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Leonor Espinosa in un evento unico da Locale Firenze: “La cucina? A volte è arte, non solo cibo”

di:
Marco Colognese
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“Il mio lavoro non è solo gastronomico, ma profondamente artistico e curatoriale. Fin dall'inizio, il mio approccio è stato quello di un artista visivo che usa la gastronomia come mezzo di espressione, articolando concetti, narrazioni ed esperienze vissute all’interno di un discorso più ampio su identità, territorio e memoria”. La visione di Leonor Espinosa in un’intervista da non perdere.

L'evento

Di Locale Firenze, luogo di scenografica bellezza e ricco di storia, oltre che sede di un bar ultrapremiato e di una cucina notevoli, abbiamo avuto modo di scrivere qualche tempo fa quiPassano i mesi e Simone Caponnetto consolida una cucina che unisce tecnica e divertimento, gusto e immediatezza. L’abbiamo ritrovato, con il bar manager Fabio Fanni, nel corso di una cena speciale, una quattro mani più due, dato che con lui c’erano Leonor Espinosa e Laura Hernández Espinosa, de La Sala de Laura, primo bar colombiano a entrare nella The World 50 Best Bars (al 44° posto nel 2024).

TEAM LEO AND LOCALE 1
 
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INTERIOR DINING ROOM 2
 

Insieme a un gruppo interdisciplinare, madre e figlia hanno formato il Grupo Leo Project con lo scopo di contribuire allo sviluppo della Colombia incentrandolo sulla gastronomia come strumento di trasformazione sociale. La Sala de Leo, La Sala de Laura e la Fondazione Funleo, unite, contribuiscono a dar vita ad alternative sostenibili che possano contribuire al benessere delle comunità etniche e rurali. Allo stesso tempo l’idea è quella di posizionare la Colombia sulla scena alimentare globale.

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La Sala de Laura
 

La serata è stata un’occasione ghiotta per apprezzare un lavoro che si muove attorno a ingredienti e sapori non sempre usuali per la nostra cultura gastronomica ma certamente ricchi di gusto e divertenti da scoprire, con piatti come calamari, salsa al corozo, purea di fave e schiuma di kefir abbinato a “Bouganvilleas” con prugna selvatica umeshu, cioccolato bianco Pomarrosa e bouganvillea o ancora il buonissimo Cacay, sacha inchi, guayusa e pronto alivio, infusione di erbe colombiane tradizionale, abbinato a “The Ninja Priest” dalla colombiana Coachí Cundinamarca.

SQUID COROZO SAUCE BROAD BEAN PUREE AND KEFIR FOAM EL FRAILEON
 

Di grande eleganza anche i funghi con pasta di noce di macadamia e sale di Manaure, il più grande sito di estrazione in Colombia, abbinati a “El Maiz”, con Ketel One vodka e mais tostato. Decisamente interessante il dolce in cui viene usata la mucillagine del cacao, ganache affumicata e granella di cacao, abbinata a foglia di coca, vino al limone e cacao. Notevoli, va detto, anche i piatti di Caponnetto, come la ventresca di tonno rosso e peperone, melassa di peperone acida, purea di limone e fiori di rosmarino, abbinati al kefir allo zafferano del Chianti; così come i cappelletti ripieni di colombaccio con nocciola e castagna abbinati a whisky, miso e cipolla.

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MUCILLAGE DESSERT CLOSE UP
 

Si è trattato di un’occasione importante anche per fare qualche domanda a Leonor, World’s Best Female Chef 2022 e figura di spicco per il Sud America gastronomico, tanto da aver ricevuto nel 2024 lo Sferic Award, premio per l’innovazione in cucina e quest’anno il premio Terrae 2025, grazie al suo impatto sulla gastronomia sociale e rurale. Abbiamo iniziato chiedendole se ci fosse ancora qualcosa da raccontare su di lei, la sua professione e la sua filosofia gastronomica: “La mia carriera è stata ampiamente documentata in diversi media, ma a volte sento che la narrazione tende a concentrarsi su alcuni aspetti del mio lavoro, trascurando altri che sono altrettanto fondamentali. Il mio lavoro non è solo gastronomico, ma profondamente artistico e curatoriale.

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Spesso la conversazione sulla mia proposta si concentra sull’uso degli ingredienti della biodiversità, ma meno su come ho costruito un’estetica e un linguaggio propri all’interno della cucina. Fin dall'inizio, il mio approccio è stato quello di un artista visivo che usa la gastronomia come mezzo di espressione, articolando concetti, narrazioni ed esperienze vissute all’interno di un discorso più ampio su identità, territorio e memoria. Lo stesso lavoro curatoriale c’è nella selezione degli ingredienti, non solo per la loro provenienza o valore biologico, ma per ciò che rappresentano culturalmente. Esploro la biodiversità da una prospettiva concettuale, integrando storia, arte e pensiero critico nel modo in cui gli alimenti vengono presentati e in cui si dà loro un significato. Mi interessa che la mia cucina venga non solo sperimentata con il palato, ma che provochi domande, generi dialoghi e allarghi il nostro modo di comprendere la relazione tra cultura, arte e alimentazione.”

