Sushi

Siseroshi: la locanda giapponese che porta il sushi nella campagna bresciana

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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copertina siseroshi

Un’ex trattoria trasformata in Ryokan dove gustare il Giappone più autentico: Siseroshi porta l’Impero del Sol Levante nella campagna bresciana.

Il ristorante e la storia

Uscendo dal casello di Manerbio e percorrendo qualche chilometro verso Ovest, appare un affascinante casolare immerso nella campagna bresciana: verrebbe da fermarsi per gustare un ottimo tagliere di salumi o qualche piatto della tradizione locale accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso, ma quando si giunge da Siseroshi la sorpresa è grande.

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Luca Imberti, da trent'anni attivo nella ristorazione, nel 2021 ha scelto questa ex trattoria per raccontare la più autentica cucina giapponese, ancora inesplorata in italia. Da sempre Luca nutre un'innata passione per la cucina etnica, così, dopo il successo di Cicero, l'altro suo locale di cucina messicana a Soncino, dal Messico ha deciso di volare in Giappone portando l'essenza del Sol Levante da Siseroshi.

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Galeotto è stato l’incontro con Vitaly Dovbenko durante la pandemia, quando Luca ha pensato di affiancare all’asporto di Cicero anche delle proposte sushi. Vitaly, classe ‘92, nato in Ucraina ma cresciuto in Italia, durante gli studi presso l’istituto Alberghiero Sraffa di Crema entra in contatto con diversi ristoranti di cucina giapponese: il colpo di fulmine è immediato e dopo varie esperienze a fianco di chef nipponici come Hitoschi Toshisa e Naoyuki Kuwana vola in Giappone, curioso di scoprire e approfondire la cucina dell’Impero del Sol levante. Frequenta quindi ristoranti e mercati, immergendosi completamente nella rigorosa tradizione millenaria del paese.

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L’incontro con Vitaly fa comprendere a Luca come in Italia la cultura gastronomica nipponica sia spesso travisata ed edulcorata  per non spaventare i commensali. Molti sono gli errori e i falsi miti che la maggior parte dei ristoranti "definiti giapponesi" portano con sé: nell’Isola del Pacifico non esistono all you can eat, ogni locale ha il suo timbro specifico e l’uramaki non è figlio della cultura del posto, solo per citarne alcuni. Da qui nasce il desiderio di Luca di aprire nella sua terra una locanda dove esprimere la più autentica cucina giapponese.

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Sono estremamente convinto che la cucina giapponese non sia solo sushi o tempura. È un meraviglioso mondo fatto di combinazioni di ingredienti, di materie prime speciali, di prodotti stagionali, di gesti precisi e di ricette che richiedono lunghe cotture, marinature e varie tecniche complesse. La cucina tradizionale giapponese è storia, cultura, estetica e gusto. Inoltre, per lunghissimo tempo è rimasta racchiusa in uno scrigno dorato: ora io voglio schiudere questo tesoro fatto di ritualità e rigore, preservandolo dalla confusione in una giungla di messaggi sbagliati e distorti”, racconta Luca.

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La missione è davvero ardua e coraggiosa: una sfida che Luca e Vitaly affrontano con entusiasmo e determinazione, nella volontà di far comprendere che il cibo in Giappone è custode e sinonimo di storia e stagionalità, pervaso di una fortissima componente estetica.Moritsuke” è, infatti, il termine che indica l’arte giapponese dell’impiattamento e che riserva un’attenzione maniacale allo spazio, alla forma e al colore. Nel rispetto di questo concetto Luca, con minuziosa cura, ha cercato di ricreare da Siseroshi l'atmosfera dei “ryokan”, le tipiche locande giapponesi, concependo uno spazio in cui ogni particolare esprime il concetto di accoglienza e cortesia.

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L’ambiente è elegante e caldo, i colori tenui si alternano al rosso sgargiante protagonista della bandiera giapponese, così come le porcellane e altri particolari rievocano inequivocabilmente la cultura nipponica. Da Siseroshi si respira il Giappone più profondo -pregno di storia e di rigore- e Vitaly, dietro il bancone dell’omakase, con i suoi movimenti eleganti, precisi e meticolosi è il perfetto attore del palcoscenico del Sol Levante arrivato in provincia di Brescia.

