Dove mangiare in Italia Tradizione e ricercatezza

Ristorante 1978, un elegante salotto culinario nella Capitale

di:
Massimiliano Bianconcini
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ristorante 1978 s

I 24 coperti di via Zara sono al centro di un originale progetto gourmet, gestito dalla manager Gabriella Forte, dallo Chef Eros Bruno e dalla sommelier Laura Paone

La Storia

Un salotto su strada. Così si potrebbe definire il Ristorante 1978, aperto nel maggio dello scorso anno in via Zara, praticamente alla confluenza con via Nomentana a Roma. Lo contraddistingue, come fosse la porta di accesso al meraviglioso paese di Lewis Carroll, un elegante e raffinato portone rosso, che ravviva d’improvviso la strada grigia e poco attraente su cui si affaccia. E l’interno è in effetti qualcosa di completamente diverso e straniante, perché varcando la soglia si entra in un vero salotto finemente arredato, con pochi comodi tavoli e un’atmosfera da belle epoque. In parte in linea con i luoghi che sono nelle immediate adiacenze, anche se nascosti alla vista di chi percorre la Nomentana in macchina, in autobus o in scooter. Alle spalle dello stabile c’è infatti Villa Paganini, un piccolo quartiere anch’esso fuori dal mondo, che a percorrerlo a piedi, con i giardini pubblici e i bassi villini in stile liberty che circondano il parco, proietta il fruitore (una volta si sarebbe detto il flâneur) in una dimensione altra.


Il ristorante, dopo un rodaggio di circa tre mesi, ha cambiato l’executive chef e si è affidato all’estro e alla cucina di Eros Bruno, che ha percorso tutte le tappe della gavetta, partendo giovanissimo dai locali popolari e avvicinandosi alla cucina gourmet progressivamente. Lo chef, pur essendo consapevole che la sua è una cucina di ricerca e di sperimentazione, oggi più di ieri, ci va cauto. «Non è il momento di spingere sul pedale dell’estro e della creatività. Siamo in una fase iniziale e quindi preferisco fare una cucina di sostanza, con pochi elementi netti e ben distinguibili al palato per non appesantire il piatto. Questo è il momento della semplicità. Dobbiamo farci conoscere». La sua formazione passa dai ristoranti di battaglia a quelli sulle navi da crociera, dove si è dovuto dividere tra menù alla carta e banqueting, ai ristoranti dei villaggi vacanze, dove la cura dei particolari era richiesta senza esagerare. Fino a giungere ai resort a cinque stelle, dove invece la cucina gourmet doveva essere presente.


Un percorso lineare, che lo ha portato lontano dalle brigate stellate, ma che gli ha permesso di giungere, passo dopo passo, ad una cucina di ricerca, acquisendo sul campo le tecniche necessarie. Per questo ancora oggi Eros Bruno si definisce un «autodidatta che vuole continuare ad esserlo», per non farsi influenzare da mode, tecniche e piatti dei grandi chef che fanno tendenza. Naturalmente, ci vuole un certo gusto per l’estetica per fare questo mestiere e lo chef con simpatia ricorda che da giovane amava le materie artistiche. Ci tiene comunque a dire che la sua non è una cucina di testa, perché l’ispirazione nasce dal contatto diretto con la materia prima. «Quando vedo creo, nel senso che quando ho capito cosa ci posso fare con un prodotto capisco anche come arricchirlo. Per elaborare un piatto ci metto anche due mesi e mezzo e cambio il menù ogni tre mesi. Mi piace la nota croccante in un piatto, perché arriva subito al cervello. Non mi piace giocare troppo sulle acidità, perché non si addicono alle materie prime italiane».


Piemontese di nascita, Bruno solo in parte è legato alla tradizione della sua regione, preferendo muoversi tra prodotti e materie prime del nord Italia e della Francia. Predilige soprattutto gli antipasti, che consentono maggiore libertà creativa, rispetto ai primi e ai secondi che, a suo dire, legano di più le mani allo chef. In carta ha cinque piatti per tipo (antipasti, primi, secondi e dolci). Ama molto il pesce e il menù si divide tra piatti di carne e di pesce. Tutto viene prodotto internamente: pane, pasta fresca, salse e dessert e le materie prime devono essere di altissima qualità. Questo porta ad una spesa media per persona di 70 €, bevande escluse.

Il Ristorante

Il nome lo si deve all’anno di nascita del titolare, che da tempo aveva voglia di mettere in piedi un’impresa legata all’alta ristorazione. Con Ristorante 1978 la proprietà ha quindi realizzato la sua idea di salotto culinario, anche se ama restare dietro le quinte. Un luogo dove accoglienza, attenzione al cliente e alta qualità dei prodotti siano al primo posto. Di fatto è un piccolo bijou su piano strada con pochi coperti. Si arriva ad un massimo di 24, dove la bella cucina con la brigata di sei elementi è a vista, e dove gli arredi sono tutti curati con grande attenzione, offrendo un’atmosfera elegante sobria, ma pur sempre di alta classe. La sala è come una splendida modella, la cui sinuosità rende lieve qualsiasi damascato. Un risultato ottenuto senza ricorrere a designer o arredatori di grido. Solo al gusto del titolare, consigliato anche da chi gestisce l’accoglienza in sala tutti giorni: la restaurant manager Gabriella Forte, affiancata dalla sommelier Laura Paone.


