A Cabia, piccolissima frazione in provincia di Udine sulle Alpi Carniche, è rimasto solo Matteo Gortani, quinta generazione di distillatori, ad avere la licenza per produrre Elisir, liquori, grappe e distillati. Fra i suoi prodotti di punta lo Slivovitz.
Casato dei Capitani
La storia
Sulle Alpi Carniche, a 753 metri sopra il livello del mare, arrampicato su un promontorio che si inerpica tra boschi di castagni, faggi e abeti, si trova Cabia, frazione del più grande sito di Arta Terme in provincia di Udine, quest’ultimo borgo montano famoso per il dolce potere delle sue acque. Arduo ricostruire la storia di questo villaggio che conta poco più di 150 abitanti, il doppio nei periodi di villeggiatura, case sparse comprese.
I saggi del posto direbbero in un ideale incipit “un tempo, quassù, era tutto prato”; in alternativa, fino agli inizi del XX secolo i punti di riferimento principali erano le distillerie, 12 solo a Cabia, a fronte di un censimento che ne stimava 14 in tutta la zona. In effetti, tuttora si possono osservare alberi di pero, melo, susino e ciliegio, coltivazioni speciali in un luogo che si è da sempre distinto per l’arte della distillazione di frutta fresca raccolta nei dintorni. Di distillerie, invece, ne è rimasta solo una: Casato dei Capitani.
“Risale alla fine del 1600 il documento conservato presso la Basilica di Aquileia in cui si attesta che il patriarca rilasciò a Gortan Pietro la possibilità di distillare la frutta per uso proprio. Esiste poi una Dichiarazione di lavoro datata 1888 con la licenza alla distillazione e intestata al bisnonno di mio padre, Gortani Giovanni fu Leonardo Capitanio (quest’ultimo un sovra-cognome usato per distinguere i Gortani con diretta discendenza dal personaggio storico, senza il quale oggi non conosceremmo la bevanda ricavata dalla fermentazione delle prugne). La prima volta che la assaggiai fu per sbaglio, ero bambino e stavo soffiando in una damigiana nella quale si metteva solitamente dentro una gomma affinché entrasse aria e non gorgogliasse; io invece di soffiare ho aspirato”.
Un po’ come Cristoforo Colombo ha fatto con il pomodoro, il cacao o la zucca, il Capitano contribuì a far conoscere a tutto il mondo il distillato proveniente da quello che all’epoca non era ancora Est Europa, in Italia attualmente prodotto nel Triveneto, in particolare, in Friuli-Venezia Giulia dove ha avuto la funzione di collante tra le usanze carnico-slave. Liwowica in Polonia, Tuica in Romania, Slivovka in Slovenia, mentre nei paesi anglosassoni è arbitrariamente tradotto come Old Plum Brandy: lo Slivovitz ha trovato pittoresche varianti geografiche del suo nome che, letteralmente, significa “acqua di prugne”, attecchendo con slancio nella cultura del bere friulano.
L'azienda
Per arrivare a trovare Matteo in distilleria bisogna attraversare per intero questa località montana che sul cartello di benvenuto recita: “Attenzione, rallentare: in questo paese i bambini giocano ancora per strada”. Una segnaletica stradale che dà subito la sua dimensione a misura d’uomo di Cabia, che paradossalmente non annovera neanche un bar tra le viuzze strette e le varie casupole in fila indiana abitate da famiglie di malgari e di distillatori. Eppure, questo paesino tenace ha resistito al tempo, uno di quei pochi in cui sono rimasti a vivere anche i giovani e dove la biodiversità che si raccoglie ancora con la gerla in spalla è uno spettacolo della natura.
“Iniziamo in giugno con le ciliegie, poi pere e susine a fine estate mentre con il freddo arriva il tempo delle mele e delle noci. Prima, tutte le famiglie possedevano dei frutteti, un’agricoltura che è stata soffocata dalle leggi della montagna. Purtroppo, l’alluvione dello scorso anno e le gelate primaverili hanno compromesso metà del raccolto. Questo ha determinato un approvvigionamento fuori dalla nostra vallata, attraverso una selecta ragionata di frutti in base alla qualità di ciascuno. È capitato che per tre anni di seguito gli alberi non facessero prugne. Il problema è serio perché il prezzo è stato addirittura triplicato. Una prugna molto simile a quella di Cabia è la susina di Dro, una Dop nella zona del Lago di Garda, che con mio padre e mio zio scoprimmo nel 2001. Vent’anni fa la sua produzione era di 500 mila quintali, quest’anno ne sono stati prodotti a malapena 500 quintali”.
Una riflessione che fa il paio con la graduale scomparsa di altre tipologie di frutta locale come la Pêr Martìn, una varietà di pere autoctone, molto performante nei processi di distillazione, dai frutti piuttosto piccoli e dalla forma sferica che a colpo d’occhio la fa sembrare una mela, per Matteo insostituibile per la produzione del suo Cuor. “In questo tipo di liquori il segreto sta tutto nella frutta che distillo a 30 gradi e a cui addiziono unicamente zucchero, senza alcun aroma aggiunto. Se ci tolgo il vero sapore di queste primizie, cosa resta?”.
I prodotti
Intuizione del padre furono gli Elisir, finissimi liquori ottenuti dall’infusione dei piccoli frutti, declinati nel gusto di mirtillo, lampone, frutti di bosco e semi di cumino, quest’ultimo “il più corroborante della gamma”, aggiunge Matteo, “che da tempi immemori le famiglie lasciavano in infusione nel distillato di uva bianca fino a ottenere un liquore dalle potenti proprietà digestive. Si apprezza di più se servito freddo”. L'ultimo discendente della famiglia di distillatori di Cabia che tramanda la tradizione di antica distillazione si divide tra la parte di bottega e l’ambiente di produzione. Il negozio è avvolto dal tipico ambiente carnico in legno scuro, tra alambicchi in miniatura in rame, vecchi porta latte da arredo e foto in bianco e nero degli avi, mentre il retro accoglie la camera di distillazione a un ritmo che, almeno fino a prima della pandemia, raggiungeva le 10 mila bottiglie annue e da relativamente poco tempo annovera un prodotto assolutamente raro per il territorio, la grappa.
Indirizzo
Casato dei Capitani
Foto per gentile concessione dell'azienda