Alta cucina

Servizio in sala: come reinventare la figura del cameriere per renderla attraente come quella dello chef

di:
Alessandra Meldolesi
|
sala ristorante 2023 05 08 08 03 57

Théophile Pourriat, trentottenne manager della ristorazione è molto noto oltralpe tanto da essere considerato un personaggio pubblico. Dice la sua su come reinventare la figura del cameriere per renderla attraente come quella dello chef.

La Notizia

Il nome Théophile Pourriat non dirà molto ai più, eppure oltralpe questo trentottenne manager della ristorazione, che ha partecipato all’apertura di Septime Clamato e Septime La Cave e al successo di Bertrand Grébaut, è un personaggio pubblico. Al punto da firmare editoriali su “Le Monde”. Ha quindi riacceso l’eterno dibattito sulla sala, il suo intervento in materia. Quello del servizio è un lavoro da ripensare, ha decretato, anzi “umanizzare”, per superare l’ormai cronica carenza di manodopera. Lo afferma con la cognizione di causa di chi, da sempre, si occupa di tutto ciò che non è cibo, ovvero la sala, giustappunto, i vini, la formazione del personale, le risorse umane, gli ambienti, mettendo nel mirino la sostenibilità ambientale e la vivibilità per i collaboratori.


Le possibilità di evoluzione sono molteplici, il lavoro è certo cospicuo, ma formativo e appassionante. E tuttavia, come tutti i ristoratori che conosciamo, dodici mesi su dodici facciamo fronte a una mancanza di manodopera. Mentre il mondo cerca un contratto a tempo indeterminato, noi lo proponiamo. Ma dove sono i camerieri e le cameriere? Che fine hanno fatto gli chef de rang? Come spiegare e affrontare questa situazione incancrenita da troppo tempo?”


Sono ormai trascorsi vent’anni da quando hanno preso il via la desacralizzazione della ristorazione gastronomica e la democratizzazione dell’alta cucina. La rivoluzione bistronomica, con la sua cucina innovativa ispirata ai classici dei bistrot, è stata ormai metabolizzata, sovvertendo geografie e gerarchie. “Tutto è possibile e resta da scrivere. Le mentalità cambiano: il mestiere del cuoco, di cui ci si vergognava, ha saputo reinventarsi. Si è rivalutato un savoir-faire. Così in alcuni ristoranti, come i nostri, i cuochi escono in sala, portano i piatti e raccontano entusiasti, talvolta arrossendo, come li hanno elaborati. È formidabile. In compenso è difficile dire lo stesso delle professionalità della sala. E non si trasmette Mastercameriere in tv”.


La gastronomia insomma è cambiata, mentre la sala si è evoluta ben poco. I mali sono conclamati: “scarsità di remunerazione, di riconoscimenti, di prospettive”. Negli ultimi 15 anni l’occupazione nella ristorazione è cresciuta del 25% e il trend dovrebbe proseguire, ma i datori di lavoro sono cresciuti del 73,2%, ben più di chi cerca, e l’età media degli occupati resta fra le più basse.


Si tratta allora, scrive Pourriat, di ripensare una formazione ormai anacronistica e “umanizzare le filiere” che formeranno il mondo di domani, in modo da ridare nuovo smalto a professionalità di cui i cuochi necessitano, favorendone una visione moderna. “Il servizio raramente è scelto per vocazione, spesso per passione, troppo poco per convinzione. La sala è la scelta dei vini, l’ambiente, il tono, l’atmosfera, la luce, è la musica, il rapporto fra i membri della stessa squadra, l’intelligenza della situazione, la seduzione, è il ritmo, il senso del dettaglio, è il prolungamento del gesto, saper cancellare il movimento. Lavoriamo per reinventare i mestieri dell’accoglienza e del servizio in una direzione comune, creiamo una staffetta intelligente fra questa nuova generazione di agricoltori, allevatori e vignaioli, rispettosa dell’ambiente e della diversità del gusto, e questa nuova generazione di cuochi che tiene il loro passo, smarcandosi da codici desueti. Creiamo un legame fra i nuovi protagonisti, conferiamo un significato diverso al semplice atto di ricevere. Il personale di sala è l’ultimo anello della catena che possa trasmettere il significato autentico di un prodotto o di un piatto. Il mestiere del ristoratore oggi deve integrarsi in un processo globale, qualitativo ma anche sostenibile e durevole, e questo non riguarda solo i cuochi: scelta dei vignaioli, benessere dei collaboratori, formazione e trasmissione, spreco alimentare, parità, riciclo… Ogni giorno ci sforziamo di reinventare un mestiere dandogli un senso, in alternativa alla banalizzazione del portapiatti, di includerlo nella sua epoca, di valorizzarlo conferendo una dimensione sociale al ristorante. Dal tre stelle al kebabbaro, il ristorante di domani sarà impegnato o non sarà”.

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