A Terrasini Giuseppe Costa mette a frutto un curriculum insonne, sintonizzando il gusto siciliano su tecniche e motivi della ruggente cucina anni 0
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Sicilia futura: il Bavaglino di Giuseppe Costa
Penisola andata e ritorno, dal Trentino alla Campania, poi ancora a settentrione. Vanta il curriculum più bello fra i giovani cuochi siciliani, Giuseppe Costa. Uno che la cucina italiana l’ha percorsa in lungo e in largo prima di tornare nella sua Terrasini, dove da 10 anni declina la Sicilia al futuro.

“Sono partito con la valigia buona, non quella di cartone, nell’intenzione di crescere come persona, appena finito l’alberghiero”, racconta. “Quindi ho cercato subito l’opposto: anziché la siccità e il mare, la neve del Trentino Alto Adige. Mi sono fermato per un anno e mezzo allo Scrigno del Duomo con Alfredo Chiocchetti, maestro di Massimiliano Alajmo, cui devo la cultura della carne, che ancora mi influenza. Poi ho trascorso 6 mesi in Alto Adige da Herber Hintner a Zur Rose. Da lì sono partito per Palazzo Sasso a Ravello, dove con Pino Lavarra ho fatto tre stagioni lunghe, conquistando la seconda stella. Nel frattempo, i mesi freddi li passavo al Marennà, appena partito con Paolo Barrale e la consulenza di Heinz Beck. Fino al colloquio con Cracco, propedeutico a 3 anni sottoterra in compagnia di Matteo Baronetto. Un siciliano capo partita alle carni”.

L’intenzione però era quella di tornare a casa. Ed è così che a 26 anni è già Bavaglino, ristorante cresciuto nel tempo, dalla culla della saletta originaria, con la cucina striminzita al primo piano, al nuovo assetto, datato 2015 come la stella, con l’acquisizione di spazi laterali per una cucina agevole, la destinazione a seconda sala della precedente, il dehors e la terrazza vista mare per la bella stagione.

Un guscio minimal e moderno, dentro cui si è sviluppata una cucina profondamente siciliana, nel paradigma gustativo come nell’ingredientistica. Il pesce arriva dal mercato quotidiano sotto il ristorante, perché nel paese attracca una delle tre flotte di pescherecci del Palermitano; ma alle spalle si può buttare l’amo negli orti per il vegetale. Altre materie giungono da più lontano, per esempio i piccioni toscani o certe carni dall’Alto Adige. Ma lo stile è segnato soprattutto dall’impronta di Cracco, per la semplicità nell’inventiva e per la pulizia gustativa. Un Sicilia classica, insomma, piuttosto che barocca.

I menu sono tre: Mare nostrum, dedicato al territorio, con 4 corse a 50 euro; La nostra storia, che ne conta 6 a 70, e Acquavite, il percorso più sfaccettato e completo di abbinamento, con le sue 8 corse a 120 euro. La carta dei vini da 300 referenze, incentrate su bianchi e siciliani, è curata da Irene Figlia, elegante maître e sommelier.

Si comincia in stile milanese con le chips di riso soffiato e polenta multigusto (nero di seppia, barbabietola, cicoria, zafferano). Poi, al posto di appetizer confusivi, lo sfincione destrutturato, con il pane raffermo bagnato nell’infuso di origano, la crema montata al caciocavallo (ottenuta dal latte parzialmente scremato, non al sifone, per una diversa testura), il sugo di pomodoro e la spolverata di pane tostato per il croccante. “Volevo rappresentare l’infornata dello sfincione, che prima di essere preparato come una pizza, è stato un piatto di recupero composto di pane vecchio bagnato, guarnito e infornato”.

I gamberi del golfo crudi con la tradizionale insalata invernale siciliana di finocchi e arance, rivista con una gelatina di agrumi per la morbidezza sul croccante, una “maionese” di scorze frullate e montate all’extravergine e il pepe di Sichuan, più aromatico che piccante, sono un piatto storico che consente di misurare l’evoluzione intervenuta negli anni.

Foglie Damare va a compulsare il vecchio quaderno di mare di Baronetto: quindi i fogli di polpo, baccalà, gambero, calamaro, frullati e asciugati, dalla consistenza di alga, conditi con olio, crema di cozze e un agro di miele e zucchero un po’ siciliano, un po’ marchesiano. La dolcezza ben domata, 100% siciliana, torna nel polpo, crasi di due preparazioni tipiche, alla luciana e con le patate. Dove il mollusco viene cotto sottovuoto, poi al vapore e servito con spuma di patata, salsa da piccoli polpi e pomodoro, una dadolata nascosta di sedano candito nello sciroppo per spezzare, effetto chutney, la sensazione di lasagna.

È invece un omaggio al tandem Cracco-Baronetto il risotto al mascarpone con pasta di acciughe alla base, grattugiata di cacao e scorza di limone. Piatto firma di via Victor Hugo, che in Sicilia, terra di caponata con il cioccolato e di acciughe, ingredienti avvinti dalla fermentazione, assume un significato nuovo. “Racconta un anno trascorso dietro 15 casseruole di rame. Così lavoriamo i risotti, sul fuoco con base parmigiana o zafferano, per poi spaziare”.

I tortelli di stufato di vitello sono una reinvenzione del tortellino in brodo, ma espresso, in versione mari e monti per il connubio fra gamberi e brodo di vitello ai funghi secchi, sul modello orientale.

Mentre torna alle esperienze a settentrione il guanciale brasato classicamente al Nero d’Avola con spinaci e zucca.

Chiude il dessert firma del ristorante: la nuvola di cassata, spuma di ricotta al sifone panata nel pandispagna alle mandorle con l’arancia candita e il cioccolato amaro per smorzare, come fosse caffè. Dove a cadere per sottrazione è il principio di individuazione del dolce: lo zucchero, praticamente assente.
Indirizzo
Ristorante Il BavaglinoVia B. Saputo n 20 - 90049 Terrasini (PA)
Tel. +39 091 8682285
Mail info@giuseppecosta.com
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