Premiato a Parma, lo chef de cave Dom Pérignon si appresta a volare in Giappone. Ma sarà una successione nella continuità: al suo posto Vincent Chaperon
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L’ultima rivoluzione di Dom Pérignon: il nuovo chef de cave Vincent Chaperon
Il principale atout di Dom Pérignon? Secondo lo chef de cave Richard Geoffroy non è il vigneto, come sarebbe facile pensare, ma la visione. Che a sua volta rappresenta l’eredità di Dom Pérignon, non il brand ma il monaco, i cui insegnamenti tuttora ispirano e guidano l’intera squadra di Épernay. “Più che il lascito tecnico, di aver saputo catturare per primo l’effervescenza, si tratta di un’estetica, che è molto più importante. Una visione di armonia, valore universale che immagino come una sorta di volta celeste, un insieme di punti organizzati in maniera tale da creare un gioco di complementari e di opposti, per conferire complessità e completezza”.


Eredità questa che si appresta a passare di mano: proprio il giorno dopo la celebrazione di Richard Geoffroy, che a Parma ha ricevuto dalle mani del sindaco Pizzarotti il Premio alla Creatività di Parma Città Creativa della Gastronomia Unesco, è arrivato l’annuncio del passaggio di mano. Dopo 28 anni in maison, impiegati nel compimento di una missione, quella di “dire al mondo che l’armonia è più intensa della potenza, l’intensità emozione, l’emozione memoria”, a premere è una nuova avventura asiatica, una startup dalla gittata mondiale che coniugherà le passioni di una vita, in cerca di corrispondenze fra gastronomia e medicina (Geoffroy è dottore). “Ma non mi occuperò più di vino: non esiste un percorso nel vino dopo Dom Pérignon”.


Il calice passa quindi al nuovo chef de cave, per un brindisi che diventerà ufficiale il 13 giugno. Si tratta di Vincent Chaperon, già enologo della casa, al fianco per 13 anni di Geoffroy, che di lui ha detto al Corriere della Sera: “È un buon giovane enologo (ha 41 anni), che alla tecnica unisce un lato umano di grande spessore. Uno che sa unire i due emisferi del cervello”. Nato in Congo, Chaperon discende da una famiglia di viticoltori attivi a Pomerol e Saint-Émilion e si è formato in Cile, Sauternes e Pomerol. In Moët et Chandon ha fatto il suo ingresso nel 2000, per affiancare a stretto giro Geoffroy, che l’ha contagiato con il suo linguaggio evocativo e il suo pensiero largo, componente di assemblaggi che resteranno fedeli allo stile della casa. La visione estetica del Dom è al sicuro: un’ulteriore plénitude, come la casa denomina i cicli dei suoi vini, si annuncia. Questa volta in cantina.
Foto copertina di Moet Hennessy Diageo