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I piatti

Lanterne bianche, nere e rosse e un ideogramma sulla porta di legno massiccio sono il preludio dell ‘esperienza per chi arriva da Siseroshi. All’interno, subito sulla sinistra, risalta il bancone rosso scarlatto che ogni sera accoglie gli otto commensali che optano per l’esperienza Omakase. Proseguendo, invece, le ampie vetrate del giardino d’inverno raccolgono i tavoli dell’esperienza KAISEKI, dove “Fermarsi, condividere e degustare in compagnia i piatti tradizionali della cucina giapponese. Un percorso suggerito dalle tecniche di cottura, dagli ingredienti e dall’esperienza dei cuochi”, racconta il patron Luca Imberti.

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Qualsiasi sia la scelta, chi arriva da Siseroshi non rimane deluso, semmai ammaliato dall’altissima qualità degli ingredienti, così come dall’estrema attenzione alla stagionalità. La volontà di immergersi completamente nel mondo del Sol Levante suggerisce, però, almeno per la prima volta, di optare per l’Omakase. Nell’Omakase il bancone si trasforma in “un luogo onirico dove abbandonarsi alle coccole puntuali dello chef, per gustare i piatti elaborati vis à vis con le migliori materie prime dal mare. Un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, un’esplosione di sensazioni”, prosegue sempre Imberti.

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“Omakase” in giapponese significa “mi fido di te”; così chi si siede al bancone di Siseroshi si affida alle abili mani e all’esperta tecnica di Vitaly per calarsi in un percorso di quindici portate in cui le parole d’ordine sono: equilibrio, precisione, rigore, armonia, gusto, tecnica e tradizione. L’Usuzukuri Saba, un carpaccio di sgombro marinato nell’aceto di riso, scottato con il carbone davanti ai commensali, salsa allo yuzu  (tipico agrume giapponese molto intenso e saporito), ribes marinati nel mirin (un sake dolce) appoggiato sulle foglie di shiso, è il primo passo all’interno dei confini giapponesi.

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A sorprendere il palato, la carnosità dello sgombro e il suo taglio magistrale, che rende la carne ancora più succulenta anticipando l'esplosione di sapido e affumicato, a sua volta bilanciata dall’acidità del ribes marinato nel mirin. Le foglie di shiso, noto come basilico giapponese - in realtà un mix di menta, anice, chiodi di garofano e basilico- con l’alternarsi del sapore erbaceo, agrumato e dolce preparano alla portata successiva: la Kani no tempura.  In questo assaggio di Giappone il granchio dal guscio molle è cotto in una tempura a base di farina di riso; sul fondo la salsa di datterino e i sakura eni -i piccoli gamberi giapponesi molto saporiti- l’olio di sesamo e il germoglio di pepe. La croccantezza della tempura racchiude la dolcezza della carne del granchio; ogni boccone scandisce l'alternarsi di texture, sapori e consistenze di un piatto estremamente gustoso e raffinato.

siseroshi kani no tempura
 

Il viaggio alla scoperta del quinto gusto, ovvero l’Umami -termine coniato nel 1908 dal Dr. Ikeda, chimico giapponese che per primo lo scoprì nel brodo di alghe kombu- continua con il Sashimi di centrofolo viola. Nell’attesa di assaporare la carne bianca del centrofolo si resta incantati dalla maestria di Vitaly nel maneggiare il Yanagiba, il coltello usato nella preparazione del sushi. Quella dei coltelli in Giappone è una tradizione millenaria; risale a quando i samurai li utilizzavano come arma da guerra; da allora la loro fabbricazione è diventata un vero e proprio simbolo dell’artigianato giapponese. Il taglio è punto focale dell’intera gastronomia nipponica e osservare Vitaly che sfiletta il pesce freschissimo fa comprendere l’intensità e l’importanza nell'eseguire anche il più piccolo movimento.  

