Una scelta esagerata quella del governo catalano che ha deciso di chiudere i ristoranti per 15 giorni. Joan Roca, non ci sta e la considera una decisione assurda.
La Notizia
Ci risiamo. I ristoranti chiudono, di nuovo, praticamente in tutta Europa e la protesta di settore monta, spesso forte di una leadership indiscutibile. È il caso, in Italia, di Massimo Bottura e dei suoi 5 punti a Conte.Ma non fa eccezione la Spagna, dove a scendere in campo è Joan Roca. Il governo catalano ha recentemente disposto la chiusura di bar e ristoranti. Misura che il grande chef giudica “sproporzionata”. “Sono d’accordo sulla necessità di prendere provvedimenti, data la gravità della situazione, ma credo anche che il settore non meriti questo trattamento. È un comparto che ha fatto le cose per bene, con grande scrupolo e rigore, osservando le norme e il distanziamento. Troverei più corretta una restrizione degli orari o la chiusura dei locali che non hanno ottemperato. Pertanto giudico questa decisione salomonica e inadeguata, perché danneggia i tanti che hanno fatto bene le cose. Dobbiamo convivere con questo virus per un po’, ma dobbiamo anche vivere. E socialmente non possiamo prescindere dai ristoranti e da questa parte della cultura che ha generato tanto orgoglio e prestigio in Catalogna e nel resto della Spagna. Non possiamo colpire un settore in questo modo. La situazione è dura e le misure non possono essere prese con una simile leggerezza”.
Al momento le gelaterie e il negozio di cioccolato sono aperti, il resto ovviamente è chiuso. “Tuttavia stiamo valutando di vendere piatti da asporto al Can Roca, il ristorante dei nostri genitori. Già in passato era nei piani, ma ora stiamo capendo come farlo in modo più sostenibile, studiando il packaging. Sarà un’opzione in più. Il cibo potrà essere ritirato al ristorante o consegnato a domicilio. La cucina del Celler invece non si presta né al delivery né al take away, non avrebbe alcun senso”.
“Fortunatamente il prodotto entra ed esce ogni giorno, quando siamo aperti lavoriamo con regolarità e non stocchiamo. Quindi la decisione repentina non ha comportato una perdita ingente di materia prima. Ma è sicuramente un problema per il piccolo produttore, che contava di venderci per un certo periodo un determinato prodotto e ora non potrà più farlo. È un grande problema per il primo settore. Ci sono artigiani che riforniscono solo la ristorazione. Per questo nel mese di maggio avevamo già lanciato un progetto chiamato ‘Gastronomia sostenibile’, che consiste nell’inviare ogni mese a chi aderisce una cassa di prodotti di questo tipo. È un’iniziativa che non raggiunge tutti, ma rappresenta il nostro piccolo contributo alla sopravvivenza e alla visibilità dei piccoli produttori. Continuiamo a farlo ogni mese”.
“Stiamo organizzando riunioni. Ieri sera ci siamo riuniti con il direttivo di Eurotoques, stiamo cercando di fare cose, parlare direttamente con le amministrazioni, fungere da interlocutori. Non sono contrario a scendere in piazza, sennò sembrerebbe che ci va tutto bene. Ma ciò che dobbiamo fare è innanzitutto dialogare e proporre idee e soluzioni. Ci mettiamo a disposizione delle amministrazioni per aiutare e centrare formule più complesse e positive, rispetto a quelle elementari scelte finora. In modo da rispondere a domande come questa: perché colpire tutti, se c’è chi fa bene? Considerando poi che la gente può incontrarsi altrove. A volte si dà per scontato che le chiusure verranno prorogate. Ma bisogna cercare soluzioni intermedie, più complesse ed efficienti, per continuare a lavorare. Senza stigmatizzare il settore, perché si è data la sensazione che i colpevoli di tutto siano i bar e i ristoranti, ma non è affatto scontato, né giusto. E questo dovrebbe essere detto ad alta voce”.
Fonte: 7canibales