Pieds dans l’eau del Lago di Garda, due giovani promesse del panorama gastronomico contemporaneo animano un ristorantino che farà parlare di sé: sono Roberto Stefani e Annalisa Borella, cooptati dal patron Arnaldo Damiani, grande cultore di vino francese.
Il ristorante
Talento, passione, tanta voglia di far bene. L’alta cucina è un piccolo mondo, per quanto agitato da forti turbolenze, e i fili lasciati pendere qua e là per le ragioni più varie, prima o poi si riannodano nel disegno composto di un arazzo. Succede non senza epos da Tancredi, ristorantino a Sirmione, pieds dans l’eau del Garda bresciano, dove il patron Arnaldo Damiani, dopo gestioni più tranquille, ha voluto alzare la mira col consenso dei soci, chiamando a sé due talenti del territorio.Innanzitutto, Roberto Stefani, chef sulla soglia dei 40 anni dal curriculum ingombrante. Nato a Barghe, in Valle Sabbia, dopo l’alberghiero è presto incappato nel suo maestro, Antonio Guida, trascorrendo cinque anni al Pellicano. “Sono entrato come commis entremétier, ma il mio capopartita è andato via all’improvviso, così fin dal primo anno sono stato promosso e sono puntualmente tornato, una stagione dopo l’altra, ricoprendo anche il ruolo di saucier. Volendo provare dell’altro, ho compiuto un paio di esperienze in Inghilterra, da Gordon Ramsay e al George, poi sono rientrato al Pellicano nel 2008, anno della seconda stella. Antonio però, che ritengo un grande professionista e perfezionista, continuava a stuzzicarmi, voleva che tutti noi crescessimo e ci aggiornassimo. Così sono partito per l’Albereta, nell’ultimo anno della doppia stella con Fabrizio Molteni; e poi ho ricoperto per la prima volta il ruolo di chef in un 5 stelle sul lago, Palazzo Arzaga Golf Club, per 2 anni”.
Con Guida, però, era solo un arrivederci: ecco Stefani partecipare all’avviamento del ristorante italiano presso il Mandarin di Bodrum e poi fare da spalla, insieme all’ottimo Matteo Lorenzini, all’apertura del Seta di Milano in un autentico dream team. “Ho lasciato alla nascita del mio primo figlio, perché non riuscivo a conciliare gli impegni di lavoro con la famiglia a Desenzano”. Dopo un passaggio alla Lepre, eccolo nel febbraio 2019 rivoluzionare il Tancredi, celebre in zona per grigliate, branzini al sale e acqua pazza. Poi la pandemia si è messa di traverso, senza che il tempo andasse perduto, visto il restyling completo del locale.
“Il nostro è un doppio pubblico: italiano e straniero”, dice. “Come cuoco miro a concentrare il sapore nel minimalismo. E amo le salse, mentre tanti giovani piuttosto fermentano. Perché quella bresciana è da sempre una tavola opulenta, con tanto burro. La tecnologia e la tecnica in questo senso possono aiutare, ma più che altro serve andare all’essenza, anche con una semplice padella. Come Antonio, sono uno che nappa, burro, pepe in mignonnette, aglio e timo. Poi ci sono gli ultrasuoni, che ho conosciuto da Daniel Facen, lo ionizzatore o i semplici sali bilanciati. Serve concretezza per eliminare il superfluo, secondo la lezione marchesiana”.
“Prima di correre bisogna sempre imparare a camminare. La nostra cucina è stufa, fuoco, polenta nel paiolo sopra il fuoco vivo, cotture al sale o nella cenere, che portano alla concentrazione nel rispetto della materia. Poi l’acidità e i contorni fanno il resto: è questo che voglio trasmettere ai miei ragazzi”. Il concept del locale resta il pesce di mare abbinato a grandi vini, ma il territorio non latita. “Usiamo il tartufo della Valtenesi, lo zafferano di Pozzolengo, l’olio del frantoio Montecroce, il formaggio Fatulì della Val Camonica, il Bagoss, che è il mio feticcio, i limoni del Garda e i capperi di Gargnano. Stiamo cercando un’azienda agricola per le verdure locali, penso ai radicchietti, all’ortica, a ingredienti come i capulì, i germogli del radicchio rosso, che da soli o quasi fanno il piatto. E anche sul pesce ci fermiamo al Mediterraneo, cercando di schivare cliché come polpo e capesante”.