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In questa portata lo chef declina il centrofolo viola -pesce che abita nei fondali tra i 400 e gli 800 metri- in due versioni, quella del sashimi più noto e l’altra dove la carne viene intagliata e scottata, condita con una goccia di olio evo e pepe sansho (pepe giapponese dal retrogusto agrumato). Torna anche qui lo shiso rosso, più saporito e intenso quello verde, accompagnato da alghe, lattughino rosso e verde e wasabi fresco; il fil rouge rimane la carnosità, nonché l'intensità, della carne del pesce. Sorprendente la portata successiva, l’Ankimo: il fegato di rana pescatrice. Un piatto ricercato, uno dei “chinmi” ovvero le prelibatezze rare e insolite. Il fegato viene cotto con sake al vapore; alla base la salsa ponzu con aggiunta di yuzu, germogli di mizuna, la senape giapponese e una salsa di miso. Un piatto godurioso, ricco e opulento, ma allo stesso tempo di un’eleganza disarmante.

siseroshi fegato di rana pescatrice
 

La tipica ciotola del tè in cui viene servito il Chawanmushi, la quinta portata, fa addentrare ancor più nella tradizione culinaria nipponica. Il budino all’uovo salato giapponese viene proposto da Vitaly con funghi shitake e gambero dolce. Un piatto dalla texture avvolgente come un drappo di velluto; ogni cucchiaiata svela ora il sapore intenso degli shiitake, ora la dolcezza del gambero. Mentre si continua ad assaporare il Chawanmushi, Vitaly si accinge a preparare i sette nigiri che proseguono il balletto di umami. “Nigiri” significa “due dita” ad indicare come gustare questi “bocconi di riso e pesce”: vanno afferrati con due dita e mangiati in un sol boccone, rigorosamente capovolti in modo da lasciare al pesce l’impatto con le papille gustative.  Nel piatto a forma di foglia lo chef adagia dello zenzero fresco marinato nell’aceto di riso, studiato intervallo tra un nigiri e l’altro.

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Il nigiri di triglia con oroshisioga, ovvero crema di zenzero e cipollotto, è il primo ad esibirsi seguito da quello di berice, di calamaro, di ricciola, di capasanta e dell’immancabile ventresca di tonno. L’esperienza prosegue con una mazzancolla blu di Normandia protagonista del Temaki Aoi Ebi. Sul foglio di alga nori lo chef dispone il riso, la mazzancolla cruda, la sua testa in tempura e la salsa di yuzu kosho. È il commensale a chiudere il Temaki per poi mangiarlo con le mani come suggerisce Dovbenko, perché Omakase è proprio questo: affidarsi allo chef e farsi guidare anche nella gestualità. Morso dopo morso è un susseguirsi di acido, di dolce, di agrumato e piccante.

siseroshi nigiri
 

La ciotolina in cui viene servito l’Ikura Don è un tuffo negli abissi, un'esplosione di mare. In questo tipico piatto della gastronomia giapponese il riso viene ricoperto dalle ikura, le pregiate uova di salmone dall’intenso colore rosso-arancio, accompagnate dal riccio (ma quando non è stagione, come in questo caso, Vitaly usa i percebes, i molluschi più pregiati al mondo). Il connubio tra il sapido e la consistenza peculiare delle ikura e il sapore deciso-salmastro dei percebes sono una vera goduria.

Locanda Siseroshi ikura dona
 

A concludere il percorso la coccola calda dell’Asari no Miso-Shiro: una zuppa di miso di soia, alga bianca, cipollotto e vongole. Nella sua estrema eleganza questo brodo conserva un carattere deciso e forte in cui l’umami si esprime ad altissimi livelli.

Locanda Siseroshi asari no miso zuppa di miso
 

L’unica portata dolce del menu omakase è il Matcha keki, la delicata torta al tè matcha che conclude la degustazione. Alla base riso, noci, mandorle e nocciole; in Giappone, infatti, prima della seconda metà dell’Ottocento (quando lo zucchero è diventato accessibile a tutti) per la realizzazione dei dolci gli ingredienti principali erano riso, fagioli e nettare dei fiori. Da Siseroshi non è solo il cibo a raccontare il Sol Levante, ma ogni piccolo particolare e ogni singolo gesto: così come l’origami che Luca e Vitaly hanno deciso di regalare a chiunque vada a trovarli. “Donare un origami ha un valore molto importante: significa dedicare al destinatario il proprio Tempo. Realizzare un origami richiede, appunto, tempo e creatività, nel segno della meditazione e della lentezza… Lentezza. Cura. Precisione”.

Locanda Siseroshi matcha keki
 

Indirizzo

Siseroshi

SP9, 114, 25020 Scarpizzolo BS

Tel: 030 799 9799

Sito web

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