Il target, già si è detto, è medio alto, composto da persone che vogliono fare un viaggio esperienziale nella cucina gourmet. Non ci sono menù degustazione. Tutto è alla carta e fatto espresso con una cura negli impiattamenti, ma anche nel gioco che consentono. È vero che lo Chef va cauto e non vuole spingere per il momento sull’estro creativo. Ama però che i suoi piatti siano finiti in sala di fronte al cliente, per spettacolarizzare un po’ il momento edonistico della cena. Così come ama, in alcune portate, rievocare la fruizione del crudo giapponese, dove il commensale prende la ceviche di tonno da bordo piatto e la depone in un intingolo di ananas e finocchio.


La carta dei vini ha al momento circa 130 etichette in degustazione. Si prediligono prodotti di nicchia, in prevalenza italiani, con l’idea però di rompere alcuni schemi classici. Ci sono in pratica vini provenienti da tutto il mondo. Non mancano alcuni champagne, così come i biologici e i naturali. Interessante anche la voglia di presentare vini autoctoni, non blasonati, in abbinamento ai piatti dello chef. Il ristorante è aperto dal mercoledì al sabato a cena e dal giovedì al sabato anche a pranzo, dove si presenta un menù più leggero, meno articolato, che definiscono light. La domenica è aperto solo a pranzo e adotta lo stesso menù della sera; mentre resta chiuso il lunedì e il martedì.

I Piatti

Una volta che hai un nome, che hai una tua clientela e un tuo zoccolo duro di persone che ti segue, puoi presentare qualsiasi piatto. L’importante è farsi riconoscere, trasmettere il proprio stile. Noi in questo momento siamo concentrati sullo stile e sulla sua riconoscibilità”. Lo ripete spesso, quasi come un mantra, lo Chef, nell’ora di conversazione che ho avuto con lui. E anche se la nuova carta è stata adottata da pochi giorni, Eros Bruno preferisce concentrare l’attenzione ancora sui piatti dell’Inverno, quelli pensati per i mesi di dicembre, gennaio e febbraio.


Il primo piatto che ci racconta è la Polenta nera con calamaro scomposto. Qui il calamaro viene omogeneizzato a crudo e poi cotto a bassa temperatura sottovuoto. Infine scomposto e adagiato su di un letto di polenta come fossero tanti petali di rosa e viene abbinato ad un fondo di crostacei molto denso e scuro che viene aggiunto a tavola di fronte al cliente.


Altro antipasto interessante è l’Almone di vitello tonné con gelatina di rosa. Si tratta di una rivisitazione del classico vitel tonné ed è di fatto un aspic. La carne viene scottata, rosolata con erbe di montagna come alloro rosmarino e ginepro e cotta a bassa temperatura 14 ore. Poi viene fatta una gelatina di brodo di pollo molto leggero, con l’aggiunta di acqua aromatizzata alla rosa, per lasciare un retrogusto delicato. La parte acida del piatto è ottenuta con un estratto ricavato da pomodori datterino giallo cotti al forno con lo zucchero; mentre la salsa che lo accompagna è una classica salsa tonnata fresca.


Tra i primi lo chef ci segnala le Chicche di patate, una specie di ravioli ripieni di fois gras e di porri scottati, fatti con la pasta di gnocchi, serviti con burro di malga e tartufo bianco. Un piatto che rimane morbido e avvolgente al palato. E i Tortellacci di Castelmagno, passati con arachidi scottate e salate e un coulis di mele Pink. L’acidità della mela pink alleggerisce il gusto deciso del Castelmagno, che è un formaggio molto impegnativo, mentre quello delle arachidi in parte lo contrasta.


La Vicciola integralista è uno dei piatti insegna dello chef per via della consistenza di questa carne pregiata e costosa. Viene scottata su tutti i lati, per far sì che il sangue resti al suo interno. Vicino Bruno ci abbina un cramble di funghi, accompagnato da un insieme di radici come la rapa bianca, la rapa rossa e le carote bianche e gialle, ricreando quasi un giardino.


Sul dessert Eros Bruno si è soffermato sulla Pigna, un tipico dolce invernale dove un involucro di cioccolato fondente racchiude una mousse di pino mugo con cuore di liquirizia, servito elegantemente su un fondo terroso e sassoso, ottenuto con vari tipi di cioccolato. Naturalmente non possono mancare alcune entrée finali, per chiudere con un tripudio di zuccheri il pasto.

Indirizzo

Ristorante 1978

Via Zara, 27 - Roma

Tel. +39 06 69335743

Mail info@ristorante1978.it

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