Non solo cucina: quello che lega Matteo Baronetto a Pino Cuttaia è anche un legame di affetto, stima e sintonia. Legame che trova pieno riscontro nel menu della cena a quattro mani organizzata al Cambio di Torino.
Pino Cuttaia e Matteo Baronetto al Cambio di Torino
Affetti personali, atto III. Dopo Fulvio Pierangelini e Riccardo Camanini, il 7 ottobre è stato Pino Cuttaia a infilare in valigia sentimenti e sapori alla volta del Cambio di Torino, dove si è confrontato con il padrone di casa Matteo Baronetto.Per lo chef siciliano è stato un ritorno a casa, visto che proprio a Torino con la famiglia era cresciuto e aveva lavorato in fabbrica, prima di scoprire la cucina e passare al Sorriso di Soriso e al Patio di Pollone, tenendo perfino un colloquio a Piazza Carignano. Un legame rafforzato dall’amicizia e dalla stima di lunga data verso Matteo Baronetto, chef che condivide il suo approccio minimalista e antiretorico.
“L’occasione è speciale”, commenta Baronetto. “Come ogni anno la cena di compleanno di Del Cambio coinvolge i miei ‘Affetti personali’ più profondi. Pino è uno dei miei affetti veri, siamo uniti oltre che dalla professionalità e dalla stima reciproca, da quel pizzico di follia che ha portato entrambi a muoversi con coraggio in territori complicati e fortemente conservatori, senza accettare compromessi, senza seguire le mode e soprattutto senza alterare la nostra natura".
“Un incontro importantissimo, che è un confronto tra esperienze diverse e scelte fatte”, gli fa eco lo chef siciliano. “Ci siamo accorti che pur essendo agli estremi opposti della penisola, viaggiamo allo stesso ritmo; per entrambi il passato ha un peso di cui abbiamo deciso di farci carico. Il cuoco è la mamma contemporanea, svolge un ruolo domestico fondamentale, è uno dei custodi della tradizione, ambasciatore del territorio e dei suoi prodotti, è colui che valorizza ed esalta le origini della cucina e sostiene i piccoli produttori mettendo in moto la filiera.
In questa visione anche il cliente ha una responsabilità, perché con la sua presenza sostiene il sapere del cuoco e l’intera economia che sta dietro al suo operato. Andare al ristorante diventa quindi un dovere, non solo un piacere o un lusso, diventa partecipazione a un luogo dove si incontrano idee, saperi, gesti, a un progetto di immenso valore”.
Elaborato come sempre a quattro mani, in ognuna delle sue corse, il menu è risultato una palestra di contaminazioni. Cominciando dal bao, farcito di “mollicata” delle sarde a beccafico, ovvero pane grattugiato, uvetta, prezzemolo, Parmigiano, succo di limone e olio, con l’aggiunta del lardo macinato, a richiamare il grasso delle sarde, e di un delizioso disco di gelatina di alloro in cima. Fra gli stuzzichini anche una classica arancina e un crostino con lardo salato di mandorle da spalmare.
Fra gli appetizer, il Parmigiano grattugiato con zucchero a velo, da pizzicare con gesto loprioresco nella forma di una pre-cialda dal gusto integro, e lo spicchio di pesca siciliana tardiva in carpione, modello giardiniera ma di frutta.
A seguire un grande classico di Licata, la “pizza” di merluzzo affumicato e patate, effetto mari e monti. “Un piatto sempre presente nel mio ristorante”, racconta lo chef della Madia. “È un pesce sostenibile, di uso domestico, presente tutto l’anno, che si accompagna con il fungo, un prodotto stagionale e fortemente legato al suo territorio, omaggio al Piemonte, reso aromatico dalla cottura con foglia di fico”.
'Nnumari, moscardino al burro e prezzemolo è un piatto che celebra l’omonimo progetto di Cuttaia, dedicato alla pesca sostenibile. Qui il polpo viene cucinato e lasciato nella sua acqua, dove andrà sbriciolata una roccia friabile di frutti di mare, evocativa della sabbia, andando a creare un paesaggio marino nel piatto. A fianco i moscardini in vasocottura, affini per consistenza al tonno di coniglio.
“Dolce mare in Piemonte è un piatto che mostra come il mare possa diventare dolce grazie a un crostaceo”, spiega Cuttaia. “Un risotto che sembra un dessert grazie al gambero rosso glassato, che Matteo contamina con il lardo per conferire grassezza al piatto e con la nocciola tostata, evocando con un gioco di similitudini la salsa dolce di crostaceo”.
Ma il piatto del giorno è stato senza dubbio il Raviolo di gnocco alla bava di Ragusano, omaggio a una ricetta vintage amata da entrambi in gioventù. “Mi sono chiesto come alleggerirla, conservandone il sapore e la golosità. Così è nato un raviolo che diventa contenitore di un piccolo gnocco accompagnato da una giusta proporzione di fonduta”, spiega lo chef di Del Cambio. “Il formaggio è un vaccino di pasta filata, il Ragusano, elegante e delicato. A condire l’olio di nocciola, ingrediente che amo molto, fortemente legato al nostro territorio”. Il risultato è un frattale di primi piatti, che si immaginerebbe servito al fazzoletto per esaltare il paradosso, memore del food design scabiniano e della moltiplicazione amidacea di certe ricette marchesiane. Concetto che probabilmente sopravviverà al piatto.
Il Coniglio in zuppa di pesce è un piatto ispirato alla similitudine fra le testure del coniglio e di pesci da zuppa come la coda di rospo. Ad accompagnarlo il muffoletto, pane arabo della quaresima preparato come crostone con l’impasto leggero e spugnoso del babà.
La sintesi fra forme sabaude e ingredienti siciliani è raggiunta nel Tartufo... come se fosse una cassata. “Ho dovuto accontentare Matteo, che voleva assolutamente il tartufo, ma sono riuscito a strappare un compromesso!”, scherza Cuttaia. “Rimane lo stampo, sì, ma il contenuto è una cassata, con il suo gusto e la sua consistenza, preparata a Licata con la nostra ricotta e il cous cous dolce in sostituzione del pan di Spagna”.
Foto: Crediti Davide Dutto
Indirizzo
Ristorante Del Cambio
Piazza Carignano, 2 – 10123, Torino – Italia
Tel. +39 011 546690
Mail welcome@delcambio.it
Il sito web