Come creare la cena perfetta: al festival gastronomico del Sani Resort, nella Penisola Calcidica, irrompe il ciclone Bottura con una cena di signature dal leggero twist greco.
L'evento
C’è l’ospitalità, da qualche anno, al centro della creatività di Massimo Bottura, non più solo chef, ma anche maestro d’accoglienza a Casa Maria Luigia con sua moglie Lara Gilmore, resort ricco d’arte nelle campagne modenesi dedicato alla memoria della madre. Ed è proprio l’arte dell’ospitalità, esplorata in prima persona dentro la sala della Francescana e degli altri ristoranti della “Family”, a spingerlo a tuffarsi nel blu della Penisola Calcidica, dove presso il Sani Resort, complesso super sostenibile dotato di 5 alberghi 5 stelle e 26 ristoranti immersi in un’oasi naturalistica, si svolge dal 2006 (con ovvia pausa pandemica) una manifestazione unica: il Sani Gourmet, in contemporanea con eventi musicali di pari lignaggio.
In pratica durante i mesi di luglio e agosto alcuni dei cuochi più importanti del mondo accorrono per una cena immancabilmente in sold out: quest’anno, oltre allo chef modenese, Paco Morales, Andoni Luis Aduriz, Ana Ros a Clare Smyth. Il pubblico è prevalentemente anglosassone, ma è l’occasione per immettere le brigate nel flusso creativo della cucina contemporanea, su una scena come quella greca, ricca di potenzialità inespresse (la Michelin è presente solo ad Atene).
“Quello di cui voglio parlare, prima di tutto, è il senso dell’ospitalità di questi luoghi”, ha esordito Bottura. “C’è un gruppo forte, che ha un successo incredibile, qui come in Spagna, con un format fatto di ospitalità di alta qualità per famiglie, con le animazioni per i bambini mentre i genitori possono godersi il loro tempo, per tuffarsi in mare o fare un’escursione. Poi c’è il programma del Sani Gourmet, il Sapore delle Stelle: hanno invitato chef con il loro stile, ognuno diverso dall'altro e unico a suo modo. Non so chi abbia avuto l’idea, ma penso sia qualcosa di straordinario. Non un pop-up continuativo, ma serate di grande jazz o grande cucina, con un minimo comune denominatore: la qualità. E le scelte di qualità pagano sempre”.
La cena è stata come sempre un successo, per la qualità culinaria ma anche per la capacità tutta botturiana di emozionare il pubblico con concetti e racconti, a due passi dal luogo natale di Aristotele. “La cosa fondamentale quando si fanno questi eventi, è la relazione con la cucina e con la sala della struttura. Dico sempre che il servizio vale il 51% dell’esperienza. La cucina può essere fantastica, ma se la sala sbaglia e non ci sono i tempi giusti, l’evento e il ristorante falliscono. Quindi per prima cosa abbiamo fatto un meeting col team, abbiamo guardato come reagivano nei nostri confronti e li abbiamo trovati apertissimi. Come se fossimo a casa. I ragazzi sono stati con noi, ci hanno portato in giro, ci hanno fatto assaggiare di tutto e di più, hanno mangiato insieme a noi. Quindi ci siamo amalgamati come se fossimo un unico team, e questo ha fatto la differenza. Io devo dare il massimo ogni volta, sennò non mi sposto.”
“Maturando esperienza, ho imparato che ogni luogo ha i suoi ingredienti straordinari, e ne abbiamo utilizzati diversi insieme alle tante materie prime portate dall’Italia. Abbiamo inserito in menu cose che ci sono piaciute, per esempio questo dressing di uova di pesce, la taramà, buonissima. Poi ci siamo fatti portare le alghe e la spirulina, vedendo il mare così bello”. Su richiesta degli organizzatori, sono stati eseguiti signature di Osteria Francescana, raccontati con entusiasmo dallo chef al pubblico. Cominciando dall’Insalata di Mare. “Abbiamo espresso un’idea di mediterraneità, ma in un formato al cucchiaio, tiepido come il bordo del mare. Abbiamo miscelato il sauté di cozze e vongole, filtrato e aggiunto la spirulina, per un colore brillante come il mare, versato sopra il fondale cremoso per il gusto dell’insalata. Un’idea che c’era già, leggermente modificata”.
Poi il Baccalà Mare Nostrum, sogno di un cuoco di Modena di nuotare nelle acque di Mykonos. “Sono cresciuto mangiando baccalà ogni venerdì, e questo piatto è diventato una metafora di me stesso. Ne cambiamo la texture, andando aggressivamente col fuoco all’esterno, poi pian piano dentro, cosicché si scioglie in bocca. C’è un brodo molto puro e pulito, un’estrazione di diversi pomodori per il gusto perfetto, olive verdi per la profondità e infusione di scorza di limone di Sorrento; alla base un pesto alla siciliana di pomodori secchi e olive nere. Senza sale né grassi in eccesso, la tecnica serve a esaltare l’ingrediente”.
La Parte Croccante della Lasagna ha restituito l’emozione del pranzo della domenica in famiglia, quando la teglia di lasagne viene posta a centro tavola. “Con mio fratello ci litigavamo la crosta ed è uno dei miei ricordi più belli”. In pratica un’epitome di italianità, con il ragù alla bolognese, la besciamella al sifone per un’evocazione critica e non nostalgica, la cialda tricolore, composta di spaghetti al pesto, Parmigiano Reggiano e pomodoro stracotti, passati al forno, fritti, affumicati, arrostiti.
Altra icona è Beautiful, psychedelic, spin painted Veal, main course ispirato alla tecnica pittorica di Damien Hirst. “Perché in arte rubare è necessario” citando Picasso. “Dove i classici contorni sono trasformati in colori commestibili, con i quali giocare, e la carne è cotta sottovuoto con il carbone, più un goccio del mio Aceto Balsamico Villa Manodori in finitura.”
Sublime, poi, la Caesar Salad in Bloom, “giardino ornamentale di fragranze estive e colori” che ribalta l’opulenza del modello originale, veicolando profumi attraverso l’acqua e il crispy delle foglie. Yogurt, concentrazione di camomilla, petali di crisantemo, distillato di bouquet di fiori, perché “la bellezza è l’essenza di tutto”.
E Oops! I dropped the lemon tart, dessert iconico. Bottura ne ha rievocato la genesi, con l’allora secondo Taka che per la prima volta in vita sua compie un errore, facendo cadere il dessert, e lui che nel silenzio della cucina erompe:“Sei un genio, hai trovato il modo di esprimere la bellezza del sud Italia attraverso l’imperfezione. Il segreto della Francescana è tenere la porta aperta alla poesia e saltarci dentro: gli errori rappresentano l’opportunità per creare qualcosa di nuovo”.
Per finire, qualche impressione sulla cucina greca. “Tante tradizioni nel mondo hanno trovato in questi anni la loro identità, esprimendo chi sono e secoli di storia. Penso alla messicana, all’indiana, alla cinese, allo street food thailandese, ai night market di Taipei. E alla Grecia. Molto spesso però queste cucine sono nostalgiche, non guardano il passato in chiave critica, per evolvere, per portare il meglio nel futuro e diventare contemporanee. Spesso i cuochi non sono proprietari dei ristoranti, non hanno libertà di scelta e non possono fare evolvere la cucina. Cosa che invece succede in alcuni ristoranti all’estero, come il coreano Atomix a New York, dove c’è il pubblico giusto e i nostalgici non si azzardano”.