MUSHROOM MACADAMIA PASTE MANAURE SALT CLOSE UP
 

La curiosità ci ha spinto a chiederle che impatto abbia avuto il riconoscimento in The World’s 50 Best Restaurants sulla crescita del suo ristorante, sulla sua carriera e sulla percezione della cucina colombiana: “è stato un punto di svolta e di trasformazione su vari livelli. In primo luogo, ha spinto la crescita del ristorante, aumentando significativamente la visibilità sia a livello nazionale sia internazionale. Ciò si è tradotto in un maggiore afflusso di clienti e in nuove opportunità di collaborazione, permettendoci di esplorare e ampliare la nostra proposta culinaria. A livello personale e nella mia carriera, questo traguardo rappresenta una validazione dell’impegno. Infine, questo riconoscimento ha contribuito a ridefinire la percezione della cucina colombiana sulla scena globale. È passata dall’essere vista come una semplice espressione regionale a essere considerata una proposta vibrante, sofisticata e in continua evoluzione, capace di dialogare con le tendenze internazionali senza perdere la sua essenza e autenticità.

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E prosegue: “La cucina colombiana oggi è un riflesso della sua diversità geografica, culturale e biologica. È evoluta da una visione tradizionale verso una proposta più contemporanea che valorizza sia le tecniche ancestrali sia l'innovazione. È sempre più riconosciuta come una cucina di identità, con una forte connessione con i suoi ecosistemi e una narrazione che mette in risalto gli ingredienti autoctoni. Attualmente, c'è un crescente interesse per le specie endemiche, alcune delle quali sono state riscoperte o reinterpretate in nuove espressioni. Si è anche rafforzata la relazione tra gastronomia e territorio, inteso come veicolo per esaltare le conoscenze e le visioni locali. In questo senso, la cucina colombiana non celebra solo le sue radici, ma si proietta con maggiore solidità sulla scena internazionale, distinguendosi per la sua autenticità e ricchezza in biodiversità.”

BUFFALO PUNTUMAYO GREEN PEPPER AND THE MAZE
 

Abbiamo continuato parlando di ingredienti: “Nella mia cucina, cerco di mettere in risalto ingredienti che rappresentano la biodiversità colombiana e che raccontano una storia sul territorio. Tra questi, includo specie promettenti ma poco esplorate, frutti selvatici, radici, tuberi, fermenti tradizionali e proteine alternative locali, che portano con sé un senso di appartenenza, riflettendo la ricchezza culturale del paese e permettendo di costruire una narrazione gastronomica che va oltre la tecnica e l’estetica.” Per Leonor, nel tempo, la sua visione di cucina “è evoluta da una prima esplorazione delle tradizioni culinarie colombiane verso una proposta più profonda, dove la biodiversità e l’identità culturale sono al centro della narrazione gastronomica. All'inizio mi interessava mettere in evidenza le ricette tradizionali all'interno di una cucina moderna, ma con il tempo ho capito che la gastronomia poteva essere un veicolo per una riflessione più ampia sul territorio e sulla sostenibilità.

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Ho incorporato influenze che vanno oltre il culinario, come l'arte, l'antropologia, la biologia, l’etnobotanica e l'ecologia, permettendomi di costruire una proposta che comunica storie e contesti. Inoltre, il mio lavoro con le comunità contadine, indigene e afrodiscendenti ha arricchito la mia comprensione del cibo come atto culturale e simbolico. Tutto ciò ha dato forma a una cucina che cerca di generare esperienze immersive, dove ogni piatto ha uno scopo all'interno di un racconto più ampio.” Non ne abbiamo scritto prima per porre una domanda specifica sul bufalo con il pepe verde Putumayo, piatto che abbiamo trovato davvero notevole, chiedendo alla chef come l’ha concepito: “Il piatto nasce dall'intento di evocare e connettere l’anima degli ecosistemi delle pianure colombiane, in particolare quelle del Magdalena Medio e, nel sud del paese, dell’Amazzonia o del basso Putumayo, e il rapporto dell'uomo con l'ecosistema, indipendentemente dal luogo geografico.”

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Anche il dolce ‘collaborativo’, con il ricorso alla mucillagine di cacao come elemento che ricorre spesso nella sua cucina, va commentato: “Il dolce collaborativo è nato come un'esplorazione di una sinergia. Nella mia cucina è ricorrente l’uso dei diversi Theobroma e di tutti i loro componenti per permettere un’espressione molto più complessa. Non si tratta solo del cacao, ma di come le sue diverse parti (mucillagine, semi, corteccia), possano essere reinterpretate. Il dolce, in un menu, deve essere più di un semplice finale, deve funzionare come un atto conclusivo che rafforza la narrativa dell’esperienza gastronomica. Non lo vedo come un semplice contrasto o tentazione indulgente, ma come un’estensione del concetto generale del menu. Nella mia cucina il dolce deve essere in sintonia con l’identità del menu, dialogare con la biodiversità e gli ingredienti del territorio e mantenere un equilibrio tra ciò che è percepito e ciò che è concettuale. Non si tratta solo di soddisfare il gusto per il dolce, ma di aggiungere profondità, sorpresa o addirittura provocare una riflessione.”

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Infine, è importante fare un cenno alla fondazione Funleo e all’importanza che riveste per Leonor: “La Fondazione Funleo è stata un alleato strategico nel mio lavoro, fungendo da ponte tra l’innovazione culinaria e l’impegno per la sostenibilità e la cultura locale. La sua attività mi ha permesso di approfondire la conoscenza delle tecniche e dei saperi ancestrali, connettendomi con comunità e produttori che lavorano in modo responsabile con le nostre risorse naturali. Inoltre, la Fondazione promuove progetti di ricerca e diffusione che arricchiscono la mia proposta gastronomica, rendendo possibile l’integrazione di ingredienti autoctoni e pratiche che onorano il patrimonio culturale e naturale della Colombia. Questo supporto non solo rinforza il mio impegno verso una cucina con identità e scopo, ma mi offre anche l’opportunità di contribuire allo sviluppo sociale e ambientale del territorio.”

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