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49 anni in due: chi sono Stefano Zanini e Mattia Moro, giovani talenti della cucina italiana al ristorante М o Ƨ

di:
Tania Mauri
|
17 2023 05 04 15 58 26

Lasciata Salina, Stefano Zanini e Mattia Moro sono ripartiti dalle loro origini proponendo una cucina di lago e terra in una nuova realtà consapevole e sostenibile.

Mos

Il ristorante



Nove mesi dopo l’apertura il ristorante М o Ƨ ha mantenuto le aspettative trovando la propria dimensione ideale, e non era dato per scontato, confermandosi come uno dei ristoranti più piacevoli e dalle grandi potenzialità di sviluppo d’Italia. Stefano Zanini e Mattia Moro, 24 e 25 anni, ex sous chef e responsabile di sala del Signum di Salina, hanno aperto М o Ƨ nel maggio 2021 a Desenzano del Garda, incantevole paesino in provincia di Brescia dove la tradizione culinaria si basa, per lo più, sul pesce di lago. Entrambi originari di Peschiera del Garda, amici di vecchia data, dopo tante esperienze in giro per l’Europa, sono tornati a casa con l’idea di portare la loro idea di cucina e di sala che si stacca nettamente da quello che era possibile trovare qui fino a ieri.


A pochi passi dalla zona pedonale e dal porto vecchio, hanno trovato la location adatta - un ex ristorante vecchio stampo – e ne hanno fatto un luogo innovativo e di buon gusto anche negli arredi. Gli spazi, per circa 35 coperti, sono molto ben organizzati e si sviluppano “sul lungo” con una finestra a parete che guarda la piazza (e si apre in estate). Gli interni, molto accoglienti, hanno alcuni tratti distintivi che, sin dall’entrata, ti fanno capire che stai entrando in un posto diverso dagli altri: tanto colore - rosso, giallo, blu, verde, nero e bianco - giochi di luce con le vetrate, il vecchio bancone recuperato e ridipinto in un bel blu ottanio, le stampe alle pareti, le sedie in legno di una volta, tanti dettagli cromatici moderni, oggetti e disegni geometrici sui tavoli, lasciati senza tovaglie, e sui muri, oltre a un a un ampio dehors esterno a bordo lago utilizzato nella bella stagione. Un ambiente che riflette il loro spirito giovane e la voglia di infrangere le regole del luogo, un locale curato e sui generis che non passa inosservato.


Ma chi sono questi due ragazzi under 30? Il St. Hubertus di Norbert Niederkofler, Le Meurice di Alain Ducasse e il Restaurant Relae di Copenaghen sono alcune delle esperienze in cui affonda le sue radici la formazione di Stefano Zanini; Le Calandre a Padova e il Caffè Stern a Parigi della famiglia Alajmo, AlpiNN Food Space & Restaurant a Plan de Corones, sono tra i punti focali che hanno plasmato il maitre Mattia Moro. Studio, fatica e ambizione di due percorsi paralleli che si sono poi intrecciati al ristorante dell’Hotel Signum sull’Isola di Salina, dando vita a un progetto simbiotico di creatività e costruzione che porta alla nascita del loro ristorante, МoS, nome che indica le loro iniziali ma che prende spunto dal latino mos movis, l’abitudine, la consuetudine ma anche un ritorno verso casa. 


La Cucina



Per Stefano sono stati fondamentali i viaggi fatti e le tante cucine dove ha lavorato da cui ha appreso il rispetto per la materia prima, il rigore, la tecnica, gli equilibri, la conoscenza del territorio in cui si opera e la cultura del luogo in cui si vive. La sua è una cucina che cambia e si modifica, cresce e si adatta alla terra in cui crea, una cucina spontanea che si svincola dalla ripetitività ma è anche ragionata, con pochi elementi ma tutti in perfetto equilibrio tra loro, dove nulla è lasciato al caso. 


