Riunire grandi produttori e grandi cuochi per promuovere la valorizzazione del riso: questa la mission del progetto ideato da Giancarlo Maffi. Ecco 8 realtà italiane che puntano su coltivazioni etiche e filiere controllate, nobilitando questo gustoso cereale.
I principi del riso
“I Principi del Riso nasce dal mio passato. Lontanissimo, perché risale a quando nonna Linda cucinava un risotto bianco che diventava giallo grazie a una polverina di colore rosso: e io lì, un bimbo di sei anni seduto con la bocca spalancata dalla meraviglia. E poi il riso mi è sempre sembrato fosse trattato da parente povero della pasta secca. Questo è un grave errore. Così ho iniziato a guardarmi un po’ in giro, trovando quasi soltanto simpatiche sagre paesane all’insegna di fotografie sbiadite e un po’ stantie di mondine. Quella, per altro meravigliosa, di Silvana Mangano in Riso Amaro risale al 1949 e direi che dovremmo aggiornarci almeno un po’. Così mi è venuto in mente “i Principi del Riso”, che gioca anche sugli accenti, tra prìncipi e princìpi. Perché il riso merita decisamente di essere conosciuto meglio di quanto non lo sia e - parafrasando una mitica pubblicità di Patek Philippe - non si consuma ma si tramanda.” Questo il racconto di Giancarlo Maffi, gastronomo appassionato e ideatore della manifestazione che ha visto la sua nascita a Viareggio nel 2019, ha rallentato senza fermarsi per quel che è stato possibile nell’era della pandemia con cene ad hoc in tutta Italia e ora è pronta per spiccare il volo con un nuovo evento nazionale. La questione è (relativamente) semplice perché si tratta di far stare insieme grandi produttori di riso, grandi cuochi, tra i quali un grande amico di Maffi e promotore dell’iniziativa come Igles Corelli con attori legati alle migliori materie prime: tutto questo per declinare la conoscenza del mondo del riso, molto più ricco e complesso di quel che si possa pensare. A supporto tecnico dell’iniziativa Gerardo De Santo, sommelier del riso e consulente di settore.Non tutti sanno che l’Italia è il primo produttore di riso in Europa e che il riso da risotto è solo italiano. Pare che sia arrivato dall’Asia in Siria al tempo di Alessandro Magno per raggiungere la Grecia e poi approdare in Sicilia. Da lì, non potendo più essere coltivato per ragioni climatiche, ha iniziato ad arrivare nelle zone attualmente vocate della Pianura Padana, in Lomellina e nel Pavese, nel Vercellese e nel Novarese; e poi in Veneto, tra Isola della Scala e Delta del Po, anche se si trovano risaie di grande qualità anche nella piana di Sibari in Calabria e in Sardegna nella zona di Oristano con Passiu. La prima coltivazione, messa in atto dai monaci piemontesi di Lucedio, risale al 1100. Le varietà sono moltissime: solo di Carnaroli, nato nel 1945 da un incrocio, ne esistono otto. Poi ci sono le differenze nella coltivazione, perché c’è chi ritiene preferibile che la semina avvenga in acqua e qualcun altro invece “in asciutta”; macchinari troppo veloci nella sbramatura del chicco causano una perdita di valori organolettici e protezione, mentre una pilatura a pietra, lenta e graduale, ne preserva l’integrità. Per non parlare dei diversi periodi di stagionatura e i loro effetti sugli amidi. Si potrebbero dedicare libri interi alle differenze tra un riso e un altro, solo all’interno di un’area come quella che abbiamo visitato, incontrando in due giorni otto aziende, ciascuna con le sue peculiarità. Ne è valsa la pena, soprattutto perché abbiamo avuto la conferma di quanto il mondo del riso possa offrire non solo in termini di qualità, ma anche di cultura.
