Il Prodotto
La Storia del riso di Sardegna
Sono passati 250 anni da quando in Sardegna si fecero i primi timidi tentativi di coltivare riso, testimoniati nel saggio dell’agronomo sassarese Andrea Manca dell’Arca, Agricoltura di Sardegna.

E quattrocento anni sono trascorsi da quando si fece una straordinaria festa in onore di Antioco Marcello, neorettore di Mamoiada, per cui si cucinò un pantagruelico pranzo comprensivo di 1000 libbre di riso, insieme a 22 vacche, 26 vitelli, 28 cinghiali, 740 pecore, 300 agnelli, capretti e maialini da latte, 600 polli, 65 pandizucchero, 50 libbre di pepe, di zafferano, di spezie, 280 moggi di grano, 100 libbre di datteri, 3.000 uova, più di 3.000 pesci, 25 grosse botti di vino e naturalmente una grande quantità di dolciumi. Un pranzo rimasto negli annali, il cui menu è giunto sino a noi.

Oggi la produzione risicola sarda è un’importante realtà, con cifre lusinghiere nella provincia di Oristano, che detiene il 90% delle coltivazioni: oltre 3000 gli ettari coltivati a riso, 250 mila i quintali prodotti, oltre 90 le aziende locali impegnate di cui una decina la cui fama ha varcato il mare e i cui prodotti sono ricercatissimi. L’altro polo produttivo è a San Gavino Monreale, con cifre molto più discrete ma altrettanta qualità.

La storia ufficiale del riso sull’Isola inizia negli anni ’40 quando venne introdotta la varietà Balilla nelle fertili piane dell’oristanese, ricche d’acqua. Nel secondo dopoguerra nascono le prime moderne aziende, e si forma un importante cooperativa agricola di risicoltori sardi e piemontesi, Sa.Pi.Se (sardo piemontese sementi) specializzata nella coltivazione di sementi di riso. Non tutti sanno che forse il miglior riso da seme viene proprio dalla Sardegna, e dalle risiere sarde prende la volta di Vercelli e degli altri distretti risicoli dello stivale. Nel centro di ricerca e innovazione Sa.Pi.Se tra l’altro sono nati il riso Venere, apprezzato per il suo colore originale, nero, e per le sue proprietà organolettiche e nutrizionali, molto versatile in cucina, e il riso rosso Ermes, anch’esso integrale, ricco di antociani, vitamine, soprattutto la E, e Sali minerali.

Così il miglior riso da seme italiano viene prodotto in Sardegna e propagato nel resto d’Italia, nelle risaie del nord della penisola, complici lo straordinario clima mite, l’ubertosità del suolo e la buona disponibilità umidità e di acqua dell’Isola.

Negli ultimi 10 anni in Sardegna sono state selezionate nuove varietà di risi, sempre più particolari, per colore, gusto, e proprietà: oltre ai risi aromatici, molto apprezzati dagli amanti delle cucine orientali, i risi integrali, per diete ed esigenze nutrizionali particolari, e i risi “colorati”.

Tra questi il neonato “Gioiello”, un riso integrale originario, di un bel viola notte brillante, ricco di preziosi antociani e composti polifenolici, prodotto dall’Azienda agricola Passiu, fondata nel 1975, presentato in anteprima mondiale il 26 e 28 febbraio 2017 alla Sartiglia di Oristano, in occasione del live cooking degli chef Alberto Sanna e Fabio Vacca.
Al giorno d’oggi l’Italia è il maggiore produttore di riso europeo e qualità come Carnaroli, Arborio, Venere sono apprezzate dai gourmet di tutto il mondo e molti piatti regionali a base di riso sono giustamente popolari. Il risotto alla milanese, ad esempio, rivisitato da molti chef importanti, è considerato a ragione uno dei vessilli della cultura gastronomica italiana, a testimonianza del fatto che l’orientalissimo riso in realtà parla italiano e in Limba sarda, e la sa parlare molto bene.