Lo chef Daniel Humm racconta la sua filosofia di cucina, ridefinendo il concetto di sostenibilità e consapevolezza alimentare. “Dobbiamo lasciarci alle spalle i retaggi del passato”.
L'opinione
L'Eleven Madison Park, con sede a New York, è una vera istituzione: parliamo di un’insegna con tre stelle Michelin dal 2012, che supera costantemente i confini della cucina ricercata di respiro globale. Considerato tra i migliori ristoranti del mondo, nel post-pandemia ha fatto parlare di sé per l'audace scelta dello chef Daniel Humm, il cui menu è diventato totalmente vegetale. Una scommessa che ha dato i suoi frutti, facendone il primo e unico locale tristellato vegano al mondo. In quel periodo Humm decise anche di distribuire pasti ai newyorkesi bisognosi, collaborando con un'organizzazione no-profit. Poi il 46enne chef svizzero ha scritto numerosi libri per comunicare a chiare lettere la sua idea di sostenibilità. Fortemente ispirato dall'arte e dall'architettura, crede che il cibo debba essere altrettanto creativo, coniugando etica ed estetica.
In una chiacchierata con Travel+Leisure India & South Asia, approfondisce così la sua visione dei sistemi alimentari moderni: “Spesso abbiamo la sensazione che alcune delle nostre tradizioni ci definiscano. Ma forse dovremmo tutti fare un passo indietro, ripensare e mettere in discussione queste stesse tradizioni. Mi spiego meglio: la nostra esperienza nel trasformare il menu dell’Eleven Madison Park in una degustazione interamente vegetale si è rivelata formativa, nonostante il timore che potesse rappresentare un limite. Prima ero così concentrato sulla cucina europea che non guardavo oltre. Ora che siamo passati ai prodotti vegetali, è tutto molto più stimolante. Prendiamo ad esempio l’India. La cucina a base vegetale non è una novità qui, è praticata da centinaia di anni. In Giappone, anche la cucina buddista Zen è a base vegetale”.
“Se non ci svegliamo e non apportiamo cambiamenti adesso, i nostri sistemi alimentari non saranno più sostenibili. Alcune persone adottano diete a base vegetale per ragioni che vanno dal rispetto degli animali alla religione, e persino alla salute. Ma non possiamo ignorare l’evidenza maggiore: stiamo esaurendo le risorse del pianeta. Se continuiamo a mangiare come facciamo oggi, non ce ne sarà abbastanza per tutti in futuro”. È dunque il vegetale l'unica via da seguire? “L'Eleven Madison Park è sempre stato un luogo di creatività, teso a superare i confini della gastronomia. Abbiamo deciso di andare fino in fondo con i menu a base vegetale proprio per questo. Ma credo che nessuno, in futuro, potrà ignorare come il consumo di carne debba essere ridotto in modo significativo. Ciò che c’è nel piatto è la cosa più potente che un individuo può fare contro il cambiamento climatico. Se scegliamo di mangiare green anche uno o due giorni alla settimana, la differenza è enorme.
Nel corso della mia carriera ho inseguito la perfezione. Oggi per me è più una questione di progresso, che di perfezione. Sì, l’ideale sarebbe se tutti mangiassero cibi vegetali, ma non è lo scenario più realistico. Quando abbiamo iniziato, la nostra missione era quella di essere il miglior ristorante del mondo. Oggi, la nostra missione è creare un cambiamento positivo attraverso la connessione umana e la magia del cibo. Penso che questo sia un momento d’oro per la cucina. D’altra parte, il fine dining si sta allontanando da quel costrutto rigido e pretenzioso che era un tempo: dobbiamo ridefinire il concetto di lusso. Ci sono tanti ingredienti, come il caviale, ormai non più così ricercati: è solo una vecchia idea di lusso".
Qualche consiglio per i giovani? “Torno spesso su una citazione di Miles Davis: dice che devi conoscere le regole prima di poterle infrangere. Cucinare è un mestiere quindi non ci sono scorciatoie. Padroneggiare il tuo mestiere è l'unico modo per avere voce nel tuo campo. Il film Jiro Dreams of Sushi mette in luce una coppia padre-figlio e il ristorante di sushi che gestiscono. È solo all’età di 55 anni che il figlio riesce a passare alla fase successiva, arrivando addirittura a tagliare il pesce. Quindi, il mio consiglio sarebbe di continuare ad affinare le tecniche”.