La cifra del 5: risiede all’interno di Fico Eataly World l’ultima creatura di Enrico Bartolini, che ha arruolato quale resident chef Salvatore Amato.
La Storia
La Storia di Salvatore Amato
Ha da poco compiuto tre mesi Fico Eataly World, e con lui il melograno di ristoranti che ne servono i prodotti. A portare la bandiera è sicuramente il 5, così chiamato perché è il quinto ristorante italiano di Enrico Bartolini, chef imprenditore e talentscout, attivo su scala intercontinentale. Avviato in partnership con le Soste, che spediranno 6 chef l’anno a far cene e impostare menu, è il cadetto del gruppo, candidato a incassare i successi dei predecessori.


Il rito di transizione, dal centro con le sue aree didattiche alla ristorazione gourmet, è celebrato al desk dell’accoglienza, dove si preannuncia un servizio impostato sullo sfondo trapezoidale della cucina a vista, che lascia intravvedere un manipolo di toques. Quella dello chef poggia sul capo di Salvatore Amato, chef ventottenne di origini pugliesi, come Remo e Mario Capitaneo, giovani spalle del patron toscano. “Nel cibo ci sono cresciuto: mio nonno materno e i miei zii erano macellai, mentre mio papà siciliano veniva da una stirpe di agricoltori”, racconta. “Tanto che la vocazione si è manifestata precocemente, aiutando in bottega. Al momento di scegliere avevo già le idee chiare: avrei frequentato l’alberghiero nel mio paese, Crispiano, dove ho avuto la fortuna di conoscere Angelo Sabatelli attraverso un amico comune. Nel 2008, appena rientrato dall’oriente, non era ancora famoso e mi ha subito preso a lavorare con lui. Praticava una ristorazione completamente diversa da quella che avevo conosciuto: mi ha fatto dimenticare tutto per imparare da capo. Soprattutto mi ha trasmesso il suo modo di fare e l’instancabile perfezionismo, che aveva contratto in Asia. Per me professionalmente resta un mito. È colui che mi ha insegnato tutto, il mio maestro”.

“Con Sabatelli sono rimasto 3 anni, terminati nelle vesti di secondo; nel frattempo ho compiuto altre esperienze, in un’ottima trattoria di Crispiano, la Cuccagna, e a Borgo Valle Rita, relais country stagionale dove sono diventato chef per la prima volta. Al Devero sono arrivato in stage nel 2014 attraverso Angelo e Remo Capitaneo ed è stato sempre grazie a lui che mi è arrivata la proposta di unirmi al gruppo Bartolini. Prima di diventare chef del 5 ho curato eventi esterni al Mudec e accompagnato Enrico in alcuni viaggi a Taipei, Giacarta e Hong Kong. Ha la stessa ossessione per la materia prima e la stessa curiosità per l’Asia di Angelo. Ci intendiamo anche sul senso del gusto, che forse ritrova nei cuochi del sud. Tanto che il menu è frutto di un lavoro a 8 mani fra noi due, Remo e Mario. Rappresenta il punto di convergenza di tante idee e diverse sensibilità”.

Il Ristorante

La cucina sembra in transizione, dall’impostazione bartoliniana, esplicitata in fili conduttori rossissimi come i trompe-l’oeil, le cineserie o gli impiattati, verso esiti più mediterranei e vegetali. Classico contemporanea, come piace dire allo chef, ma con una diversa energia ad agilizzare la generosità consueta. I suoi ingredienti arrivano per l’80% dal parco, per una questione di sostenibilità e di concept italiano; ma non mancano le deroghe: vedi il caffè di Gianni Frasi a fine pasto e un buon 20% della carta dei vini; nelle celle e in dispensa il caviale, lo storione e qualche altra eccezione. A guidare sala e cantina è Roberto Redolfi, altro Bartolini boy già in forze al Casual e al Glam.


Il menu degustazione è unico: conta 7 corse a 90 euro, 140 con abbinamenti. Esordisce sotto il segno dell’acidità: in tavola arrivano la sfera di crema di zucca in gelatina di carpione con maionese all’acciuga, salsa di mandorle, puntarelle al limone e gel all’aceto di mele; il panino al vapore con guanciale, erbe e salsa di mosto; le cialde al nero di seppia con crema tonnata e limone arrostito; la sfoglia di cacao ripiena di barbabietola con polvere di pomodoro, mix di sensazioni terrose; il taco di cipolla arrosto con battuta di manzo e maionese allo zafferano. Nel cestino pane al lievito madre, grissini con semi di finocchio e focaccia; in accompagnamento un funghetto di burro spolverizzato di porcini in polvere.


I Piatti
La cifra del 5 è già nel suo primo signature: Tutto gambero, ispirato a una specialità di Taipei. “Io ed Enrico stavamo mangiando in un locale molto semplice e ci hanno portato questi ravioli al vapore ricoperti da una cialda. Da quel contrasto di consistenze è nato il piatto, con cui abbiamo voluto appropriarci dell’idea e farla nostra”. Si compone di ravioli farciti di cime di rapa classicamente saltate, peperone arrostito, in associazione marchesiana con i crostacei, paté di olive leccino, finte mandorle di tartare di gamberi crudi glassati alla salsa di mandorle, secondo uno stilema bartoliniano, e una bisque molto intensa sulla cialda.
Ed è bartoliniano anche il risotto Arlecchino in versione pomodoro, con tartare di San Marzano confit e tre salse, sempre di pomodoro ma arrostito, al basilico e al Parmigiano. Dove il concetto è lo stesso di Milano: la verticalizzazione invertita, con la guarnizione sotto anziché sopra, in cerca del sentimento di sorpresa.

In alternativa c’è il classico spaghetto aglio, olio e peperoncino, con l’emulsione ai ricci di mare servita a parte in modo che non si surriscaldi. La guancia di maiale dal canto suo è prima brasata, poi finita sottovuoto e servita con cime di rapa e gel di liquirizia.

I dessert sono freschi, acidi, floreali. Per esempio, il predessert di sorbetto di fiori di sambuco, limone salato e sfera di melagrana su crumble speziato, che gastrotrasporta in Medio Oriente. Oppure, questa volta a firma Bartolini, la spuma di yogurt con gelato di rosa, lamponi farciti alla liquirizia e finocchietto, che deodora la bocca con effetto digestivo.
Indirizzo
Ristorante Cinque Enrico Bartolini & Le Soste (presso FICO)Via Paolo Canali n 8 - 40127 Bologna (BO)
Tel. +39 051.00.29.246
Mail info@ristorantecinque.com
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