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Hearth & Soul, Davide Del Duca & Valentino Cassanelli insieme con i piatti che nascono dalla terra

di:
Luciana Squadrilli
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casanelli del duca copertina 970

Anima e cuore. Ma soprattutto attenzione alla terra da cui nascono prodotti umili e staordinari. Questo lega la cucina di Del Duca e quella di Cassanelli.

L'Evento

Hearth & Soul, Davide Del Duca & Valentino Cassanelli insieme con i piatti che nascono dalla terra


È stato quasi un appuntamento al buio, quello organizzato per il 13 febbraio a Roma tra Valentino Cassanelli, chef del ristorante LuxLucis all’Hotel Principe Forte dei Marmi, e Davide Del Duca, padrone di casa all’Osteria Fernanda.

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Nata sul solco delle cene a 4 mani che di tanto in tanto propone il ristorante romano, la serata non nasceva infatti da una conoscenza antecedente ma da una reciproca stima per lo più virtuale. “Leggendo di lui e dei suoi piatti, ho pensato che mi sarebbe piaciuto molto cucinare insieme a Valentino”, racconta Del Duca. “Non faccio spesso serate del genere ma quando mi hanno chiamato dall’Osteria Fernanda non ho avuto dubbi”, gli fa eco il riccioluto cuoco del LuxLucis.

Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com
E se all’apparenza i due non potrebbero sembrare più diversi – imponente, gioviale e “romanaccio” Davide, più riservato e riflessivo Valentino, che è nato a Modena ma ormai dal 2012 si è fatto interprete del territorio di confine tra Toscana e Liguria affacciato sul Mar Ligure, andando a infoltire il novero di stelle Michelin locali –, la cena battezzata HEarth & Soul ha messo in luce una certa comunanza d’intenti e di principi. A cominciare proprio dal valore attribuito alla terra e ai suoi prodotti, al territorio inteso non solo come etichetta limite geografico ma come elemento da esplorare fin nei suoi anfratti più reconditi; che si tratti dei fondali marini o del sottosuolo.


Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com<
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Attenzione condivisa pure dagli altri due comprimari della cena: ORME - Valori Agricoli Ritrovati (azienda di Roma che seleziona in tutta Italia realtà agricole eticamente valide, sostenibili e rispettose delle biodiversità del territorio) e Les Caves de Pyrene, che seleziona vini dal carattere audace realizzati da piccoli produttori che interpretano il territorio senza compromessi. Fil rouge della serata, dunque, è stata la capacità di unire identità e contaminazione e di dare ascolto alla terra, a partire dalle erbe – aromatiche, spontanee e officinali – colte dai due chef, il giorno prima, in un’azienda agricola biologica di Frascati parte del network di Orme.

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Il risultato è stato un menu a 4 mani fatto di piatti estrosi ma molto concreti, parzialmente “improvvisati” con il difficile ma interessante bottino del campo invernale; una sequenza godibilissima in cui, se pure era facile indovinare chi fosse l’autore di ogni singola portata, non si avvertiva alcuna frattura quanto piuttosto un armonico alternarsi e incontrarsi di gusti e consistenze, di eleganza e autenticità, raccordati dagli abbinamenti “naturali” talvolta audaci ma spesso convincenti proposti da Les Caves: dallo Champagne Shaman 2013 di Marguet allo splendido Gattinara di Nervi e oltre.

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Dopo il fragrante pane e gli amuse-bouche dell’Osteria Fernanda – in entrambi i casi, di quelli che ne vorresti una valanga e potresti anche finir lì la cena – la partenza è stata con il sedano rapa “dimenticato” nel Whisky di Davide Del Duca: marinato, poi cotto sottovuoto nel distillato per 36 ore, infine tostato e pressato fino a concentrare sapore e consistenza in un boccone sapido e intenso, sottolineato dal fondo bruno di radici e frutta secca e appena smussato dalla dolcezza della crema di topinambur,  dalla freschezza delle erbe – drangoncello, occhio di lupo, prezzemolo, fresche e in estratto – e dall’acidità dei grani di senape fermentata.

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Ardito ma davvero buonissimo l’antipasto “mare e monti” di Cassanelli: il tenero e saporito cervello d’agnello e le polpose e delicate capesante, raccordati dalle foglia di malva e dallo strepitoso fichimole (sorta di guacamole di fichi per nulla stucchevole).

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Ancora opera dello chef del LuxLucis il piatto romanticamente battezzato “Dopo la mareggiata”: gnocchi di topinambur mantecati con rosa canina, arselle e semi di zucca – quasi a richiamare la sabbia – affiancati da una pungente schiuma al pepe. E se le due parti, assaggiate da sole, sono già molto interessanti, mescolando il tutto la nota pepata sfuma finendo per esaltare la notevole sensazione iodata del piatto.

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Più terragno ma altrettanto convincente il primo del padrone di casa: i rigatoni del Pastificio dei Campi – cotti al chiodo – sono mantecati con un fondo di radici fermentate (diverso dal precedente, anch’esso realizzato con bucce e scarti in osservanza della filosofia “zero scarti”) e acqua di pomodoro, acquistando un deciso profilo umami bilanciato e insieme sottolineato dalla morbidezza di mozzarella di bufala, fegato di rana pescatrice e polvere di erbe. Come pure dal particolare Trebbiano Spoletino Bellafonte.

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Audace e sorprendente il cuore di vitello al chinotto con erbe di campo, uno dei piatti del menu del LuxLucis che ha fatto molto parlare di sé, accompagnato da un insolito cocktail a base di Vodka,  ìchinotto, salsa di soia, Sidlip – aromatico “gin analcolico” alle erbe – e foglia di erba stella.

Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com
Ricco e complesso il “Wild pig in Winter Garden” di Davide Del Duca: la succulenta pancia di maiale è accompagnata da estratto di broccoletti e le loro foglie croccanti, crema di zucca, polvere rapa rossa, pinoli, salsa di aglio nero e alici.

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Infine, i due dessert: la squisita e insolita panna cotta all’origano, limone e gelato ai capperi – servita in un divertente “ovetto” – e il Saint Honorè all’olio extravergine d’oliva affiancata da uno strepitoso gelato alla canapa, entrambi ben accompagnati dal Moscato Regina di Felicita 'Baricchi'.

Le fotografie sono di Alberto Blasetti

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