Origine, caratteristiche e consigli sulla scelta e l'utilizzo della carne divenuta un riferimento per gli appassionati.
La Storia
Una carne quasi leggendaria, dall’aspetto marmorizzato, definita talvolta la “Rolls-Royce” o il caviale di manzo: la Wagyu, il cui nome significa semplicemente “bue giapponese” (wa – gyu), è divenuta un alimento iconico del Giappone. Il suo consumo è però relativamente recente, poiché fino al 1870 il consumo di tutti gli animali a quattro zampe era considerato proibito in terra nipponica a causa di restrizioni e convinzioni religiose e sociali. I buoi ad esempio in quel periodo erano utilizzato solo come animali da allevamento o da traino.Da quel momento, dopo alcuni cambiamenti di natura politica, fu ritenuto irragionevole astenersi dal mangiare carne, in particolare quella bovina. A partire dal XIX secolo poi furono introdotte diverse specie europee come l’Angus ed incrociate con i bovini giapponesi. Dal 1944 vennero classificate quattro differenti razze di wagyu: la bruna, la senza corna, la Shorthorn e la nera che ora costituisce il 90% delle mandrie nazionali. Oggi ci sono quasi 200 ceppi di bovini wagyu prodotti in Giappone, ed i più apprezzati sono Tajima-gyu (dalla prefettura di Hyogo), Matsusaka-gyu (Mie), Ohmi-gyu (Shiga), Yonezawa-gyu (Yamagata) e Saga-gyu (Saga).
Non tutti i bovini sono uguali per quel che concerne la tipologia di carne: esiste infatti una classificazione in base alla quantità di carne di alta qualità per ogni capo, stilata dalla Japan Meat Grading Association, che indica con A il grado di rendimento più elevato e con la C il più basso. Vengono inoltre assegnati anche dei numeri dall’1 (il più basso) al 5 (il massimo) per indicare il grado di marmorizzazione, la consistenza e la compattezza, ma anche il colore e la luminosità e la qualità del gasso. La carne classificata quindi come A5 è quella il cui costo è più alto. Esiste anche un ulteriore indice, il Beff Marbling Standard (BMS), che indica il rapporto del grasso marmorizzato, misurato da 1 (basso) a 12 (massimo).
Generalmente i bovini vengono allevati per più di 30 mesi, e conducono una vita tranquilla trascorrendo gran parte del tempo confinati, con pochissimo movimento, per poter sviluppare al meglio la loro ricca marmorizzazione del grasso. Ogni ceppo ha le sue caratteristiche che rispecchiano i parametri dei vari allevamenti ma anche le differenze da territorio a territorio per quel che concerne i mangimi. Il più noto di questi ceppi è il Kobe-Gyu, da cui proviene la famosa carne di Kobe: prende il nome dalla capitale della prefettura di Hyogo, ed è una selezione del bestiame della prefettura di Tajima. Tutti i bovini devono essere nati, allevati ed elaborati all'interno della prefettura, devono avere un peso della carcassa inferiore a 500 kg, un rapporto di marmorizzazione pari o superiore a 6 e devono avere una qualità della carne e un grado di resa di almeno 4B. Parametri molto rigidi che vengono rispettati da circa 3.000 capi di bestiame ogni anno.
Bistecca di ohmi wagyu giapponese di Waku Ghin, n.40 dei 50 best restaurant asiatici 2019
Mangiata in rare occasioni a causa del suo prezzo, quando il consumo di carne bovina fu finalmente sdoganato nella cultura popolare, la wagyu veniva inizialmente cucinata nel rispetto della tradizione culinaria giapponese. Le due ricette classiche sono la Shabu-shabu e la Sukiaki, ed entrambe prevedono la cottura della carne in padelle poste al centro del tavolo da pranzo. Nel primo metodo le sottili strisce di carne di manzo vengono immerse per pochi istanti nel brodo bollente, per poi essere condite con varie salse; nel secondo caso invece si utilizza una padella poco profonda ed un brodo agrodolce a base di salsa di soia, sakè o mirin e zucchero. Terminata la cottura della carne, questa viene affettata in maniera sottile e quindi immersa in una ciotola piena di uovo crudo sbattuto.
Miti da sfatare?
Negli anni ’70 circolavano molte immagini che ritraevano gli agricoltori intenti a massaggiare le loro gigantesche mucche nere e versavano loro della birra direttamente dalla bottiglia: ciò non avveniva realmente, ma serviva solo per far capire quanto gli allevatori tenessero ai loro capi di bestiame. È anche vero però che questi bovini conducono davvero una vita “privilegiata”, come sovente avviene per gli animali da cui dover ottenere una materia prima di particolare pregio.
Spesso viene espressa la preoccupazione relativa all’alto contenuto di grassi della carne wagyu, che dona sicuramente grande sapore ma che potrebbe essere nocivo per la salute. Ciò in realtà non è vero poiché il grasso di questa tipologia di carne contiene alti livelli di acidi grassi monoinsaturi benefici, ricchi di Omega-3. Inoltre il punto di fusione di questo grasso è inferiore rispetto al normale grasso di manzo, e quindi al palato si ha la sensazione di incredibile scioglievolezza.
È un alimento costoso? I metodi di allevamento ed i parametri di classificazione rendono effettivamente questa carne molto dispendiosa dal punto di vista economico, ed è per questo motivo che nella cucina tradizionale giapponese viene servita a fettine molto sottili, come avviene nello Shabu-shabu, piuttosto che in pezzi grossi.