Tradizione e precisione tecnica: gli ingredienti segreti della Lepre alla Royale di Mathieu Silvestre, che mette il gusto al primo posto.
L'opinione
Può sembrare un paradosso, ma Mathieu Silvestre è stato incoronato campione mondiale di Lepre alla Royale. Perchè un paradosso è presto detto: Silvestre, sous chef a “La Table d’Olivier Nasti”, due stelle Michelin, è allergico alla lepre. La sua vittoria è un chiaro esempio di come una criticità, se guardata da un diverso punto di vista, possa rivelarsi una grande opportunità. Ma, quindi, quali sono gli ingredienti del suo successo, nonché della Lepre alla Royale migliore al mondo? Precisione tecnica, rispetto delle tradizioni e un approccio alla cucina in cui rigore e creatività sono bilanciati con la precisione di un alchimista. Il rispetto della storia di un piatto così complesso e opulento, realizzato per la prima volta nel 1775 a opera del cuoco di corte Marie-Antoine Carême, è infatti un aspetto imprescindibile per chef Silvestre. Conoscere in profondità i fondamentali di questa ricetta così pregna di storia ha permesso allo chef di innovarne alcuni aspetti, arrivando, così, a raggiungere il massimo riconoscimento.
Durante la competizione Silvestre ha presentato la lepre in tre modi - come nessuno aveva mai osato prima- quindi: un budino di lepre con sugo di spezzatino; un filetto di lepre con succo di sedano per bilanciare l'intensità della cacciagione e una versione simile alla ricetta del senatore Aristide Couteaux - risalente al 1898- con coulis di tartufo nero. “L’idea delle tre versioni è un modo di rispettare la tradizione apportando un tocco contemporaneo, osando una versione tripartita della lepre mai presentata in questo concorso. Questo approccio ha fatto la differenza e ci ha permesso di vincere il titolo. La differenza spesso sta nei dettagli, ma dettagli essenziali. Un piatto riuscito, per me, è soprattutto un piatto che cattura l'attenzione, che invoglia a mangiarlo per come è presentato. Deve essere bello, ben pensato visivamente, ma perché diventi eccezionale bisogna andare oltre: deve essere tecnicamente perfetto. Con un piatto come Lièvre à la Royale, tutto sta nel padroneggiare la salsa, che è il cuore della ricetta. Non esiste una ricetta rigida per questa salsa, spetta allo chef sapere dosare ogni elemento, in particolare il sangue, per ottenere l'equilibrio perfetto. È un lavoro di precisione e sentimento”, racconta lo chef a Food&Sens.
Per Silvestre lo studio della salsa perfetta non è stato solo un mero esercizio di stile, o la chiave per guadagnare il titolo, ma la creazione di una tecnica che ora è tratto distintivo della sua cucina. “La tecnica che utilizzo per la salsa dello spezzatino è diventata una firma. Non aggiungo più la farina per addensare la salsa, ma utilizzo il pane bruciato, che ne rafforza la consistenza senza appesantire il sapore. Questa tecnica è ideale per la selvaggina, perché accentua il lato autentico del sugo pur rimanendo leggero. A "La Table d’Olivier Nasti” la applichiamo in diversi piatti durante tutto l'anno. È diventata una base nella nostra cucina per esaltare i prodotti rimanendo fedeli al nostro approccio alla gastronomia”.
Ai giovani chef che desiderano seguire le sue orme e mettersi in gioco per diventare i nuovi campioni di Lepre alla Royale chef Silvestre raccomanda: “Il mio primo consiglio è di godersi appieno l'esperienza ed essere orgogliosi di partecipare al concorso; questa competizione è impegnativa e ogni partecipante ammesso merita di essere lì. Voglio dire loro di cucinare con sincerità, senza preoccuparsi troppo dei dettagli superflui. Non perdetevi nei fronzoli, ma restate concentrati su tecnica e gusto. Ciò che conta è arrivare al punto, rispettare il prodotto e divertirsi. Sarà questo a dare un'anima al piatto, una genuinità che si avvertirà ad ogni boccone”.