“C’è una vita dopo la stella”: così Jean-Jacques Daumy, orfano dal 2016, racconta la ripartenza indolore del suo ristorante, rassicurando chi trema ogni anno. “Al mattino non mi alzo certo per riconquistarla”.
La notizia
Per 36 anni Jean-Jacques Daumy si è svegliato ed è andato a lavorare per lunghe, interminabili ore sotto l’usbergo di una stella fiammante. La sua Cognette a Issoudun era ormai un’istituzione gastronomica in zona. Poi, nel 2016, qualcosa è cambiato all’improvviso. Un ispettore Michelin si è seduto alla sua tavola e ha sentenziato che no, non valeva più la sosta. Da allora il ristorante “familiare” e storico, già citato da Balzac ne La Rabouilleuse, è menzionato e lodato per il connubio di tradizione e modernità, con proposta di menu regionale e camere per la tappa. Tutto qui. La fine del mondo? Neanche per sogno, almeno a sentire il diretto interessato.“È difficile immaginarlo nella quotidianità, ma la pressione è permanente. Avevamo sempre paura di commettere un errore. Un calo di qualità incontrollato può sempre avvenire e la Michelin non spiega i vostri presunti errori. Non detenere più la stella non è un handicap per me. C’è una vita dopo la stella”, racconta Daumy, allievo di Georges Blanc che ha rivestito la carica di presidente dei Jeunes Restaurateurs d’Europe ed è Maître Cuisinier de France, ma ha mancato il titolo di MOF per un soffio.
Certo dopo il triste evento qualche cliente si è eclissato. “Gente che veniva apposta perché eravamo in guida, ma localmente la nostra clientela è rimasta molto fedele. E alla fine non abbiamo praticamente registrato nessun calo nel nostro volume di affari. Abbiamo sempre difeso la nostra identità e non voglio che nessuno ci imponga uno stile o un modo di fare. Al mattino non mi alzo certo per riconquistare la stella”.
Non sono cambiati neppure i prezzi, che da 55 anni vengono calcolati sulla qualità delle materie prime, rimaste inalterate. Quanto al personale, inizialmente ha subito uno choc. “La stella faceva parte della nostra vita, ma alla Cognette c’è uno spirito di famiglia. Il personale aveva fiducia in noi quando avevamo la stella e l’ha mantenuta anche dopo. Certo con una stella in più saremmo arrivati a 37 e questo ci avrebbe portato a lasciare il dipartimento di Indre e trasferirci a Indre-et-Loire”, dice ironizzando sul codice di zona.
Fonte: La Nouvelle République
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