Che sapore ha il verde? È questa la domanda da cui tutto prende forma. Una provocazione filosofica che diventa materia viva nei piatti dello chef, non solo nella scelta degli ingredienti ma nell'intero approccio gastronomico.
La notizia
Nel tratto più sensuale e verticale della Costiera Amalfitana, dove le rocce sembrano precipitare con eleganza nel blu del mare e la vegetazione pare dipinta a mano, riapre i battenti uno dei templi del gusto più raffinati del Mediterraneo: Volta del Fuenti. Non un semplice ristorante, ma un’esperienza sensoriale incastonata nei Giardini del Fuenti, progetto di rigenerazione paesaggistica e architettonica firmato dalla visione di Alessandra e Pier Luigi De Flammineis, che hanno trasformato un angolo sospeso tra cielo e mare in un piccolo universo di bellezza coltivata e custodita.


Con l’arrivo della bella stagione, lo chef Michele De Blasio — un talento campano con lo sguardo rivolto al mondo — accende nuovamente i fornelli o, meglio, orchestra la sua sinfonia gastronomica sotto l’insegna di una nuova sfida cromatica: il verde. È il colore il filo conduttore di Riflessioni, il menu degustazione primaverile 2025 che affianca l’altro percorso narrativo, Origini. Entrambi raccontano la cucina di De Blasio con toni diversi, ma è nel primo che lo chef ha deciso di sperimentare, riflettere e condurre il commensale in un viaggio sinestetico dove gusto, colore e memoria dialogano tra loro.

Ma che sapore ha il verde? È questa la domanda da cui tutto prende forma. Una provocazione filosofica che diventa materia viva nei piatti dello chef, non solo nella scelta degli ingredienti ma nell'intero approccio: il verde come simbolo di leggerezza, freschezza, essenzialità; come codice espressivo capace di condensare natura e tecnica, memoria e contemporaneità.

Nel pensiero di Michele De Blasio, il colore non è mai orpello, ma veicolo. Il verde non è solo tonalità, è concetto. È la metafora di una cucina che vuole alleggerire senza tradire, che vuole trasformare senza stravolgere. È la tavolozza emotiva di uno chef che costruisce sapori come si costruiscono paesaggi: con attenzione, pazienza, verità. Il suo non è un esercizio estetico, ma un’architettura del gusto che parla il linguaggio dell’essenza.
I nuovi piatti
Nel piatto d’apertura — Frutta secca, spinaci e sesamo — il ricordo affettuoso di una consuetudine napoletana, “’o spassatiempo”, viene trasfigurato in una raffinata elegia vegetale. Un foie gras vegetale a base di anacardi, adagiato accanto a tre mandorle “finte” ma realisticamente verdissime, plasmate con pesto di spinaci e affiancate da una salsa di aceto di mare: un’introduzione che chiarisce immediatamente la direzione del viaggio, tra ironia, memoria e pulizia formale.

E poi arriva Pasta e patate, prima e dopo. Una doppia voce, una melodia spezzata che si ricompone: da un lato la tradizione pura, il boccone affettuoso che parla la lingua delle nonne; dall’altro, la stessa pasta e patate spogliata dei grassi, ricomposta in una veste eterea, moderna, dove un cappuccino di prezzemolo affumicato accarezza la cremosità ottenuta dalla paziente caramellizzazione degli amidi. Qui il tempo diventa ingrediente. Non si aggiunge sapore: lo si fa emergere, con dolce determinazione.

L’equilibrio tra delicatezza e intensità trova la sua incarnazione nel piatto Dentice, limone, thè nero affumicato ed erbette: il pesce, cotto con garbo, si scioglie al palato. Il tè nero affumicato amplifica l’anima salmastra del dentice, il limone aggiunge verticalità aromatica, mentre le erbe — ciascuna con la propria nota piccante, acida, amara — disegnano un’orchestra botanica perfettamente intonata. Una chiusura amara, con la polvere di foglie di limone, accompagna la pulizia del palato in un ultimo colpo di scena.

Il finale è un’inversione cromatica: Meringata, fragoline di bosco, tè verde matcha e rosmarino. Bianco. Candido. Il verde si ritira, si nasconde sotto la superficie come un’eco. La meringa è il guscio che protegge un cuore fresco e aromatico, dove l’acidità delle fragoline si armonizza con l’amaro elegante del tè e il profumo pungente del rosmarino. Un dessert che è più un epilogo poetico che una dolce conclusione, una coda visiva che rimette ordine nella sinfonia cromatica.

La primavera qui non è solo stagione, ma promessa mantenuta. E la stella Michelin che illumina il Volta del Fuenti non è solo un riconoscimento, ma una conferma di un percorso che guarda avanti, con le radici ben piantate nella terra. Verde, naturalmente. E tutto questo accade nei Giardini del Fuenti, luogo che più che essere raccontato, andrebbe vissuto. Un rifugio gentile che ospita, oltre al Volta, anche il Limoneto Bar, il suggestivo Caveau e il beach club Riva del Fuenti, con la sua proposta gastronomica sul mare. Un ecosistema che custodisce la bellezza come valore, e che nella cucina di De Blasio trova una delle sue espressioni più intense.

Contatti
Volta del Fuenti
S.S. 163 Amalfitana km 47+300 Vietri sul Mare – 84019 Salerno
Tel. +39 351 001 0654
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