La storia
Con il Martini non si scherza, nel mondo del bar è considerato IL cocktail che porta dietro di sé un credo, un’attitudine alla vita, uno stile di esistere…e di bere. È uno dei big della mixology, dal 1961 è componente della categoria dei cocktail IBA (International Bartenders Association) ma la sua storia affascinante di frasi non dette e gesti ripetuti si perde, e ritrova ogni volta, nella fine del 1800. Pare nasca a Martinez e il nome non c’entra nulla con il famoso brand che tutti conosciamo, ma si rifà alla città californiana di Martinez, dove è presente una targa in bronzo che recita “in questo luogo, nel 1874 Julio Richelieu, barista, ha servito il primo Martini a un minatore che, entrato nel suo saloon aveva chiesto qualcosa di speciale. Gli venne servito un Martinez Special. Dopo tre o quattro bicchieri la ‘z’ si era persa per strada…”.
Chi lo ama conosce questa storia, nonostante ve ne siano anche altre, addirittura più conclamate come quella secondo cui il creatore sarebbe stato l’italiano Clemente Martini di Arma di Taggia (in Liguria), che servì per primo questo drink nel 1910 presso il Knickerbocker Hotel di New York, in onore di John D. Rockefeller. Altri sostengono che il drink fu servito ancor prima a New Orleans dal barman Martinez, o che sia nato da un cocktail del celebre barman Jerry Thomas intorno al 1860, il Martinez appunto. Come ogni storia mitica e dal grande valore intrinseco, è inutile cercare di venirne a capo, perché il suo fascino sta proprio in questo: credere nel mistero e nell’incerto per renderlo immortale.

Il Martini cocktail è oggi la richiesta da parte di chi ha le idee chiare, è impossibile che qualcuno lo ordini perché indeciso. Bisognerebbe scambiare due chiacchiere con i cosiddetti martinisti, cultori veri di questa pratica liquida trasparente che amano ordinarne uno al banco sempre con la stessa regola non rispettata: “due sono pochi, tre sono troppi”. Dietro una semplice coppetta c’è un universo di storie e leggende, linee di pensiero e approcci, soprattutto riguardo la modalità di preparazione.

La tecnica usata si chiama Stir and Strain, il cocktail è mescolato nel mixing glass con ghiaccio e poi filtrato nel bicchiere (coppetta) raffreddato, anzi ghiacciato, gli ingredienti non sono altro che del gin “sporcato” di vermouth dry (spesso addirittura eliminato prima dell’ingresso del gin) e, solo in fine, compare l’oliva infilzata da un toothpick: tre per gli americani, o piccole e denocciolate, più carnose e con l’osso, in ogni caso mai lavate, o un twist con limone e addirittura senza olive ma solo con la loro salamoia (diffusa e venduta negli USA) per comporre il Dirty Martini dove però al posto del gin compare la vodka.
La ricetta
Dunque, esiste una ricetta definitiva? Certamente no, ma un paio di regole d’oro si: temperatura e quindi la giusta diluizione perché l’equilibrio perfetto è il bilanciamento tra le due, prodotti di alta qualità e poi l’onnipresente coppetta da tirar fuori dal frezeer ghiacciata appena prima di servire il vostro Martini Cocktail.
Al primo posto nella World's 50 Best Bars svetta il Connaught bar di Londra, dove la coppia italiana Ago Perrone & Giorgio Bargiani (rispettivamente Director of Mixology e Head Mixologist) richiamano l’interesse mondiale degli appassionati e non. Tra ricerca, sperimentazione e racconto del classico, i due hanno lavorato su un secondo capitolo per questo cocktail che già rappresentava un’icona, collaborando con la Saatchi Gallery di Londra per omaggiare e dare un sostegno all’arte che ha ispirato il drink stesso. Si chiama No.11 e prende forma in un bicchiere dipinto di pigmenti edibili proprio come l’action painting di Jackson Pollock ed è appunto numerato come i suoi capolavori. Nato per celebrare gli 11 anni del Connaught Martini nel 2019, ingloba tutti gli elementi customizzabili del famosissimo Connaught Martini, creando un nuovo racconto fatto d’avanguardia in cui la mixology si afferma come forma d’arte.

Inoltre, con Grey Goose, Agostino e Giorgio hanno creato dei kit che includono due coppette dipinte e il cocktail No.11 in bottiglia, in vendita in edizione limitata dalla Saatchi (i ricavi andranno a sostenere il Learning Programme che mira a rendere l’arte contemporanea accessibile ai giovani talenti).
Ricetta Martini No.11
Ingredienti
30 ml di Grey Goose Vodka
45 ml di Connaught Bar Gin
15 ml di vermouth di Torino ambrato infuso con olio di limoni di Amalfi
Distillato di 5 bitters (tonka, ginseng e bergamotto, cardamomo, lavanda, semi di coriandolo)
10 ml di distillato di vino
Procedimento
Aerare tutti gli ingredienti con un aeratore di sidro, filtrare nella coppa martini ricoperta di pigmenti di colore edibili.
Garnish
Nessuna: il bicchiere e un diamante di ghiaccio rendono elegante e minimale questo cocktail diventando il simbolo della tradizione del Connaught che guarda al futuro.

Entro i confini tricolore svetta invece la giovane e navigata bartender Sabina Yausheva, appena entrata nella squadra del BV Club, il nuovo locale milanese di Bruno Vanzan, capitanato dal mirifico Mario Farulla nel ruolo di general manager. Quando lei pensa al Martini Cocktail le parole sono eleganza, raffinatezza, concretezza: “queste sono le caratteristiche che voglio dare quando preparo un Martini. Mi piace immaginare il mio ospite seduto al bancone che ha voglia di darsi un tono con un drink che lo rispecchi. Bicchiere ancora brinato, un lungo stelo, un’oliva sopra ed un ottimo mix di vermouth e gin (o vodka) pronto per essere sorseggiato”, afferma convinta.

E in quale posto migliore se non nel BV Club dove è stato scelto di creare un gin corner, la quinta essenza di questo nuovo tempio del buon bere? Tantissime etichette di gin, tra le migliori in commercio, pronte per essere degustate sotto forma di gin and tonic, Martini o in purezza. “Sarò pronta a raccontarvi la storia che c’è dietro ogni prodotto e consigliarvi come berlo nella sua massima espressione”, continua Sabina, “il mio Martini preferito, presente al BV Club si chiama Butterfly. Immaginate una tela bianca che viene dipinta con un’infusione di butterfy peas flower in Gin Arte".

"Il distillato di ginepro che si utilizza è già di sua natura creato con bacche e spezie che si utilizzavano in passato per creare i pigmenti dei colori utilizzati dagli artisti, si aggiungono una piccolissima quasi impercettibile dose di vermouth dry e dei fiori eduli per guarnire”. Il gioco è fatto, la magia pure, ora tocca a voi lasciare che i vostri sensi si dilatino.