotto, da consumarsi rigorosamente entro i 15-20 minuti dalla preparazione. Delivery resistant, si può definire, e a confermarlo sono i vari stress test a cui il personale di Tummy’s sottopone ogni ordine, simulando anche il percorso del rider. Non casuali neppure i packaging, compostabili, con impatto zero sull’ambiente e massima preservazione del gusto.

Per gli gnocchi viene usata una cup con coperchio trasparente, mentre le pucce sono consegnate in un doppio packaging: un sacchetto antigrasso che, a sua volta, è posto all’interno di una burger box che si chiude a conchiglia.
Ghost kitchen e ristoranti sono due mondi diversi con alcuni punti di contatto, rilevanti e da non sottovalutare. Il non avere una sala non implica complicazioni e organizzazione: ci sono turni da coprire, preparazioni da svolgere e fornitori da gestire. Non ci sono camerieri fisici ma virtuali che mandano la comanda in cucina.

Tummy’s Kitchen racconta e porta nelle case di Roma comfort food, studiato per essere trasportato, unico e identitario del suo creatore, Mirko. Passa per la pancia ma arriva al cuore, senza danneggiare la salute, ma anzi preservandola.