Poi c’è Annalisa Borella, una delle migliori pastry chef italiane, qui in veste di super consulente. Nata a Brescia, ha conosciuto Roberto al Marchesino, dopo l’Albereta; poi uno stage al Celler de Can Roca, quattro anni a Villa Feltrinelli e il magico 2019 al Mirazur. Attualmente è alle prese con l’apertura dell’Antica Dimora Desenzano, casa storica con 5 suite, nella cui sala da tè, l’Atelier, servirà colazioni, brunch e merende gourmet, in un primo momento solo agli ospiti, poi anche agli esterni. Ma due volte a settimana e quando serve non manca mai al Tancredi. “Quello che mi piace di Roberto”, dice, “è che è molto vasto e articolato, nella sua cucina trovo spesso riferimenti al passaggio da Guida, con un rovescio un po’ asiatico, per quando delicato. Riuscire a modellare un dessert su un percorso è per me uno stimolo continuo”.
I piatti
Il menu degustazione da 6 portate più benvenuto, predessert e friandises (75 euro) mette in sequenza piatti di impianto solidamente classico, sapienti e corroborati dalla giusta freschezza, più importanti di quel che il luogo, pur elegante, lascerebbe presagire. Inizia con un burro montato di Bressanone, accompagnato da grissini alla canapa e due pani (mentre in cucina è giallo Normandia). In accompagnamento la carta dei vini assemblata da Arnaldo Damiani ne ha per tutti i gusti: blasoni di Francia ma anche tanto territorio, proposti rispettivamente ai clienti di qui e di altrove, con i naturali segnalati in verde.Superclassico l’avvio: un king crab con purè di patata viola per la dolcezza e salsa schiumosa allo Champagne Delamotte. Dove il granchio è cotto al vapore e rinfrescato da zeste di limone del lago, la patata viola è nascosta, lo Champagne sprigiona la sua elegante acidità bilanciata dalla sapidità affumicata di una punta di caviale di aringa.
Poi il duetto di triglia e scampo: il pesce, delicatissimo, viene farcito con le sue parature e ricomposto tipo mousseline, poi avvolto nella bieta con costa e guarnito con un velo di arancia; il crostaceo fritto nella pasta kataifi per una testura crunch complementare; protagoniste le salse, una purea marchesiana di peperone e una salsa “civet” con base ostrica, cipollotto e vino rosso, complessa e profonda.
Memorabili i primi piatti, specialità di Stefani, che ha trascorso un anno in partita da Marchesi. Quindi il risotto bicolore schizzato all’astice e limone del Garda, in parte colorato con crema di basilico, dove l’agrume è infusionato nell’olio, la cottura è classica con coulis di teste di crostacei, burro acido ed extravergine, la separazione vivacizza l’impiattato e la degustazione, schivando la tipica assuefazione.
Non da meno il fusillone di Gragnano con ragù di piccione confit, crema di topinambur, fondo delle ossa tagliato al fondo di manzo e pollo e un goccio di aceto di Xérèz, purea di mele gialle con il loro liquore. Piatto sontuoso e di gran classe, bilanciato dalla vivificante freschezza. A sparigliare gli stili arriva quindi il dotto cotto nel burro con vaudovan e masala, per un ricordo di Pellicano, e salsa al curry, tripudio di spezie sulla grassezza delle polpe.
Piatti ricchi e classici, cui segue una pasticceria elegante, leggerissima e delicata, che privilegia frutta e verdura. Vedi il predessert con gelatina al cetriolo, spuma di yogurt greco, ghiacciato al cetriolo e granita alla mela e menta su pestato di zucchero di canna e menta per il crunch. “Lo abbiamo chiamato ‘tzatziki dolce, con un rhum diventa quasi un cocktail”, spiega Annalisa.
Lampone e pesca è un binomio stagionale del Mirazur, rivisto con composta di pesche, gelato alla verbena e granita di infuso di erbe e aromi, più la spuma alla pesca. Dove ritorna la sinergia fra temperature super fredde e grassezza.
Prima della piccola arriva l’obulato, cialda dolce con erbe e fiori appena raccolti nel giardino a bordo lago su punte di crema ai limoni, che Annalisa porta ovunque per la giusta acidità e territorialità. Poi brutti ma buoni alle arachidi, tartufini al cioccolato, ciliegie di Vignola al naturale, fra le altre cose.
Crediti Foto: NewsEventi Como
Indirizzo
Ristorante TancrediIndirizzo: Via XXV Aprile, 75, 25019 Sirmione BS
Tel: 0309904391
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