Food&wine

Jessica Fernandez, la “casara" trentenne che scova i migliori formaggi del mondo

di:
Alessandra Meldolesi
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jessica fernandez

L’ossessione è la chiave del successo: Jessica Fernandez è partita come commessa nella migliore bottega messicana di formaggi; oggi è affinatrice e giudice nei principali concorsi internazionali.

La storia

Il Messico è famoso per tante cose, dalle spiagge sterminate alle tortillas; un po’ meno per il formaggio, che fino a pochi anni fa arrivava in tavola solo sotto forma di quesillo fresco, cotija e tipo manchego per le quesadillas. Qualcosa ha iniziato a cambiare quando i fratelli Carlos e Georgina Yescas hanno aperto a Città del Messico un negozio specializzato chiamato Lactography, iniziando a commercializzare i prodotti di nicchia delle fattorie e dei ranch del paese. In questo modo tanti consumatori hanno scoperto tipologie nuove, da latte ovino, vaccino o caprino.


Qui ha mosso i primi passi sulla via lattea Jessica Fernandez, chiamata come assistente di Georgina dopo qualche assaggio di gastronomia, comunicazione e architettura. “La mia passione è iniziata seguendo il negozio, mi è piaciuto parlare con i clienti. Sono introversa, ma ho scoperto che non mi dispiaceva raccontare e vendere loro i formaggi”. È stato allora che l’interesse è divampato in passione, il racconto in studio approfondito di caratteristiche organolettiche, provenienze e metodi di produzione, all’occorrenza viaggiando nei paesi di origine, visto che il formaggio è “eurocentrico”.


Due assaggi in particolare l’hanno folgorata: il pecorino maturato nel vino rosso di Rancho San Josemaria Viña Milagro e il Gatekeeper affinato nelle Crown Finish Caves a Brooklyn, purtroppo non più attive. Sempre più coinvolta, Jessica ha studiato perfino biologia per diventare affinatrice, oltre a frequentare corsi di casearia e proseguire le sue visite dai produttori, che però in Messico elaborano quasi sempre latticini freschi, senza spazi per l’affinamento. Poi la visita al World Cheese Awards 2018 in Spagna insieme ai titolari, che hanno cofinanziato il viaggio studio. L’occasione per ampliare ulteriormente il suo bagaglio di conoscenze, nonostante una gastroenterite in corso. L’anno successivo, oltre a battere il Bra Cheese Festival di Slow Food, al WCA era già giurata, mentre si manteneva con un lavoro temporaneo all’estero. Una responsabilità che, confessa, l’ha fatta sentire insicura: “In quel momento sai che puoi cambiare la fortuna di un formaggio per sempre”. C’erano anche i prodotti messicani selezionati dai fratelli Yascas, da organizzare per il meglio.


Quando compriamo un formaggio, diventa nostro e abbiamo la possibilità di direzionarlo secondo i profili che vogliamo. Non è facile mettersi d’accordo con tutti gli anelli della filiera casearia, quindi preferiamo affinare in prima persona”. Non si tratta solo di croste fiorite, ma anche di croste lavate, la sua ossessione. Per esempio, con birra stout e cacao, sidro francese e saké messicano, quest’ultimo medaglia d’oro in Brasile e di bronzo ai WCA di Ginevra.


Fonte: Siete Canibales

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