Terre Alte Villarboit (VC)
Terre Alte narra la storia di due fratelli, lui che prima gira il mondo e poi decide di tornare alla sua terra, lei che da Vercelli non si allontanerà mai ma allo stesso modo mai avrebbe pensato di occuparsi in prima persona della campagna. Dal 1921 la famiglia di Giacomo e Caterina Buffa coltiva, lavora e confeziona riso nei 46 ettari di proprietà con una filosofia che unisce metodi di coltivazione il più possibile naturali e vicini alla tradizione con le migliori tecnologie disponibili. Dopo aver fornito marchi importanti per diversi anni hanno scelto di orientarsi a un’immagine nuova e di muoversi in autonomia sul mercato. Nella produzione spicca per originalità la varietà antica del Sant’Andrea originaria della Baraggia vercellese, il cui nome trae origine dall’omonima abbazia gotica. Di categoria denominata Lunghi A, ha chicchi corposi e una struttura compatta e ricca di amido che garantisce un’ottima tenuta in cottura.
Fontanetto Po (VC) Az. Scagliotti
Edoardo Scagliotti è un ragazzo dalle idee molto chiare, innamorato com’è di questa terra che si trova proprio nel cuore del parco del Po Vercellese-Alessandrino. Lo stage in un centro sperimentale sulla semenza del riso fa sì che si interessi alla materia e a diciott’anni prenda in gestione i terreni di un vecchio agricoltore andato in pensione per lavorare il ‘suo’ riso. Apre una partita IVA e a soli tre mesi dal diploma di perito agrario è sui campi a trebbiare il primo raccolto. Così, grazie anche alla mamma Bruna Valdano, la quale gira l’Italia per far conoscere il riso tra una fiera e l’altra, l’azienda investe e cresce. Le risaie si trovano in un ambiente naturale di grande pregio, ricco di biodiversità e di acque sorgive. Il riso, coltivato con metodi a basso impatto ambientale, viene lavorato a pietra. La produzione va dal Carnaroli classico all’Apollo aromatico, a biscotti e grissini a base di farina di riso.
Crova (VC) Cascina Oschiena
Un luogo davvero incantato, il Tenimento di Oschiena, parte dei beni dell’Abbazia di Santo Stefano di Vercelli tra il XVI secolo e la fine del 1700. La cascina era un piccolo borgo al quale non mancava nulla, fatto di mondine, palatori, carrettieri, cavalcanti, sellai, fabbri, carpentieri e falegnami. Il paesaggio agricolo cambia con la meccanizzazione successiva alla Seconda guerra mondiale e molte attività scompaiono. Alice Cerutti è una coltivatrice diretta che dopo la laurea in economia aziendale ha scelto di condurre Cascina Oschiena, ridandole vita e aderendo a un progetto di salvaguardia di ambiente e biodiversità ricreando il paesaggio rurale antico. La semina del riso avviene a spaglio nella risaia allagata, in controtendenza con le tecniche moderne in asciutta. L’alta qualità della produzione è testimoniata dalla resa degli ottimi risi, in particolare dal Carnaroli classico. È del 2019 la creazione dell’Oasi Naturale per il ripopolamento della Pittima Reale (rappresentata nel logo dell’azienda), rinunciando a 25 ettari fino ad allora dedicati alla produzione del riso.
Stroppiana (VC) Risoinfiore
Nonna e bisnonna di Paola Fiore erano le mondine del nonno di Adolfo Barbonaglia, il marito che è alla terza generazione di famiglia nel mondo del riso e con la sua pratica agricola tecnologicamente molto avanzata contribuisce al successo dell’azienda che negli ultimi anni è passata ad integrare la commercializzazione alla produzione del riso. Agricoltura sostenibile e di precisione, quindi, con impianto fotovoltaico, sistema di guida GPS, mappatura delle produzioni. Nulla è lasciato al caso, con una lavorazione minima dei terreni e la pratica del sovescio. La grande peculiarità di Risoinfiore è però il riso a residuo zero, commercializzato e raccolto per la prima volta nel 2017 con marchio registrato in tutta Europa e al 100% esente da residui di sostanze fitosanitarie, testimoniati da analisi mulltiresiduale full. Si chiama Gloria la varietà di riso, una tipologia di lungo A che presenta un chicco corposo e resistente, con una struttura interna porosa che permette tanto di assimilare il sapore degli ingredienti quanto di restare croccante.
