La nostra intervista al nuovo responsabile di sala del ristorante da Gorini, nel giorno in cui lo chef è a Parigi per il The World Restaurant Day, in nomination nella categoria Arrival of the Year.
L'Intervista
Nel giorno in cui una fetta di Romagna rischia, e lo speriamo tanto, di essere sulla bocca di tutti i buongustai, i fanatici, gli ossessionati, i lovers, gli esegeti, gli haters e i patacca del food mondiale è meglio togliersi di dosso fin da subito ogni pregiudizio, fosse anche cotto a bassa temperatura per 16 ore.Da Gorini tira molto di più la fiamma viva. Allora: il cognome Donatiello vi ricorda qualcosa? É proprio quello che state pensando. Mauro Antonio Donatiello è il fratello gemello di Vincenzo Donatiello, maître e sommelier del Piazza Duomo di Alba. Fratello d’arte? Non è proprio così.
“Mio fratello non ha mai influenzato la mia scelta, è una persona che mi dà una grande mano, lui è uno dei migliori direttori di sala al mondo, e quindi è un vantaggio. Essere suo fratello non è facile, perché per molti il mio passaggio in sala è avvenuto per approfittare di una visibilità di qualcun altro”.
Nonostante l’anagrafe, di cui da ora in avanti non terremo più conto, va detto che Mauro Donatiello non è certo un raccomandato. Se lo fosse, avrebbe potuto optare per un posto molto più avviato e blasonato, in una piazza anche più facile rispetto all’appennino romagnolo.
“La mia carriera è atipica, ho iniziato in cucina, il passaggio in sala è relativamente recente, risale più o meno a 3 anni fa. Ho studiato all’alberghiero di Vieste per lavorare in cucina. All’inizio mi sono buttato nella mischia delle stagioni estive romagnole e dalla romagna non me ne sono più andato. Dopo aver iniziato ad approfondire, per curiosità e gusto personale, anche il mondo del vino, è stata una casualità/necessità a farmi svoltare. Ero in cucina a Tenuta Saiano, a Torriana, sotto Natale avevamo parecchi problemi a reperire personale di sala che ci aiutasse per gli eventi di quel periodo. Troviamo uno per la cucina e io passo in sala per coprire la situazione fino al termine delle festività. In cucina non sono più rientrato, mi sono accorto che mi mancava il contatto umano, in cucina lo vivi solo a sprazzi. Vivere a caldo la reazione su un piatto, l’accoglienza, una parola sorprendente, una reazione inaspettata”.
Mauro Donatiello conosceva già lo chef Gorini e il suo ristorante. Attirato dalle voci positive che giravano tra gli addetti del settore, ci era andato come cliente. Già ai tempi di Tenuta Saiano i due erano entrati in contatto. Poi Donatiello si è unito alla squadra di Villa Maiella.
“Quando sono passato in sala ci sono stati subito nuovi stimoli. Un aggiornamento continuo, come le visite da osservatore in ristoranti stellati o le chiacchiere con personaggi solidi e celebri della ristorazione romagnola, chiacchiere che per me erano formazione pura, qualcosa che non potevo prendere alla leggera perché era il momento di imparare, di assorbire come una spugna. Erano conversazioni tra amici, ma non avendo mai avuto una formazione specializzata sulla sala erano un momento di estrema attenzione. Dopo 6-7 mesi tra i clienti a Saiano, quando ti accorgi che non vengono soltanto per quello che possono provare dal punto di vista gastronomico, ma ti dicono apertamente che il servizio è stato di livello e che li hai fatti stare bene, significa che sei sulla strada giusta”.
Prima di accettare a Villa Maiella, Mauro aveva fatto colloqui in altri 4 ristoranti di alto livello. La scelta di andare in Abruzzo riguarda i numeri. Per essere uno stellato, Villa Maiella è un locale dove si respira aria di famiglia ma che a pieno regime fa 70 coperti alla volta, un fiume in piena in cui la qualità deve andare di pari passi con le rapide dei clienti e con imprevisti a forma di massi che affiorano dalla superficie senza avvisare. Evidentemente a Mauro Donatiello piacciono le sfide.
“In verità contatti ce n’erano stati anche qualche tempo fa, quando io ero in uscita da Tenuta Saiano, ma erano sfociati con un nulla di fatto. Successivamente dopo che sono rientrato in Romagna dall’Abruzzo per un altro progetto mai partito, Gianluca mi ha cercato e non c’è stato neanche bisogno di raccontarmi il progetto. Da Gorini è uno dei posti più “caldi” in tutta la Romagna, quindi per me non è stato difficile dire di sì. Un posto molto promettente, legato a filo doppio con il territorio, in cui potevo veramente dare il mio contributo”.
Negli ultimi mesi sono fioccati i riconoscimenti per il ristorante di San Piero in Bagno, aperto da meno di 2 anni: premio Novità dell’anno della Guida de l’Espresso e Miglior Chef dell’anno per la Guida Identità Golose. In molti ci siamo chiesti come mai non fosse arrivato anche il premio della Michelin. Anche a Sara e Gianluca sarà probabilmente nata la stessa domanda e senza patemi hanno scelto di fare l’ennesimo passo avanti.
