La giovane promessa dei vini ha perso la vita in seguito ad un tragico episodio verificatosi nell’insegna di Terracina. La vicenda e il ricordo della sommelier di Essenza.
La notizia
C’è chi del vino fa una professione, e chi lo trasforma in vocazione. C’è chi versa un calice con perizia, e chi, nel farlo, racconta storie. Poi c’è chi, come Mara Severin, sembrava nascere proprio per quello: per abitare il tempo lento e vibrante della sala, per cercare nei riflessi dorati di uno Chardonnay la chiave di un’esperienza che va “oltre il piatto”. Un talento raro, il suo, di quelli capaci di lasciare il segno nei gesti gentili, nei sorrisi che diventano parte del ricordo, in un sorso che sa di casa e scoperta allo stesso tempo. Aveva solo 31 anni Mara, ma il tempo l’aveva vissuto con intensità. Era cresciuta nella ristorazione come chi non sa bene dove lo porterà il destino, ma lo segue con fiducia, finendo per innamorarsene perdutamente. E così ha fatto il vino con lei: l’ha scelta, l’ha formata, le ha dato una lingua tutta sua con cui esprimersi. Un amore sbocciato "quasi per caso", come lei stessa raccontava, e diventato via via una seconda pelle, un’identità.

La sua è una di quelle storie che scaldano il cuore ma lo lasciano, ora, ferito. Il crollo del tetto del ristorante Essenza di Terracina, lo scorso 7 luglio, ha fermato per sempre quel percorso. Nel momento in cui scriviamo i pm di Latina stanno vagliando l’ipotesi di omicidio colposo: non sembra esser stato il maltempo, né la furia del vento, ma a quanto pare un cedimento strutturale del solaio. Il condizionale è d'obbligo fino ad ad ulteriori accertamenti; ora, in ogni caso, il ristorante è temporaneamente sotto sequestro. Sotto le macerie, insieme a Mara, altri dipendenti e clienti. Ferite due persone rimaste coinvolte esternamente. Ma è il nome di lei, il volto di lei, che ora commuove un’intera comunità. Il suo ultimo post su Instagram era una dichiarazione d’amore professionale: un reel delicato, elegante, montato con immagini che raccontano il dietro le quinte di Essenza, tra vini e tavoli accarezzati dalla luce. “Ogni gesto, ogni attenzione, ogni dettaglio si unisce per dare vita a un’esperienza che va oltre il piatto”, scriveva. Era la sintesi perfetta del suo approccio al lavoro: estetica e dedizione, precisione e passione. E quella dedizione non passava inosservata. “Ci accoglieva sempre con il sorriso”, scrive un cliente. “L’ultima volta due settimane fa. Ho il cuore a pezzi.”

Nel 2023, insieme allo chef Simone Nardoni e alla compagna di lui, Ilary, aveva ideato una sala interamente dedicata al vino. Non un semplice spazio di servizio, ma un luogo in cui il vino diventasse racconto, un viaggio immersivo, un momento da vivere e ricordare. Per Mara, il vino non era mai solo accompagnamento, ma protagonista discreto, capace di creare connessioni. Nel suo lavoro cercava sempre l’equilibrio tra grandi nomi e piccole realtà, tra etichette note e nuove scoperte. Aveva una predilezione per il pinot nero, vitigno complesso e sensibile, come lei. Il suo cammino era iniziato nella sede originaria di Essenza, a Pontinia. Appena ventunenne, aveva cominciato senza troppe aspettative: un lavoro in sala, qualche turno, l’idea — forse — di un’esperienza transitoria. Ma i luoghi, a volte, ci chiamano più forte di quanto immaginiamo. Dopo tre anni, quella ragazza gentile era diventata la custode della cantina, che nel tempo era arrivata a contare oltre 900 etichette da tutto il mondo. Poi, nel 2022, il diploma da sommelier Ais: un traguardo che era solo l’inizio. Una strada interrotta troppo presto, troppo bruscamente. Eppure piena, densissima. In dieci anni Mara aveva costruito un’identità professionale e personale che ora molti ricordano con ammirazione. Non era “solo” una sommelier, era un punto di riferimento, una presenza luminosa che sapeva fare della sala un luogo d’accoglienza autentica.

Ora resta il dolore, resta lo sgomento. Ma restano anche i gesti, i ricordi, gli insegnamenti. Resta l’eco di un brindisi mai finito. E quella gentilezza che ha lasciato segni ovunque: nei clienti, nei colleghi, nei calici, tra le righe di un reel, tra i tavoli di un ristorante che ha avuto — nel suo breve, intenso tempo — un cuore grande che si chiamava Mara Severin.