“Voglio supportare i ragazzi talentuosi che magari hanno un progetto, ma poche risorse, e quindi sufficiente motivazione per avviarlo: anche per questo si allontanano dal settore. La mia sensazione è che di questo passo la ristorazione italiana si dissolva.” Agostino Iacobucci affida ad un abile chef classe ’94 il suo nuovo locale Ancòra: il nostro racconto dell’esperienza a Cesenatico.
Crediti Fotografici: Lorenzo Noccioli
Il ristorante
Per dissipare i dubbi che da qualche tempo aleggiano sulla comunità gastronomica, Ancóra, il nome del nuovo ristorante di Agostino Iacobucci a Cesenatico, si legge con l’accento sulla “ó”, come specificato nel logo, e significa esattamente “di nuovo”, e non Àncora come l’attrezzo con cui si ormeggia una imbarcazione. Probabilmente è l’effetto immediatezza del cervello, come nel caso in cui riesce a leggere correttamente le parole con le lettere interne alla rinfusa. E, allo stesso modo, quando “ancora” è in un contesto marinaro si associa immediatamente all’arnese da attracco.
Ecco che appena varcato l’ingresso, incontriamo lo chef di Castellammare di Stabia e gli chiediamo subito come è arrivato alla scelta di questo nome per il nuovo ristorante aperto pochi mesi fa. Ci spiega che in sostanza è la traduzione italiana e contratta di “Oops!... I Did It Again”. “Dopo cinque anni esatti dall’apertura di Villa Zarri a Bologna - spiega Agostino - è capitata l’occasione di prendere questo nuovo posto, i proprietari sono miei clienti, una sera chiacchierando mi hanno fatto la proposta e ho pensato di lanciarmi ancora in una nuova avventura ristorativa. Per questo Àncora.”
Lo spazio è quello che per quasi vent’anni ha ospitato il Magnolia, il due stelle Michelin di Alberto Faccani, e l’anno scorso, per circa tre mesi, il progetto lampo di Celestia.
Circa ventiquattro coperti, tre sale raccolte, con un design lineare, dalle cromie neutre, di una classicità minimal e con alcuni slanci di eccentricità raffinata, come il bancone in resina lucidissima sfumata in diversi blu e turchese, con vista sulla grande e luminosa cucina.
Agostino Iacobucci, quarantaquattro anni, è chef e patron del ristorante omonimo, stella Michelin all’interno della maestosa Villa Zarri di Castel Maggiore, Bologna (qui il racconto del menu). Si è avvicinato alla cucina a quindici anni nel ristorante della zia a Lettere, Napoli, per poi formarsi sotto la guida di Andrea Cannavacciuolo, padre di Antonino. Ha lavorato con Gennaro Esposito e dopo vari stage in Francia e Regno Unito, ha ottenuto la prima stella Michelin nel 2010. Confermata anche due anni dopo a I Portici a Bologna dove si è fermato per sei anni, per poi aprire il suo ristorante a Villa Zarri, divenuto stellato a pochi mesi dall’apertura, nel 2019.
“Credo che questo sia il momento di evolvere nel mio ruolo di cuoco e diventare formatore e sostenitore dei giovani - dice Iacobucci - penso che sia doveroso fare qualcosa di concreto per supportare i ragazzi talentuosi che magari hanno un progetto, ma non hanno risorse, e quindi sufficiente motivazione per avviarlo: anche per questo si allontanano dal settore. La mia sensazione è che di questo passo la ristorazione italiana si dissolva.” Per lo chef stabiese, l’apertura di questo nuovo locale nella cittadina del Porto Canale Leonardesco rappresenta anche una sorta di reunion familiare. Il più piccolo degli Iacobucci, Pasquale, fratello minore di Agostino, dopo sei anni in brigata all’Osteria Francescana, e il figlio Eugenio, giovanissimo, insieme a altri poco più che ventenni affiancano lo chef residente Marco Garattoni.
Lo chef e la cucina
Classe 1994, originario di Cesena, inizia il suo percorso al ristorante Berton di Milano, dove rimane per quattro anni, partendo come stagista fino a diventare sous chef. Grazie a Berton vola a Barcellona e per oltre due anni lavora al Disfrutar. Con Alberto Faccani c’erano già stati brevi periodi di lavoro sporadici, quindi tornato in Italia si unisce alla brigata del ristorante Magnolia per ricoprire il ruolo di sous chef.
“Sono sempre andato a mangiare da Alberto - racconta Iacobucci - e lì ho conosciuto Marco di persona, già ci conoscevamo ovviamente sui social. Poi un collega mi ha detto che era in procinto di lasciare il Magnolia, così l’ho contattato, gli ho proposto di fare l’executive di Ancòra e lui ha sposato il progetto.”
“Si può dire che sia tornato un po’ alle origini - aggiunge Marco - i primi anni del mio lavoro al Magnolia ero proprio in questo luogo, ho sempre amato Cesenatico e non da ultimo sono vicino a casa.”