“Sicuramente la priorità è costruire un servizio che sia di qualità in tutti gli aspetti. Non grandi cambiamenti, ma dettagli tecnici: il servizio del pane, il recupero di un tavolo in ritardo, fermare un tavolo perché in quel momento è in chiacchiera con un altro ospite o perché gli ospiti sono fuori a fumare. Questo significa dare il giusto ritmo al pass, non occuparlo quando non serve, per garantire più serenità in cucina e qualità al cliente. Guadagnare tempo di gestione in sala è una cosa preziosa per dedicarne di più alle coccole e alle spiegazioni/approfondimenti di vini e piatti ai clienti. Io e Sara ci supportiamo continuamente in questo. Io rappresento la parte più tecnica, lei è la padrona di casa e così può avere più attenzioni verso gli ospiti. Sui dettagli siamo entrambi esigenti, sia che possano essere sulla pulizia della sala o di posate e bicchieri, oppure di servizio e di ordine. Il nostro vuole essere un servizio poco ingessato e interventista, seppur pieno di attenzione discreta, in modo che il cliente si ricordi del ristorante come esperienza totale e non solo di cucina”.
Ci siamo poi messi a stuzzicare Mauro sull’argomento vino, cercando di capire i suoi interventi sulla carta e le sue idee riguardo agli abbinamenti.
“La cucina di Gianluca, essendo prevalentemente acida, sapida e amaricante, predilige bianchi e bollicine, volendo anche di struttura, più qualche macerato; sui secondi si sposa bene con i rossi, ma anche qui deve prevalere la freschezza.
Avere più alternative di abbinamento alla cucina di Gianluca è una cosa su cui stiamo lavorando. Per ora l’abbinamento è costruito su una correttezza di prezzo e di comprensibilità. Perché siamo per prima cosa un’azienda. Piano piano lavoreremo anche sugli angoli e sugli spigoli. Come anche sulla miscelazione, per l’esperienza che ho e ho avuto con i mixologist di Just One Drop, a cui sono legato da un rapporto di amicizia e di stima”.
Mauro non è un talebano dei vini naturali, lascia che il suo palato discerna tra un vino buono e meno buono. Se anche etico, meglio ancora. Senza però gridare alla redenzione grazie ai nuovi metodi - leggi macerazione o anfore - perché è solo la storia del vino che si riaffaccia e rivive.
Per quanto riguarda la Romagna, concorda sul fatto che il livello si sia alzato parecchio e che in giro tra le colline qualche fuoriclasse ci sia.
“In Romagna iniziano ad esserci sangiovesi che possono competere con quelli toscani. Tanta attenzione viene data anche ai bianchi. Villa Venti, Paolo Francesconi, Ancarani, San Biagio Vecchio, sono alcune delle realtà che stanno imbottigliando splendidi vini. Da bevitore dico anche Calonga, che produce sangiovesi intramontabili”.
Quando gli chiediamo quali sono i vini che berrebbe all’infinito, la Romagna passa in secondo piano e lascia la scena alle sboccature tardive di Jacquesson, al trebbiano Vigna di Capestrano di Valle Reale di Popoli e ai fiano di Raffaele Pagano della cantina Joaquin.
Non si fa troppi scrupoli anche a regalarci qualche sua recente e meritevole scoperta come il Pinot nero di Vignai da Duline, la Barbera D'Asti 2012 di Scarpa, il Rosé Zero Dosaggio Levis di Cherubini e lo Champagne Brut Nature di Benoit Lahaye.
La riflessione sulla sala ritorna in modo prepotente quando parliamo di cosa rappresenti in Italia. Nessuno nega che la sala sia fondamentale quanto la cucina, poi tuttavia la visibilità che ne deriva è legata ai pochi nomi che iniziano a esporsi o a quegli chef non troppo egoriferiti che fanno un passo indietro a favore dei propri colleghi al di là del pass. C’è anche da dire che le sale dei ristoranti sono molto meno instagrammabili dei piatti degli chef.
“La sala italiana, dal mio punto di vista, ha appena iniziato un percorso di rinascita, ma sarà lungo e per niente facile: non c'è ancora molta attrazione verso la figura dell'uomo di sala e bisogna essere sicuramente molto portati per effettuare una scelta convinta per quei ruoli. In più il sacrificio è tanto ed è ancora visto come un lavoro di ripiego. Personalmente, credo che potrebbe essere interessante portare l'arte dell'ospitalità ad un livello mainstream, dandogli molta più attenzione mediatica”.
Contando che sia la tv generalista - con scarso successo - sia le piattaforme di streaming continuano a sfornare format sulla cucina e gli chef, forse sarebbe il momento di mandare in onda qualcosa che racconti di questi uomini che sono al contempo psicologi, motivatori, detective, negoziatori e manager.
“Nel preservizio cerco sempre di portare la concentrazione sui dettagli ed eventualmente ci si sofferma sugli aspetti dei servizi precedenti da correggere o valorizzare. É fondamentale far sentire importanti tutti, trasmettendo sia alla sala sia alla cucina le positive vibes che arrivano dal riscontro sulla clientela”.
Intanto il pubblico continua ad alzarsi dal divano per andare al ristorante da Gorini.
“Nell’ultimo mese è stata una vera e propria passerella: la famiglia Uliassi, la famiglia Cedroni, Luca Marchini dell’Erba del Re, Aurora Mazzucchelli. Se personaggi come loro rimangono piacevolmente stupiti dal servizio, e se puoi confrontarti con loro per migliorare ancora, vuol dire che io, Sara e Gianluca stiamo lavorando bene. Anche se la coperta della mia esperienza è ancora corta, è il momento di tirare fuori la personalità. Che il progetto Da Gorini debba passare al livello successivo è qualcosa di deciso”.
Mentre leggete questa intervista forse sapete già com'è andata a Parigi. Il premio Arrival of the Year lo vincono Sara e Gianluca in ogni caso. L’ingaggio di Donatiello è l’arrivo che segna un nuovo punto di arrivo per il ristorante Da Gorini.