Molto più che un semplice ristorante per gli appassionati di fine dining e di cucina cinese: un vero e proprio limbo dorato in cui perdere le coordinate spazio-temporali e ritrovare la sacralità dell’accoglienza orientale.
La storia
Gong Oriental Attitude apre le porte nel 2015, in una Milano avviata a una rivoluzione gastronomica che avrebbe portato l’offerta ristorativa ad ampliarsi e diversificarsi in modo esponenziale. Nato dalla volontà dell’(allora trentenne) fondatrice e proprietaria Giulia Liu -cinese di nascita, precisamente di Wenzhou, nella regione di Zhejiang, ma italiana d’adozione- di rendere omaggio alle proprie origini e al tempo stesso esprimere il suo profondo amore per il capoluogo lombardo, il locale si è da subito caratterizzato come qualcosa di più di un semplice ristorante di alta cucina cinese.
Piuttosto, un ponte tra Occidente e Oriente, il punto di partenza per un viaggio attraverso due mondi e due culture, ma anche il luogo d’incontro tra un’anima asiatica dalla tradizione millenaria e una metropoli contemporanea inquieta, con una spiccata vocazione e internazionale, che non si accontenta dei gusti già noti ed è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo.
Il risultato di questo dialogo è un format di ristorazione sperimentale e innovativo, che emerge tanto dall’allestimento dello spazio quanto dalla proposta gastronomica, sempre pronta a rinnovarsi e pensata come percorso, per guidare il cliente alla scoperta di ingredienti esotici e gusti apparentemente lontani, ma anche stupirlo con richiami espliciti a ciò che può rassicurarlo e farlo sentire “a casa”.
Il ristorante
Entrare da Gong significa immergersi in un luogo magico, dall’atmosfera affascinante e sospesa, in cui vivere un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. A catturare l’occhio appena si varca la soglia è l’eleganza raffinata della sala, in cui l’architettura industrial della struttura si arricchisce di materiali pregiati, oggetti dalle forme sinuose e riflessi di luce che si rincorrono in tutto l’ambiente. Proprio l’elemento dell’oro è il fil rouge dell’allestimento, che si ritrova innanzitutto nei grandi dischi di onice ambrato, retroilluminati e sospesi qui e là nel locale, e che insieme ai paravento d’ottone, dalle forme che ricordano un giardino stilizzato, separano con leggerezza lo spazio e lo riscaldano.
Molte le allusioni simboliche: al gong innanzitutto, inteso al tempo stesso come oggetto e concetto, ovvero come strumento a percussione il cui suono segna la sacralità di un momento di passaggio e innalzamento spirituale, e come parte del Qi Gong, la disciplina di origine cinese il cui scopo è quello di ristabilire l’equilibrio psicofisico attraverso l’esercizio (gong) dell’energia vitale (qi). Ma anche all’oro e al cerchio, da sempre simboli del Sole, della divinità, della luce che genera la vita, della rinascita.
Il risultato di questa suggestione è la percezione di un lusso accogliente e senza sfarzo, che si rispecchia nel minimalismo della mise en place. L’apparecchiatura, solo apparentemente rigorosa, è in realtà perfettamente in linea con la volontà di fare della tavola una tela bianca sulla quale si compone, di portata in portata, un quadro variegato di forme, colori, volumi e dettagli. Insomma, tutto è un invito a osservare, a cogliere la bellezza dei particolari, a concentrarsi su ciò che conta senza sovraccaricare i sensi, in un sottile gioco di equilibrio tra presenze e assenze condiviso anche dalle modalità di servizio. Il personale di sala esprime infatti una cordialità garbata e un’attenzione discreta coerente con i valori della tradizione orientale più autentica, in cui l’ospite è considerato sacro. Il cliente può così sentirsi davvero protagonista del tempo trascorso al tavolo e di vivere senza troppe distrazioni un’esperienza di totale immersione nel gusto e nella ricerca del proprio Qi.
Il menu
La proposta gastronomica del Gong è tradizionale e innovativa, basata sulla declinazione in chiave contemporanea di ricette tramandate attraverso i secoli e reinterpretate con creatività da una brigata internazionale che padroneggia le più diverse tecniche di lavorazione (dall’affumicatura diretta alla cottura al vapore, fino all’osmosi e alla cottura a bassa temperatura) e le applica ai migliori ingredienti provenienti dall’Italia e dal mondo. Il risultato è un menu -firmato dallo chef Guglielmo Paolucci- che sa essere avanguardistico senza risultare provocatorio, in cui ogni piatto esprime una ricchezza culinaria orientale “in evoluzione”, perché capace di attualizzarsi per un palato contemporaneo e di accogliere sempre nuove suggestioni.