Quando abbiamo aperto dovevamo capire il territorio e quale poteva essere la risposta a questa novità. Oggi possiamo dire che la risposta è stata positiva, abbiamo una clientela locale, degli habitué che tornano regolarmente e poi gente che passa qui davanti per caso e decide di entrare. Abbiamo iniziato in punta dei piedi, facendo un passetto dopo l’altro, cosa che continuiamo a fare, e oggi abbiamo la certezza che quello che si sta facendo è giusto. Era necessario un posto così qua, c’è tanta curiosità e piacevolezza da parte del cittadino contento che qualcuno abbia fatto qualcosa di diverso dal solito, anche se all’inizio non siamo stati accolti a braccia parte ma poi siamo riusciti a entrare nelle corde e nel cuore degli abitanti di Desenzano” spiega lo chef. 


“Qui la clientela cambia in continuazione” racconta Mattia che, con Letizia, sua compagna e collega, gestisce la sala “in estate passano una media di 2500 persone al giorno e avendo noi pochi posti a sedere ci interessa prendere quella fetta che capisce cosa facciamo, che semmai ha girato un pochino di più e sono abituati ad assaggiare cose diverse. All’inizio molti pensavano che facessimo le stesse cose ce facevano gli altri locali… non è stato semplicissimo spiegare cosa in realtà stavamo facendo e ho visto anche alcune persone alzarsi e andare via perché facevano fatica a leggere, e interpretare, il menu. Dopo però c’è stata la soddisfazione di vedere persone che sembravano titubanti restare soddisfatti e tornare una seconda e poi una terza volta. L’approccio a М o Ƨ è curioso, tutti i curiosi ce li siamo presi noi! Entrano, provano un piatto e da lì poi si crea un circolo di “matti” come noi che tornano. Il nostro compito è quello di valorizzare la cucina e cerchiamo di farlo al meglio raccontando quello che cucina Stefano e quello che trovano nel piatto. Non c’è cosa più importante per una cucina dinamica come la nostra che venga raccontata, tradotta di quello che sta succedendo”.


Il loro intento è seguire il ritmo della natura e allinearsi all’offerta quotidiana della materia prima del territorio, un territorio fatto di produttori locali votati alla genuinità, alla tradizione e all’innovazione della sostenibilità, artigiani del cibo e del vino, punti chiave per una narrazione culinaria che è un continuo fluire, un fluire di sapori che non intende diventare statico nel tempo ma anzi vuole essere un moto perpetuo e in divenire.


I produttori con cui collaboriamo sono quasi tutti locali e nel tempo c’è stato un passa parola tra loro per cui mi approcciano per farmi provare i loro prodotti, come il ragazzo del miele a cui ha parlato di me il ragazzo dei formaggi. Si è creata una rete iper locale, come un gruppo di amici che si scambiano cose… qualcuno non ha neanche un’azienda ma si improvvisa e semmai da 10 anni a questa parte si è messo a fare qualcosa di buono e originale, come lo zafferano fatto in casa, e te lo porta ad assaggiare. Non è meraviglioso tutto questo?” dice Stefano che descrive la sua come “una cucina in divenire, dove la maggior parte delle cose sono fatte espresse, con cotture sul momento, perché la conservazione toglie alla materia prima tanto di quello che può rendere. Andiamo a cercarla in posti impensabili e sarebbe una follia rovinarla per prepararla prima solo per comodità. La faraona alla creta per esempio, che viene farcita con le ostriche del delta del Po e le vongole che si aprono in cottura, non potrebbe mai essere cotta sotto vuoto: mentre la carne comincia a diventare rosa, la terra si tosta e passa i sentori, le vongole, vive e crude, e i loro succhi passano nella faraona, per osmosi la carne comincia a prendere gusti e sapori iodati. Tutte queste dinamiche sarebbero impensabili se la cuocessi in maniera diversa. E poi il cuoco è questo, qualcuno che cucina e non che scalda le cose” chiarisce lo chef. 


La sua è una brigata di tre persone, “ragazzi che hanno voglia di crescere e hanno capito dove si vuole arrivare. Per loro, come per me, è una fortuna entrare in contatto con certi produttori e poter imparare a lavorare la materia prima con una certa tecnica e idee che qui è raro trovare. Stiamo facendo un bel percorso lavorativo di costruzione del team e dell’organizzazione del lavoro. Il foraging lo facciamo una volta a settimana così come un briefing su quello che si è fatto quello che si andrà a fare. Io mi occupo dei fondi, delle preparazioni e delle cotture delle carni e pesci, Marco si occupa del pane e della pasta fresca, Olio (in realtà si chiama anche lui Marco ma così li distinguiamo) fa antipasti, aperitivi, snack e il menu di condivisione per chi viene un po' per tutti i giorni, Azim si occupa della pasticceria (non facciamo la piccola pasticceria perché la gestione sarebbe deleteria chiedere di più ai ragazzi, per ora, non è necessario). Ovviamente per adesso seguono le mie ricette anche perché io amo talmente tanto il mio lavoro che per me è gioia, vita, non potrei farne a meno!” conclude lo chef.


