Wicky Priyan non si ferma mai e continua a far incontrare Italia e Giappone. Nel migliore dei modi.
La Storia
Provate a chiedere “Di dove sei?” a Wicky Priyan.
Non aspettatevi una risposta chiara. Lo chef è nato in Sri Lanka, ma probabilmente possiede tre passaporti: cingalese, giapponese e italiano. No, non è un agente segreto, anche se di segreti uno che ha studiato criminologia e poi è diventato chef, credo ne abbia parecchi. Guardare come si muove, come impugna le “armi” bianche di cui è cultore, come comunica con Masa, suo sous chef fin dall’inizio, o come risponde Masa a lui, in una lingua senza parole, lascia immaginare che dietro la cucina ci sia chissà quale attività. Forse c’è solo la serie Netflix che mi sto immaginando io.
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lI carisma di Wicky, il rispetto che si respira dentro un locale non conviviale, è smussato dall’accoglienza di un uomo che è stato accolto a sua volta. Qui Milano si dimostra nuovamente quella cozza, bruttina fuori ma buona dentro, per rubare un’immagine dello scrittore Doninelli, che accoglie indiscriminatamente tutti. Cozza che negli ultimi tre anni si è resa più attraente, sperando che non sia solo botulino urbano o acido grattacieluronico.
Il Ristorante
Tutto dice di essere in un ristorante giapponese, eppure il palato ha continuato, tutta la sera, a strattonare il cervello, a tirarlo molto più vicino. In Italia. Sono arrivato al punto di non capirci più niente. Wicky riesce in quello che non riesce quasi a nessuno: far convivere due mondi opposti. È uno dei pochi che proprio nella contaminazione ha trovato la sua vera identità. Prima di tutto perché si è fatto contaminare lui, uomo dai tre passaporti.<
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Che non vi venga in mente il termine fusion. Certo è sintetico, certo è facile. Certo merita di essere trapassato dalla katana di Wicky, esposta alle sue spalle manco fosse un set di Tarantino. Fusion è solo combinazione di differenze culinarie, combinazione di ignoranze, un frutto della globalizzazione - da quanto non usavo questa parola - e quindi dell’appiattimento dei palati.
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Da Wicky Pryan, capirete come la cucina italiana e quella giapponese prima si frequentano, poi si fidanzano e infine si sposano. Figliando pure. Mentre Ferran Adrià afferma che la tradizione in cucina non la fa più nessuno e invece alcuni chef albanesi salgono sul palco con le loro nonne, c’è qualcuno che dichiara di appartenere solo ai viaggi che ha fatto e ai sapori che ha scoperto.
I Piatti
L’interpretazione di kaiseki made in Priyan è un trip di sapori di due grandi e diverse culture. Qualcuno cantava siamo gli spigoli che prendiamo. Anche gli abbracci che ci diamo, aggiungiamo noi. Un uomo di mondo sa prendere il buono da tutto e semplicemente restituirlo, senza gigioneggiare troppo con le presentazioni o le consistenze.<br />
Il menù stesso è un viaggio, lungo 20 tappe. Un racconto, non un carosello di fotografie. Una storia italiana vista sotto la lente della leggerezza e della nettezza giapponese. Un gioco di assist italia-giappone, giappone-italia che porta sempre a un tiki-taka di sapori che triangolano perfettamente sul palato. Raccontiamo quelli più paradigmatici, quelli in cui l’illuminazione di una mente curiosa e attenta hanno trovato la strada della perfetta integrazione.
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Oriental Sicilia è gambero rosso di Mazara, daikon marinato con aceto di riso dolce, tartare di tonno, caviale di storione, crema di yuzu. Un piatto fresco e diretto, tre bocconi in cui la Sicilia si veste di grazia orientale, in riva al mare.
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Burrata è burrata pugliese che incontra la mazzancolla del Mediterraneo, i capperi di Pantelleria, granelle e foglie di cucungi, mais, crema di yuzumiso e gelatina di melanzana perlina. È la versione di Wicky della parmigiana di melanzane, con il mais che sostituisce il pomodoro, una versione gentile e delicata, in cui l’ospite gradito è la mazzancolla a dare croccantezza.
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Il piatto che segue non ha bisogno di una presentazione quanto di una prescrizione, dato che è il piatto più sano del mondo: Sapore Saga No Seki, sgombro giapponese marinato, aceto di riso, cipollotto di tropea scottato in padella, salsa ume e olio di Egoma. Grasso e goloso con un potere antinfiammatorio e capace di ridurre il colesterolo. L’olio di Egoma è ciò che si estrae dai semi dello shiso, un superfood che fa bene ed è pure buono. Altro che olio di ricino.
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Il carpaccio dei 5 continenti - tonno, ricciola giapponese, salmone con salsa marinata agli agrumi, lemongrass, zenzero, semi di finocchio, erba cipollina, basilico, maggiorana, olio di sesamo - è un signature di Wicky, un simbolo della ricerca del distillato dei sapori. Diciannove anni posson bastare per un piatto così? Credo di no. La sequenza è dal più spicy al più acido passando per quello più rotondo, che in realtà è un arrosto travestito da tonno.
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All’umaminità, la Tempura di baccalà dell’Alaska e brodo dashi tradizionale e la cosa più vicina al sesto senso della cena. Un guscio sodo, croccante, il totem della frittura, da contemplazione. E un brodo che solo lo chef può cucinare e che può accompagnare solo.
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Quello che segue è un sapore familiare, che bussa alle narici ancor prima di essere posato sul bancone. Il riso giallo, come si chiama più semplicemente il risotto alla milanese. Il Maki òs büüs, con granchio reale, verdure in tempura, riso allo zafferano, ossobuco alla milanese, olio di scampi, chips di patata viola e Parmigiano Reggiano, è il Giappone che si stabilizza a Milano. Il borghese a cui sta simpatico l’imperatore.
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Il Sushi Kan è una formazione di 8 pezzi che come la metti vince. Tre, tre due. Quattro, tre, uno. Due, tre, uno, due. Qui l’allenatore è solo uno, quello che sa mixare l’eccellenza giapponese con quella italiana. Ogni nighiri è un boccone da far chiudere gli occhi e buttare indietro la testa. Non per un’occasione sprecata, ma perché vorresti che si ripetesse ancora. Solo l’elenco provoca salivazione: angus, salsa al rosmarino e lamelle di tartufo nero. Salmone, zenzero, menta, cipollotti. Gambero siciliano e salsa al pomodoro datterino. Cappesante, olio di oliva Leccino, sale e yuzu sauce. Ricciola giapponese, Wicky’s Sauce e caviale di salmone. Tonno, la speciale Wicky's Sauce. Baccalà, pomodoro datterino e bottarga di muggine. Mazzancolla pugliese, pesto di capperi di Pantelleria.
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Tutti fuoriclasse, a fare la ola per un nuovo piatto che va atteso 16 ore. Questo è il tempo di cottura maialino dei Nebrodi ingrediente principale del Wikakuni Burger, una versione estatica del panino che a Milano ormai è più consumato dei sanpietrini. Wicky cucina il maiale secondo un’antica ricetta con soia, sakè e mirin e lo serve con porro e spinaci.
Fischio finale con un dolce salato giapponese, Kyo, in cui il fois gras viene marinato con miso bianco per 1 mese, miele Manakara e pepe del Madagascar.
Non è stato un match italia-Giappone, neanche un amichevole. Perché per la prima volta hanno vinto entrambi.
Fotografia di copertina di Fabrice Gallina.
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