Yannick Alléno racconta la gestione della sua azienda e dei suoi dipendenti. Al ristorante c’è uno psicologo disponibile due volte a settimana per un colloquio privato e la tolleranza per gesti e parole inappropriate è pari a zero.
L'opinione
“Ho 55 anni e ricevo richieste di lavoro da ragazzi che ne hanno 25. Non abbiamo la stessa filosofia, le stesse modalità espressive o le stesse preoccupazioni di un tempo, né la stessa visione del mondo, ma provo a capire cosa si aspettano da noi. Dico sempre loro: se venite da me per un motivo diverso dalla vostra crescita, è inutile. Non venite a lavorare per me, ma per voi! Venite al ristorante per imparare ciò che desiderate”. È il punto di vista del grande chef pluristellato Yannick Alléno, invitato a parlare al convegno Impact PME, organizzato a Parigi da BFM Business e CGPME, come racconta la testata l’Hôtellerie Rastauration. “Qui abbiamo uno psicologo che incontra i ragazzi due volte a settimana, su loro richiesta e in modo riservato. Li consiglia e li incoraggia ad aprire un dialogo con chi è più in grado di aiutarli in azienda.”
Lo chef ha infatti studiato in ogni suo locale un piano di gestione che mira alla soddisfazione della proprietà, dei clienti e del personale. Esiste però un ambiente “nascosto”: quello strettamente legato alla cucina. Si passa quindi dalla “triangolazione” già citata ad una visione più complessa del ristorante: “Se teniamo conto al 100% del nostro ambiente (non solo lavorativo, ma anche sociale, ecologico, culturale, ecc.), riusciremo ad anticipare i problemi che potrebbero presentarsi e a soddisfare il vero responsabile del successo dell'azienda, ossia il personale che lavora al suo interno”.
Alléno si dice fermamente promotore di una “tolleranza zero” verso azioni che talvolta compromettono la serenità della cucina. “Se un qualsiasi dipendente dice una parola o fa un gesto inappropriato, la sanzione si applica immediatamente. Anche con persone molto importanti in azienda. Ci vuole coraggio per farlo. Abbiamo rimosso uno dei nostri pilastri dalla brigata perché non si comportava correttamente. Era un vulcano di creatività in cucina, ma era necessario sostituirlo subito”.
E il lavoro di squadra? “Abbiamo implementato qualcosa che funziona bene: la pianificazione partecipata. Ogni settimana i dipendenti esprimono le loro preferenze e annunciano i propri limiti sull'orario. L'azienda ovviamente prevale, ma noi facciamo del nostro meglio per ascoltare e raggiungere il miglior compromesso. E funziona!”. D’altra parte, la tecnica e il know-how hanno la precedenza sulla gestione della cucina. “Ma è necessario mettere in atto supporto e formazione per educare il giovane chef a gestire una squadra e condurla al successo. Sta a noi, proprietari o imprenditori, formarli alla gestione”.