Felici della nuova vita sul lago, vita che è migliorata perché hanno ben due giorni di riposo, vorrebbero, nel futuro, incrementare e formare lo staff e allargarsi in vista della stagione importante dove sperano di fare ancora meglio dello scorso anno. Se Zanini è sereno e sa dove vuole portare la sua cucina, Moro non lo è da meno sia nella gestione scaltra e professionale della sala sia nel raccontare i vini da cui si evince una certa padronanza della materia.

I piatti



М o Ƨ è quindi un’esperienza coinvolgente che coniuga tecnica e materia prima per piatti che raccontano un territorio in maniera intelligente e sottile attraverso i tre i menu degustazione proposti: Persone e Territorio, 4 piatti a 60 euro; Equilibrio, 6 piatti a 70 euro; Spontaneo Convivio, un percorso di degustazione immediato e dinamico di 6 pietanze da condividere, accompagnate da un calice di vino a 50 euro. Lo chef osa quando propone un “Benvenuto” che è un tripudio di piccoli assaggi che mettono subito in chiaro il lavoro che stanno facendo, dal caco cotto nel grasso di cottura dell’anatra con i fiori di carota selvatica raccolti da loro alla rapa in conserva con marmellata di fichi e rosa canina, dalla foglia di cavolo nero croccante con sopra la senape torrefatta fino al brodo sforzato che si rifà al brodo di carne della tradizione rinforzato con del vino che qui riportano in chiave gardesana per cui diventa un eccellente brodo di pesce di lago con vino sfumato.


Gioca con il territorio proponendo le Lumache in vigna con uva ed erbe delle colline moreniche, dove il richiamo è a un animale facilmente reperibile in vigna a cui unisce il gusto leggermente amarognolo della clorofilla delle erbe a cui unisce polenta e uva rossa fermentata e rilegge la tradizione con la frittura del coregone lavarello, un pesce facilmente reperibile nel Garda per il Friturin di lago con misticanza selvatica in saor. Da prova della sua capacità tecnica e creativa con la Trota Marmorea alpina con carciofo laccato alla brace e agrumi invernali, dove la trota della Valle Brenta del fiume Sarca viene arrostita, laccata con gli agrumi e la liquerizia, il cui gusto rimane e lungo in bocca, con il Pacchero ai pomodori in conserva con colatura di lago e nepeta, dove in realtà quelli che sembrano pomodorini sono ribes che vengono messi in cottura con il pomodoro e conditi con garum di trota e nipitella, con il Germano Reale di cui usa, per questo piatto, coscia e sovracoscia, disossate cotte alla brace a cui aggiunge del broccolo alla diavola e polenta mantecata con olio extra vergine di oliva del Garda. 


Conferma la dualità della sua cucina con lo Spaghetto ragout e bottarga di trota, piatto iconico del ristorante e della filosofia dello chef, un piatto che unisce i territori, la terra e il lago, l’allevamento di bovini e la pesca di trote: la pasta è cotta è mantecata nel sugo di manzo e sopra è grattugiata la bottarga di trota che proviene da un allevamento sostenibile di trote nel Brenta.  Non ha paura di proporre la Pecora delle alture bergamasche lardellata alla brace o il Tortello di zucca laccato e arrosto come pre dessert, un tortello alla mantovana laccato con crosta di Parmigiano Reggiano, burro e semi di zucca, così come sfoggia una Tarte Tatin sfornata al momento, del Gelato di malga fatto con latte e ricotta di capra e uno Zabaione con zest di limone al Marsala.

Foto di Foto di Stefano Butturini

Indirizzo


М o Ƨ 

Via Porto Vecchio, 28, 25015 Desenzano del Garda BS

mos.ristorante@gmail.com

Sito web

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