La clientela è prevalentemente locale e le persone sedute a tavola, in gran parte sono bolognesi con seconda casa a Cesenatico, già clienti di Iacobucci a Villa Zarri. La sala è condotta con perizia dal maître pugliese Antonio Lo Basso, fratello dello chef Felice, insieme, fra gli altri, a Prabath Manjula Halwinnage, “Manju”, che segue Iacobucci dall’epoca de I Portici, con una esperienza importante all’Enoteca Pinchiorri. I concetti che si materializzano nei piatti prendono il via da spunti di Marco e Agostino, nella maggior parte dei casi partendo dall’ingrediente, e ancora in fase embrionale vengono condivisi con tutta la brigata, perché ci sia un pensiero collettivo dietro la fase creativa.
Quello che ne esce lascia trasparire un senso del gusto netto e terso che emerge nel punto preciso di incontro tra eleganza e goduria, insieme a un approccio estetico esibito con estrema naturalezza. Il tutto racchiuso in due menu degustazione, rispettivamente da 69 e 89 €, oltre al menu a mano libera dello chef, ci sono naturalmente le proposte alla carta e lo speciale pranzo, il lunedì, giovedì e venerdì, a scelta dello chef, al prezzo molto pop di 59 €.
I piatti
Il corredo di amuse bouche d’accoglienza include un flan di bieta, zucchine e sarde leggermente affumicate; un cubetto di anguria, sgombro marinato, maionese al rafano; un bao con salsa tonnata, cetriolo in agrodolce, uova di trota; una tartelletta con polpa di granchio e barbabietola, taco con ricotta, acciughe del Cantabrico, pomodoro secco, caviale.
Un caleidoscopio di accenni di salse che mimano i toni dell’insalata russa accompagna il gambero viola crudo che può vestirsi dei sentori più svariati, fra cui anche l’aromaticità sapida del caviale e una spuma di giardiniera.
Nella Caprese 2.0, vengono infuse foglie di basilico nell’acqua di governo della mozzarella, il latticino viene accostato a datterini gialli, datterini rossi, datterini verdi, semi, basilico, olio al caviale. Accanto, una sferzata di freschezza con il gelato al melone cantalupo, gelatina di acqua di pomodoro allo zafferano, olio al basilico.
Il miso alla nocciola enfatizza la dolcezza della capasanta appena scottata, con topinambur, rucola, alghe, caviale, aria di mare. Mentre, a parte, una capasanta cruda è coperta da una conchiglia croccante di pasta, da rompere e mescolare al mollusco, con coriandolo, nocciola, topinambur.
Sempre presente nei percorsi di Iacobucci, e non poteva certo mancare a Cesenatico, l’anguilla di Comacchio, succulenta e carnosa, laccata con acqua di mela annurca, sesamo bianco, insalatina di alghe, daikon aromatizzati, shiitake, salsa Tosazu.
La trasposizione del casereccio seppia e piselli in chiave alta cucina avviene con la seppia proposta in quattro preparazioni, cruda, fritta, alla griglia, in ragù, da passare in un dolce cremoso di piselli, piselli crudi, velo di gelatina di acqua dei baccelli dei piselli, pomodoro, nero di seppia.
Dopo il leggendario tortello Napoli incontra l'Emilia, signature di Agostino, qui il ripieno della pasta è il condimento principe del primo piatto più diffuso in Romagna, ovvero lo spaghetto alle vongole. All’interno degli imperdibili bottoni ci sono le poverazze, conditi poi con aria di mare.
“Essendo originario del mare - dice Iacobucci - una volta trasferitomi a Bologna, ho ritrovato in Cesenatico la mia località balneare preferita, con le sue spiagge lunghe, il bel movimento di gente che mi ricorda la Villa Comunale di Castellammare. Tredici anni fa quando sono venuto con mia moglie la prima volta, dall’autostrada vedevo solo verde e colline, non riuscivo a orientarmi e a capire da che lato fosse il mare. Nei miei ricordi, il mare evoca anche il verde prato, per questo abbiamo pensato di ricoprire di polvere verde il nostro risotto alla pescatora". L’amarognolo della scarola contrasta con garbo la dolcezza della triglia croccante, in un beurre blanc all’olio alla scarola, una salsa di teste della triglia , foglia di cappero e olive.
A introdurre il dessert un gelato al latte di bufala ricoperto da una spuma di frutti rossi; dessert che non può essere che l’unico e inimitabile babà a tripla lievitazione, quasi nature, con panna semi-montata alla vaniglia.
Seguito da una madeleine limone, sale Maldon; una meringa con ganache all'olio; arachide salata; lampone mirtillo, cioccolato al tartufo, sfogliatella con crema pasticcera alla vaniglia.
Contatti
Ristorante Ancòra Cesenatico
Viale Trento 31 | 47042 Cesenatico (FC)
tel. +39 0547 397207 | ristorante@ancoracesenatico.it