Per questo l’offerta si articola lungo tre percorsi degustazione pensati per diversi tipi di clientela (da coloro che entrano per la prima volta a chi già conosce il locale ed è disposto ad affidarsi e a osare) e concepiti come altrettanti manifesti e inviti: rispettivamente ad avvicinarsi con curiosità e a scoprire la tradizione culinaria e culturale cinese più autentica, declinata secondo lo stile del ristorante (menu Classico), a coglierne e apprezzarne le trasformazioni e gli azzardi avventurosi (menu Evoluzione) e, perché no, ad approfondirne alcuni elementi “assoluti” e iconici (come la celebre anatra alla pechinese, protagonista esclusiva del menu Peking Duck).
In tutti i casi, l’equilibrio tra le portate è giocato sulla compresenza di ingredienti noti e sconosciuti, di elementi riconoscibili e rassicuranti con tecniche o abbinamenti inaspettati e talvolta spiazzanti. Lo dimostrano alcuni piatti iconici del ristorante come il Raviolo Wagyu, in cui la pregiatissima carne giapponese racchiusa in uno scrigno di pasta, incontra i sapori europei del foie gras e del tartufo; e il Raviolo d’oro, ovvero la trasposizione del celebre risotto alla milanese in forma di dim sum, con una sfoglia di pasta di riso aromatizzata allo zafferano, tirata “al coltello”, ripiena di ragù di ossobuco, adagiata su una base di crema di risotto giallo e guarnita con il fondo di cottura della carne e una foglia d’oro alimentare.
Proprio i dim sum sono uno dei motivi d’orgoglio del locale e un tipo di preparazione a cui la proprietaria Giulia tiene particolarmente, al punto da averne fatto la punta di diamante della proposta “lunch”. Spesso presentati in assortimento, questi piccoli bocconi di varie forme e colori compongono di per sé un menu degustazione rapido e ideale anche per la pausa pranzo, ma che consente di sperimentare diversi sapori e accostamenti sorprendenti, all’interno di una preparazione assolutamente tipica, che esalta la tradizione cinese (e italiana) della pasta ripiena. È il caso della Dim sum composta, un piatto servito al tavolo con tanto di vaporiera di bambù, al cui interno si cela un bouquet di ravioli al vapore dalle tinte sgargianti, farciti con king crab, black code, calamari bambù e curry, salmone, maialino laccato con salsa char siu.
Degni di nota, per gusto e presentazione, sono anche la Tartare di scampi con salsa al miso bianco e yuzu, con mousse di avocado, sake e caviale baikal, in cui la grassezza dolce dei crostacei e dell’avocado si sposa con l’acidità dell’agrume giapponese e con la sapidità delle uova di storione; e l’Hamachi a base di ricciola del Pacifico affumicata con legno di ciliegio, servita sotto una scenografica cloche e condita con salsa sumiso, wasabi e maionese al mentaiko e pepe rosa.
Chi ama i sapori forti non può lasciarsi sfuggire lo Spiedino di anguilla affumicata con bambù marinato in aceto di riso, cipollotto laccato con salsa kanìbakaly, servito su crispy rice e alga nori; mentre per chi predilige le consistenze avvolgenti c’è la Guancia di manzo brasata e laccata con salsa hoisin, crema di castagne e miso, baccelli di soia e cavolo cinese arrosto profumato al kimchi.
Indipendentemente dalle ordinazioni, l’obiettivo di ciò che esce dalla cucina è sempre quello di esaltare i sapori puri e nobilitare l’essenzialità del gusto, anche attraverso la cura per l’estetica del piatto, in cui ogni elemento è funzionale all’esperienza e mai superfluo o fine a se stesso. Ad accompagnare il tutto, una selezione di più di 600 etichette di vini italiani e francesi, con una particolare attenzione a quelli biologici e naturali, ma anche sakè dalle note delicate e fruttate, oppure maggiormente strutturati, sia filtrati che non. In più una selezione birre di tradizione cinese e nazionale, distillati di riso fermentato pregiati come il Mao Tai, e importanti selezioni di rhum e whisky, come Yamazaki e Santori. Senza dimenticare i tè (cinesi e giapponesi, pregiati, verdi e talvolta semifermentati) che, come vuole l’antica tradizione cinese, sono un valido accompagnamento durante il pasto oltre che una sua degna conclusione.
Insomma, tra allusioni sacre e ricerca di illuminazione percettiva l’esperienza che Gong offre al commensale va ben oltre il gusto, e si trasforma in atto culturale, coinvolgimento emozionale e appropriazione temporanea di dimensione “altra” e sublime, difficile da dimenticare.
Indirizzo
Gong Oriental Attitude: il tempio dell’alta cucina cinese a Milano
Corso Concordia 8, 2029 Milano
Tel: 0276023873