Nel cuore di Brera a Milano si trova Sushi B, ristorante e Cocktail Bar in cui è possibile godere di un’originale e autentica cucina Giapponese.
Il Ristorante
Sushi B a Brera
Per una volta partiamo dalla fine. Un lenzuolo lindo, un’onda bianca, spaccato di un’opera di Hokusai. L’Annin Dofu, dessert di Mineko Kato, pastry chef di Sushi B, ha trasformato le nostre facce in emoticon. Rimaste tali, ma con espressione diversa, quando ci ha raccontato che il suo piatto è fatto con l’armellina, la parte intera del nocciolo dell’albicocca.
D’un tratto è apparsa nostra nonna. Dito alzato mentre dice quello-non-mangiarlo-che-dopo-muori. Prima di affondare il cucchiaio e spezzare quella forma flessuosa, abbiamo avuto bisogno delle parole rassicuranti di Mineko che ci raccontava del processo di infusione a freddo a cui sottopone l’annin – questa la parola giapponese – per togliere la nocività del cianuro presente. Nel piatto anche una quenelle di gelato di armellina, polvere di cioccolato bianco e una foglia di shiso caramellato. Mandorla, latte, potere antiossidante, anticolesterolo e anti-aging. Poi dicono che i dolci fanno male.
Dopo 3 ore di menù degustazione ti mangi un dessert di Mineko ed è come se non avessi mangiato niente. Scherzi a parte – presto arriviamo anche al menù – questa giovane pasticcera è riuscita a saziarci anche nello spirito e nella curiosità, chiudendo con la Raindrop Cake, un omaggio al maestro della cerimonia del tè Sen no Rikyū, nonché inventore della tradizione kaiseki. Quello che vedi è una mezza sfera trasparente a cui è aggiunta salsa allo zucchero di canna e farina di soia tostata. Quello che assaggi è un salto nel tempo, il racconto di una vita spesa a cercare la perfezione, impalpabile. Dopo diverse prove, Mineko ha trovato l’acqua degna di acquisire questa forma, da una fonte in Piemonte, sul monte Pigna.
Continuando a rebours, il predessert merita una sosta: una semplice insalata di frutta e verdura di stagione con acqua di mela verde e zenzero. Pura brezza, vertigine pungente. Probabilmente l’estate nella sua versione edibile più sexy.
I Piatti
Ora possiamo tornare al principio, alla pienezza del menù kaiseki, da poco introdotto a Sushi b, senza però variare il ritornello dell’alta cucina giapponese come dedizione maniacale alla ricerca dell’equilibrio, del sesto gusto, dell’umami in tutte le cose. Gli assaggi che si susseguivano, la nostra maestra di cerimonia Taeko in kimono tradizionale e ciabattine, i due maestri di taglio Tetsuaki Maruyoshi e Takashi Shimazu solo per noi dietro il bancone, il sommelier Mototsugu Hayashi e la sua monografia di sakè in abbinamento ci hanno fatto arrossire, di vergogna, per aver solo desiderato il momento in cui fosse apparso il nostro occidentali’s karma, nella forma di un filetto di pesce crudo appoggiato sul riso.
Per fortuna è durato solo un attimo, è stato un pensiero passeggero, spazzato via dal Toro scottato con senape di miso, aceto di riso e asparagi, seguito dal trittico di mare in cui spiccava l’anguilla “Uzaku”, cioè cotta a lungo sul carbone e poi tagliata a piccoli filetti.
Noi menti meschine desideravamo sashimi, siamo stati spiazzati di nuovo. Otsukuri non indica solo un taglio del pesce, ma significa “qualcuno ha fatto qualcosa di bello per te”: branzino crudo, scampi crudi polvere di ricci di mare e basilico giapponese. Ecco. La contemplazione del bello non è qualcosa di innato, si impara. Con pazienza. Abbiamo avuto la conferma che i giapponesi sono molto più pazienti di noi, vivono il tempo con un’altra unità di misura. Lo lasciano fermentare, per avere un gusto più intenso. Probabilmente anche della vita. L’ossessiva ricerca dell’umami ne è la testimonianza o il fatto che i processi di fermentazione dei cibi sono la base per la sapidità dei piatti, nella totale assenza di sale. Solo loro potevano pensare a una frittura meditativa - provate a spiegarlo a un pugliese - realizzata con la pellicola lasciata dal latte di soia, la juba, e fatta essiccare. Una frittura inventata dai monaci zen per aumentate l’apporto proteico. L’abbiamo provata con una triglia, rimasta tenerissima sotto una coperta di scaglie dolci e croccanti.
Come se qualcuno ci avesse ascoltato, è arrivato anche un treno di nighiri. Branzino, tonno rosso, ventresca, mazzancolla, anguilla. Una sequenza di pezzi unici, tutti provenienti dai nostri mari. Abbiamo scoperto che i maestri di Sushi b acquistano al Mercato del pesce di Milano. Sono soddisfatti a metà, perché i pesci non muoiono rilassati. Anche per morire serve pazienza. Sì, perché in Giappone, non appena un pesce viene catturato gli vengono estratti i nervetti in modo che non continui a contrarsi. Da noi in Italia la legge non lo permette.
Per chiudere il cerchio, prima dei dessert viene servita una zuppa di miso rosso e vongole. Il miso fermenta 1 anno. Le vongole servono per assorbire meglio l’alcol. Dopo l’ennesima cosa imparata, abbiamo iniziato a desiderare una nonna giapponese.
Tornati nello spazio tempo del quartiere di Brera, lì si trova infatti Sushi b, ci siamo voltati verso l’ingresso del ristorante. Il primo impatto è quello di un locale per i milanesi modaoli e selfieghetti. Serve la pazienza di entrare, e il tempo di lasciar fermentare le apparenze. Vedrete che gusto.
Indirizzo
Ristorante Sushi BIndirizzo: Via Fiori Chiari 1° - 20121 Milano
Tel +39 02.89092640
Mail info@sushi-b.it
Il sito web