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Mandorle, cannella e mosto cotto: ecco i dolci sardi di Natale

di:
Alessandra Guigoni
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copertina roberto murgia dolci sardi 970

Torrone, mostaccioli, pan’e saba, gâteau di mandorle, sanguinaccio dolce, i dolci tradizionali sardi consumati nelle festività natalizie.

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Mandorle, cannella e mosto cotto: ecco i dolci sardi di Natale


Torrone, mostaccioli, pan’e saba, gâteau di mandorle, sanguinaccio dolce, biancomangiare, biscottini con miele, frutta secca, uvetta, ma anche canestrelli e le antiche “fantine”, biscotti a forma di bambina, caratteristici delle cosiddette isole “genovesi” di Carloforte e Calasetta: i dolci tradizionali sardi consumati nelle festività natalizie sono molti e variano da zona a zona.

1 pane e saba meana_SABRINA_TOLA. Fotografia di Sabrina Tola
Forse è su pan’e saba a costituire il minimo comune denominatore che unisce le pratiche alimentari festive dell’Isola, con quel suo caratteristico profumo di mosto cotto e cannella, il sapore della frutta secca (noci o nocciole o mandorle, secondo il paese), della buccia di agrumi e dell’uva passa nel ricco impasto.

2 fattu e cottu Fotografia di Roberto Murgia
Ogni paese, anzi ogni famiglia ha la propria ricetta e i propri segreti produttivi. Chi confeziona il pan di sapa alto, a guisa di un grande lievitato, con lievito madre, come il noto fattu e cottu del Campidano, chi lo realizza basso, calorico e ponderoso, ricco di pregiata frutta secca; in entrambi i casi è la sapa (sa saba, in sardo), mosto d’uva cotto, a conferire un colore caramello intenso e un sapore unico al dolce. Un prodotto, la sapa, che lega tra loro diverse regioni italiane, dove è tradizionale, e che mette in connessione la cultura contadina odierna con la cucina romana di 2000 anni fa, da cui deriva.

Particolare il pan di sapa prodotto a Meana Sardo (Nu), con una forma che ricorda la pigna, con mandorle sarde intere confitte nella pasta, riccamente decorata.

3 torrone Fotografia di Roberto Murgia
È forse il torrone il prodotto natalizio per eccellenza, visto che compare già in un documento sardo del 7 dicembre 1614, conservato all’Archivio di Stato di Cagliari. In questa fonte manoscritta, in catalano, l’apotecario (speziale e droghiere) Battista Sollai di Villanova (quartiere di Cagliari) si accorda con un certo Pietro Sanna Satta originario di Sassari per un dato quantitativo di torrone bianco, di torrone nero (torrons blancs y negres) e di ostie (neules) da produrre sino alla Vigilia di Natale (in sardo “Pasca de Nadale”). Nel contratto gli promette anche rinforzi nel caso mancassero braccia per produrre tutti gli impasti (cuytura) necessari alle necessità dello speziale.

4 emiko davies 78241_1389244388_0 Fotografia di Emiko Davies
Può essere che il torrone bianco citato fosse quello classico, fatto con zucchero (o miele), mandorle (o noci, o nocciole) e albumi d’uovo, e quello scuro confezionato con zucchero e mandorle, il croccante, oggi chiamato popolarmente gatò, dal francese gâteau. Di sicuro in quanto speziale Sollai aveva la possibilità di procurarsi buone quantità di zucchero, allora prodotto raro e costoso.

Un capitolo a parte, tra i prodotti dolciari del Natale sardo, merita il sanguinaccio dolce, una leccornia che veniva preparata in occasione dell’uccisione del maiale domestico; come dice il detto popolare, del maiale non si butta via nulla, e anche il sangue, insaporito con spezie, zucchero, arricchito di pabassa (uva passa) veniva cotto e confezionato a guisa di salsiccia, da mangiare a fette.

5 Mostaccioli glassati Fotografia di Roberto Murgia
Infine i mostaccioli, soprattutto di Oristano, buoni per tutte le occasioni, un tempo preparati in occasione delle più importanti festività, dalla caratteristica forma a losanga che è matrice comune dei mostaccioli anche dello stivale, e costituisce un’antica icona della fertilità femminile, dell’origine del mondo.

Lodati in un documento anonimo della prima metà del Settecento, relativi al convento di Santa Lucia in Cagliari, ancora oggi i mostaccioli di Oristano subiscono un processo di lievitazione lungo settimane, che li rende un miracolo di digeribilità, leggerezza e morbidezza, senza grassi. Da accompagnare con un buon vino Vernaccia di Oristano Doc, per un brindisi all’antica.

La fotografia di copertina è di Roberto Murgia

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