Novara Risipreziosi
Angelo Aina è colui che nel 1937 dà vita a una storia agricola che si protrae nelle generazioni fino ai giorni nostri e che parte dal Podere Prati Beja (che oggi si sviluppa su un’area di oltre 125 ettari), alle porte di Novara, di proprietà dell’Ospedale Maggiore della Carità e acquistato cinque anni fa dalla famiglia, da principio dedicato alla coltivazione di frumento, granturco e foraggio per l’alimentazione delle cento vacche da latte del cascinale, con una piccola parte di riso. Quando l’allevamento cessa la sua attività nel 1977, è Roberto che converte la produzione in cerealicola con la prevalenza del riso. Federico entra in azienda nel 2009 e intuisce che la strada migliore è quella di una filiera corta dalla quale ottenere prodotti di alta qualità. Nasce così Risipreziosi e con essa tre varietà nuove come il Nero aromatico Gioiello, il Rosso aromatico Solitario e il notevole Bianco Karbor. La produzione avviene sulla base di tecniche di agricoltura sostenibile e conservativa, con l’utilizzo del sovescio e della rotazione colturale.
Casalbeltrame (NO) Tenuta La Mondina – Riso Buono
Ci sono persone capaci di rivoluzionare letteralmente la propria vita, passando, come ha fatto Cristina Brizzolari, romana di nascita, laurea e poi un master in Business Administration, dal trading immobiliare a Londra alla campagna della magnifica tenuta di Casalbeltrame nel novarese, di proprietà del marito Vittorio Guidobuono Cavalchini e forte di una tradizione risicola che risale al XVII secolo, prima con la nobile famiglia dei Gautieri e poi con i marchesi Cuttica di Cassine. Di questo posto, 86 ettari di coltivazione a riso con una stupenda dimora storica poi ristrutturata con estremo gusto, se ne innamora nel 2011, decidendo di gestirne l’attività agricola e di creare il marchio “Riso Buono”, uno dei punti di riferimento per i locali di fine dining in Italia. Punti di forza, per una produzione di circa 6500 quintali all’anno, due varietà come il Carnaroli Gran Riserva lasciato invecchiare un anno da grezzo e l’Artemide, una varietà di riso nero che origina da un incrocio naturale tra Venere e Indica.
Robbio (PV) DiCristiana
Un’azienda che “oltre il biologico” che coltiva senza l’utilizzo di fertilizzanti, erbicidi, antiparassitari e fungicidi di sintesi. Nessun trattamento in alcuna fase produttiva, tutto questo per garantire al consumatore il massimo della salubrità e il rispetto dell’ambiente. L’essiccazione avviene a bassa temperatura con bruciatore a gas. Il riso viene sbramato con procedimenti lenti e la lavorazione tradizionale a pietra consente di non scaldare il chicco. È la filosofia produttiva praticata da Cristiana Sartori, la quale crea il suo marchio nel 2018. Ci tiene a sottolineare la differenza qualitativa nel riso sia tra annate di produzione sia tra i differenti terreni di coltivazione. Il suo riso subisce la pilatura a pietra con le storiche sbiancatrici tipo Amburgo. Di sé dice: “Sono un’agronoma, ma anche una Sommelier del Riso e non mi accontento del risultato in campo: la vera prova di un ottimo lavoro è il gusto.”
Mortara (PV) Tenuta Agricola Ferraris Cascina Alberona
Luigi Ferraris compie i suoi studi all’istituto agrario di Castelfranco Veneto, nel trevigiano e inizia la sua attività riprendendo in mano nel 1988 quella già avviata dai suoi nonni nella bassa Lomellina in tre diverse cascine dopo aver lasciato quella di Romagnano Sesia nel novarese. La tenuta attualmente occupa uno spazio di 130 ettari, tra riso, mais e pioppeti. La qualità della produzione risicola subisce un rigido controllo lungo la filiera, a partire dalla riproduzione del seme che avviene anch’essa direttamente all’interno. La pilatura è a pietra e il confezionamento sottovuoto. Tra i molti prodotti di Cascina Alberona, per un totale che varia tra le 700 e le 800 tonnellate di risone ogni anno, spicca la riserva di Carnaroli Classico, selezione disponibile in quantità limitata, stagionata nei silos aziendali a temperatura controllata per due anni. Ferraris è molto attivo nella divulgazione della cultura del riso, aprendo le sue porte a visite e approfondimenti e sui social con una community dedicata agli amanti del riso.