La più giovane rifugista donna d’Italia, Valentina Santoni, ha stravolto la sua vita per gestire un’attività in montagna, ma garantisce: “Le soddisfazioni sono molte di più dei sacrifici”.
La storia
Valentina Santoni, ventitreenne trentina, è la rifugista donna più giovane d’Italia. Un lavoro nato per passione, grazie alle ripetute gite domenicali sui crinali del Trentino in compagnia di mamma e papà. Non solo, l’amore per la montagna ha reso il suo lavoro un vero e proprio stile di vita “sostenibile”. Da maggio, infatti, gestisce insieme al suo team il rifugio Bocca di Trat “Nino Pernici”. Tutto è iniziato per caso, aiutando, per quel che poteva, il gestore del rifugio. La proposta di lavoro non è tardata ad arrivare e, dopo un periodo ad alta quota, Valentina ha deciso di candidarsi al bando per gestire il “Nino Pernici”. Un’esperienza iniziata in primavera, che ha visto la giovane trentina alle prese con la stagione calda in montagna. “Quest’estate è stata tosta”, confessa a quotidiano.net.
La grande mole di lavoro viene però alleggerita dalla sinergia con il team e dalle lezioni che ogni giorno la montagna impartisce. Il rifugio, raggiungibile da tutti e non solo dagli escursionisti, vanta numeri importanti che richiedono un impegno costante e un intenso lavoro di squadra. Quella di Valentina Santoni è una vera e propria vocazione, un approccio alla vita della montagna che diventa lavoro, ma anche missione con non pochi sacrifici. A risentirne, in primis, la sua quotidianità, che certo non può paragonarsi a quella delle altre coetanee che vivono in città, tra uscite con gli amici e la classica routine di una giovane ragazza.
“È cambiato tutto, ma la passione per la montagna supera ogni cosa”, dice fiera. La nuova vita, infatti, ha cambiato anche il suo punto di vista. “Ora è più faticoso scendere a valle”, perché in montagna ci si nutre della bellezza della natura circostante, seppur manchino tante comodità. Una condizione che ti spinge ad adottare misure sostenibili. Non è raro, anzi, che possa mancare l’elettricità o che possa scarseggiare l’acqua conservata nelle cisterne. Inconvenienti, che se in un primo momento si palesano come ostacoli, in realtà permettono di trovare una soluzione più etica, nel pieno rispetto ambientale, come l’utilizzo dei pannelli solari con cui il rifugio si alimenta. La montagna, insomma, migliora le persone e l’ambiente ne trae assoluto giovamento.