Nicola Annunziata mette a fuoco il suo stile e centra l’obiettivo: la sua non è la solita cucina di contaminazione nord-sud, che ci si aspetterebbe in un grande albergo, ma una proposta di personalità, che nuota a stile libero per lo stivale.
Il ristorante e lo chef
Non manca la bellezza ai Portici di Bologna, luogo dove le nonnine pagavano le bollette dell’ENEL, riportato agli antichi splendori del Café Chantant Eden Kursaal e valorizzato fin nella pancia dell’antica ghiacciaia, con i suoi misteriosi cunicoli. Un ristorante che merita una grande cucina e dove di fatto si è sempre mangiato benissimo. Il turnover degli chef, perlopiù giovanissimi e lanciati verso altre avventure, ha tuttavia impedito che il successo si sedimentasse, andando oltre l’asticella della stella singola, che è comunque l’unica in città.
Dal dicembre 2022 tocca a Nicola Annunziata, chef originario di Sarno, già stellato in Calabria, che ha compiuto la sua esperienza più formativa con Anthony Genovese. Ambientandosi in un territorio ingombrante, dove difficilmente si rinuncia ai feticci della tradizione, in un primo tempo sembrava adeguarsi agli stilemi cannavacciuoleschi della fusion nord-sud, non senza qualche deriva pur gustosa verso il gusto pizza. Ma è stata un’impressione corriva. Riprovata a due anni di distanza, la sua cucina mostra i segni di una maturazione felicissima e poco incline ai compromessi, capace di intessere un dialogo profondo fra stili e modelli gastronomici.
“Dal mio arrivo sono cambiate tante cose anche a livello strutturale, abbiamo preso dimestichezza”, conferma. “Personalmente mi sento più maturo, anche a livello gestionale, nel confronto con una grande città e so fin dove posso spingermi. In passato posso avere proposto piatti fuori delle mie corde, ora cerco un maggior equilibrio con ciò che ci piace. Penso che questo sia il percorso che meglio mi rappresenta dagli inizi”. In omaggio alla storia dei luoghi, i menu sono intitolati a opere ivi rappresentate: L’Ora precisa e Luce di Francesco Cangiullo o La Spudorata di Carlo Bruno, dal prezzo compreso fra 110 euro e 180 euro. Ai vini c’è attualmente Andrea Zambelli, che officiava alla Porta ed è autore di un pairing mai scontato.
I piatti
Si parte con il canapé a forma di maialino al pepe di Java, farcito di mousse di Mortadella e squacquerone, ottimo con il calice di bollicine e provvidenziale per valorizzare i ritagli degli outlet della struttura, in un’ottica di scarto zero destinata a ricorrere negli appetizer. Sono la tartelletta croccante con chutney di pomodoro, ricciola marinata, gelatina e polvere di pomodoro, la spuma di patata con tartufo nero e cozze adriatiche, il panino alla fava di cacao e aglio nero con crudo di vacca vecchia romagnola e ketchup di albicocca, il bottone di anguilla in brodo di pollo e alga kombu, la trota con gel di bergamotto salato e olio al prezzemolo.
L’invio di pane “secco” con olio e burro al limone si compone di grissini finissimi al sesamo, cracker al rosmarino e taralli al pepe di Sichuan e di Java. Poi le pagnottelle ricavate dalle farine di Molino Marino, conosciute in stage da Bonci, molite su richiesta e inviate in giornata. Prima l’enkir, poi il kamut, sempre da lievito madre; nel corso del pasto anche una focaccia di farro e orzo bruciata sulla piastra. In ogni menu c’è un polipiatto, con lo stesso ingrediente in diverse interpretazioni. Dopo il pomodoro tocca al fungo: quindi il cardoncello scottato con beurre blanc ai porcini, olio al basilico e pickles degli scarti; la cotoletta semplice e irresistibile al panko con maionese al prezzemolo; per finire, in stile asiatico, il brodo di funghi porcini essiccati e tè lapsang souchong, tripudio di umami fumé sulla duxelles dei ritagli. Dove si confermano il tema della circolarità e l’agilità gustativa sulle freschezze.
È ottimo il gambero viola in osmosi di acqua di mare con velo di lardo, dove però protagonista è la zucca mantovana: una fettina in osmosi di vinaigrette al peperoncino, per una sensazione di carpione; la polpa in crema all’olio di nocciola. E ancora limone sotto sale della Costiera per la spinta rinfrescante, gel di vinaigrette allo zenzero, scalogno e katsuobushi, noci di Macadamia in contrasto sulle testure, semi di zucca tostati e curry rosso.
Sono più comfort i tortelli di genovese su spuma di Parmigiano 36 mesi con polvere di cipolla, radice di liquirizia, gambero in purezza e di nuovo cipolla in aceto di lamponi, vecchio piatto su cui si misura l’evoluzione dello stile (ma in passato ci sono stati anche i tortellini di genovese in brodo di cipolla bruciata). Strappano l’applauso i tagliolini risottati in una base di dashi all’aglio, olio e peperoncino, serviti con limone in pickle per smorzare, crema di friarielli alla napoletana, caviale affumicato e arrostito. Dove la gassosità del vegetale sposa il fumo, soprattutto la fruizione senza forchetta, solo con coltello e cucchiaio, propizia una diversa testura, quasi da sfogliatella. Nord/sud, ricchezza e povertà oltre i cliché gustopizza.
Torna alla circolarità il baccalà sincretistico, ispirato alla ricetta campana di Natale. Preparato in oliocottura, viene servito sulla spuma dei ritagli con glassa di tre pomodori, capperi, olive, polvere di origano di montagna e foglie di cappero sottaceto per il “balsacetico”, come dice lo chef. Di nuovo confort la guanciola di maiale brasata con crema di topinambur, kimchi alla ‘nduja e brodo di fieno; quale side dish un gyoza di ritagli e kimchi, che traccia un parallelo agli antipodi con la minestra maritata.
La pasticceria è firmata da Vincenzo Digifico, giovane professionista formato in lunghe esperienze all’estero, soprattutto Spagna, già di casa con Petrosino e Renzi. E la tecnica non manca: vedi lo spagnoleggiante Brie e Aceto Balsamico, con una finta meringa di acqua di Brie, crema di formaggio in purezza e caviale sferificato di Aceto Balsamico per il classico connubio. Dopo il fazzoletto di obulato e lattosio con gelato al limone e polvere di limone candito, per un twist ironico sui riti da gelateria, arriva Castagna, cachi e tartufo, dessert iper stagionale sul concetto di caldarrosta, composto di crema pralinato, castagne affumicate, marron glacé, tartufo lamellato e in caviale, cachi vaniglia marinato nelle bucce con sciroppo allo yuzu e cremino alla castagna.
Contatti
I Portici
via Indipendenza 69 40121 Bologna, Emilia-Romagna
Tel: 051 421 8562
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